conversando con...

Gabriele De Veris intervista Renato Salvetti

  Renato Salvetti è il direttore della piattaforma di distribuzione di ebook Edigita.

L’andamento dell’editoria digitale sembra avere esiti differenti considerando quotidiani, riviste e libri. È corretto distinguere questi tre settori per valutare la diffusione del digitale fra i lettori? 

In effetti quotidiani, riviste e libri sono tre prodotti editoriali che spesso si rivolgono a pubblici differenti, e soddisfano bisogni informativi/ludici/professionali diversi. Anche i modelli tradizionali di business che nel tempo si sono radicati sono molto differenti e il digitale ha impattato su questi con modi e tempi diversi. Per fare un esempio quasi metà dei ricavi delle testate quotidiane e periodiche sono rappresentati dalla raccolta pubblicitaria che valorizza meno le copie digitali rispetto a quelle cartacee. Inoltre tanto più il prodotto editoriale è legato alla attualità e alla tempestività dell’informazione e tanto più può essere sostituito dalla versione digitale o da altre modalità di organizzazione delle “news”. Quello che si può rilevare è che da tre anni circa la tecnologia offre degli ottimi supporti per fruire delle versioni digitali di quotidiani, riviste e libri.

A suo avviso, è condivisibile l’idea che alcune opere (i fumetti, o i saggi scientifici, o i cataloghi d’arte…) siano più adatte al digitale, anzi, solo nel digitale trovano la loro dimensione compiuta?

Se ci riferiamo unicamente a opere digitali che offrono contenuti organizzati in maniera identica alla corrispondente opera cartacea, quelle che potrebbero avere maggiore successo sono quelle che sono, nella versione fisica, “poco” oggetto e “tanto” contenuto. Per esempio un saggio scientifico normalmente non viene pensato anche come un “bell’oggetto” e la qualità della stampa e della carta è spesso modesta. Lo stesso si può dire di tutta la fumettistica distribuita in edicola o nel mercato specializzato. Non è così però, per esempio, per un bel catalogo di una mostra.
Se però immaginiamo prodotti digitali che possano sfruttare le potenzialità dello strumento con cui sono letti/consultati, tipicamente i tablet, si posso concepire cataloghi di mostre o libri d’arte arricchiti di filmati, suoni, apparati iconografici più corposi ecc.

Il costante calo dei lettori dei quotidiani è dovuto esclusivamente alla concorrenza delle notizie in rete che raccontano in tempo reale gli eventi, o alla diffusione del ‘dilettante professionista’, che riesce a fornire cronaca e immagini laddove le grandi testate e i professionisti non arrivano?

Io credo che il costante calo dei lettori di quotidiani dipenda per prima cosa dal fatto che internet e questo modo che abbiamo di lavorare/divertirci sempre connessi, ci consumano gran parte del tempo libero, parte del quale era dedicato alla lettura dei quotidiani. Avendo meno tempo a disposizione il lettore si accontenta di una informazione più superficiale offerta gratuitamente dai siti internet degli stessi editori dei quotidiani. Non ho notizia in Italia di siti gestiti da “dilettanti professionisti” che abbiano avuto successo. I dati ufficiali ci dicono che i siti più consultati sono quelli del Sole 24 ore, Repubblica, Corsera ecc… Il lettore è attento all’attendibilità della fonte dell’informazione e il marchio di una testata importante è ancora un valore riconosciuto in rete.

Le librerