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La coscienza del mestiere: Alessandra Panzanelli dialoga con Enrico Tallone

Si chiamano Manuali tipografici. Concepita al giorno d’oggi, quando la maggior parte delle case editrici stampa testi composti elettronicamente, la vostra operazione, che si arricchisce quest’anno di un raffinatissimo terzo manuale dedicato all’estetica della carta e degli inchiostri, sembra assumere una valenza diversa, in certo senso conclusiva, una summa di cosa ha significato costruire libri nei cinquecento e più anni che l’arte tipografica esiste. Mi sbaglio? L’operazione nel suo insieme sembra aver effettuato quasi un percorso a ritroso: dagli aspetti editoriali (impaginato, composizione del testo, formati) verso quelli squisitamente materiali, dei quali tuttavia si evidenzia, evidentemente, il peso che esercitano sulla presentazione del testo medesimo. Si tratta di un percorso preordinato o gli sviluppi successivi sono venuti di conseguenza?

Penso sia doverosa una premessa. La tipografia – cercando, fin dagli esordi, di emulare la perfezione dei codici manoscritti ed essendo nata come disciplina “adulta”, cioè completa – ha raggiunto vette altissime ed ha dato, nel corso di 500 anni, forma al pensiero, indagando ogni anfratto della sua rappresentazione estetica e decretando così nell’editoria il successo di alcuni tipi classici entro le cui forme e profili il gusto dei lettori ha identificato ideali corrispondenze tra forza del tratto e leggibilità e consonanze tra suoni e forme.
Se questa esigenza estetica (prerogativa e specchio di ogni civiltà) non esistesse anche entro la memoria collettiva occidentale ed avesse invece trionfato il concetto utilitaristico di risparmio di tempo e di spazio, leggeremmo da secoli libri fitti di segni stenografici che risalgono alla Roma di duemila anni fa, quando il liberto di Cicerone, Tirone, li perfezionò. Essendo l’atelier tipografico annesso alla nostra casa editrice tra i più antichi al mondo e tra i più forniti di tipi classici – tratti dai punzoni originali – abbiamo voluto, attraverso i Manuali, mostrarne le prerogative tecniche ed estetiche commentando le particolarità che li accomunano o li differenziano tra loro.
Questa iniziativa editoriale contribuisce a sollevare il velo che da sempre cela il “mistero dei caratteri”, che appare in tutta la sua paradossale verità, se si considera che la struttura del maiuscolo è immutata, derivando dal lapidario di epoca augustea e che il minuscolo più diffuso e gradito non si discosta molto dai modelli veneziani del Rinascimento, portati a perfezione dal bulino di Francesco Griffo per Aldo Manuzio, dai quali sono originati, nelle tante variazioni sul tema, i classici “garamond” odierni impiegati massicciamente anche sul tablet.
Considerando la permanenza e la persistenza degli stili dei caratteri attraverso i secoli, si comprende quanto sia importante la possibilità di apprezzare, attraverso i Manuali, i tipi originali di cassa (tra i tanti presenti, il Janson Kis, Caslon, Baskerville, Garamond) nella loro tridimensionalità di “sculture del pensiero” impresse nella carta, non modificati né piegati alle esigenze dello standard elettronico.
Infine, la scelta di comporre a mano nel pieno macchinismo degli anni ’30 in una grande capitale europea come Parigi – e di continuare tutt’ora – deriva dalla precisa volontà di affidarsi ad una tecnologia lenta ma senza compromessi: la sola che consenta l’uso dei tipi originali nell’intento di offrire la massima chiarezza nell’interpretazione tipografica di ciascun testo e autore; scelta che ci ha consentito di creare nel corso di ottant’anni una biblio-diversità unica nel panorama europeo.

Uno degli aspetti che più connotano il libro, e lo rendono affascinante, è la duplicità che implica: la materialità dell’oggetto che supporta l’immaterialità di un’opera. Questa duplicità ha sempre avuto un grande peso anche nel determinare il valore, e di conseguenza il prezzo, di un libro. La vostra produzione è sempre progettata ponderando perfettamente investimento e ricavi?


È sempre stato difficilissimo programmare costi e ricavi, nascendo le diverse iniziative quasi sempre sull’onda dell’emozione e della passione. Le continue modifiche sul piombo da parte degli autori e dei filologi, ad ogni giro di bozze, spesso quando si è già in fase di stampa, contribuiscono a dilatare ulteriormente i tempi, rendendo ancor più arduo il calcolo dei costi in base ai tempi. Il valore culturale del progetto è considerato determinante essendo il nostro impegno teso ad unire le belle lettere ai bei caratteri.

In dipendenza della domanda precedente: vi riservate una parte della produzione in cui il traino sia costituito principalmente dal valore culturale del progetto medesimo? Sono progetti annuali, pluriennali, vi è una parte di indeterminato lasciata all’ispirazione del momento, un’occasione particolare?


Le diverse iniziative possono avere tempi di incubazione lunghi o lunghissimi, ma di solito troviamo lo spazio per inserimenti improvvisi.

L’investimento economico: si giustifica economicamente, nel senso che siete sempre stati sicuri di vendere tutte le copie prodotte o in questo caso l’operazione culturale è tale da superare la preoccupazione economica?

Il calcolo dell’investimento economico per esperienza sfugge facilmente a qualsiasi parametro di previsione, poiché, in editoria, il supposto successo di un’edizione può trasformarsi in cocente disillusione, o, viceversa, incontrare insperato successo.

Chi sono e dove sono i vostri principali referenti: Italia o estero? Acquirenti privati o istituzioni, biblioteche pubbliche?


La maggior parte dei nostri referenti sono in Italia, ma, siccome pubblichiamo opere anche in greco, latino, francese e castigliano, abbiamo clienti bibliofili all’estero, mentre le biblioteche, durante gli ultimi vent’anni, avendo impiegato le proprie risorse ad informatizzarsi, si sono rivelate latitanti per mancanza di fondi.

La cifra che più caratterizza la vostra produzione è l’uso di caratteri realizzati artigianalmente, tra cui l’Alberto Tallone, che spicca per essere stato creato appositamente e in piena età contemporanea, quando oramai la produzione di caratteri mobili sembrava definitivamente sepolta. Non ripetiamo qui quanto si può leggere nelle pagine di presentazione pubblicate sul sito della casa editrice. Un concetto però è utile ripetere, che lì è pure ricordato: in questo modo i corpi delle lettere possono adattarsi al disegno della lettera medesima, acquisendo un’armonia sconosciuta ai caratteri prodotti industrialmente o ai font elettronici. Mi domando, tuttavia, se non sia/sarà possibile applicare alla produzione digitale i criteri estetici sviluppati in anni di produzione artigianale. Io sono fra quanti pensano che il libro elettronico non soppianterà quello cartaceo, anche se inevitabilmente la produzione digitale muta le proporzioni numeriche, riducendo i volumi. Penso però che la forma libro non sia superabile, tanto è vero che i libri elettronici cercano di imitare, nella loro maneggevolezza, i libri di carta (la possibilità di sfogliare, di segnalare punti nel testo, la grandezza stessa del libro in formato che si avvicina al 4°). Facendo seguito alla domanda fatta in precedenza, secondo lei è possibile che la sapienza acquisita nell’allestimento del libro tradizionale possa essere trasferita nell’allestimento dell’e-book? E se sì, è un settore in cui vi interesserebbe espandervi?

I caratteri tipografici da noi impiegati non sono identici tra loro, come quelli ingranditi e rimpiccioliti dall’obiettivo fotografico; sono bensì proporzionati esteticamente alla dimensione di ciascun corpo. Per esempio, in quelli piccoli, i bianchi interni, racchiusi nelle “e” o nelle “a”, sono impercettibilmente più grandi, affinché non si corra il rischio di creare macchie. Per questo motivo, nessun carattere è identico nei diversi corpi, mentre per quelli adattati alla fotocomposizione, si basano di solito su due soli modelli fissi: uno per i corpi da testo ed uno per quelli da titolo.
I caratteri progettati per lo schermo, nonostante abbiano mutuato i criteri di leggibilità perfezionati dalla tipografia in piombo, mancando della tridimensionalità, imitano, senza eguagliarla, la loro forza espressiva. Essi, inoltre, non godono del supporto della scenografia che sottende la pagina impressa su carta: scenografia – o “layout” – che permette a noi ed agli editori di eccellenza, di allestire edizioni in cui il tono e l’intensità dell’inchiostro si accordano alla superficie e il colore del supporto. Ci capita spesso di essere interpellati al fine di migliorare la leggibilità dei supporti elettronici, anche se la freddezza dell’oggetto, che occupa “militarmente” tutto lo spazio dello schermo, con la sua mancanza di margini e proporzioni armoniche, rappresenta un ostacolo quasi insormontabile, non solo ai fini estetici, ma soprattutto a quelli della leggibilità.

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L'autore

Alessandra Panzanelli
Alessandra Panzanelli
Ricercatrice presso il Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Torino (nel settore Bibliografia, Biblioteconomia, Archivistica); Dottore di ricerca in Scienze bibliografiche (Udine 2006) e in Storia (urbana e rurale) (Perugia 2012), si occupa di storia del libro, storia delle biblioteche, storia dell’Università, con attenzione particolare agli aspetti di storia delle idee e della cultura e delle istituzioni culturali per i secoli del lungo Rinascimento (1350-1650). Negli ultimi anni la sua attività di ricerca si è concentrata sulla prima produzione a stampa con focus sui testi giuridici, e si è svolta nell’ambito del progetto 15cBOOKTRADE (ERC 2014-19), basato presso la Università di Oxford e svolto in parnership con la British Library presso cui AP ha costantemente portato avanti i suoi lavori negli anni 2014-18. A lungo ha studiato, e continua a studiare, la biblioteca privata di Prospero Podiani, fondatore della Biblioteca Augusta di Perugia, cui ha dedicato la ricerca del dottorato in Scienze bibliografiche e per cui il Comune di Perugia nel 2016 le ha chiesto una lectio magistralis e affidato la co-curatela della mostra commemorativa nel 4. centenario della morte di Podiani. Bibliotecario e archivista, ha svolto attività professionale soprattutto presso l’Università di Perugia, dove ha partecipato attivamente a una serie di mostre e convegni legati alle celebrazioni del VII centenario e dove ha avviato un progetto di valorizzazione delle collezioni speciali. Membro della Società Scientifica di Scienze Bibliografiche e Biblioteconomiche e di numerose associazioni culturali ha svolto attività di promozione culturale e partecipa regolarmente a convegni nazionali e internazionali.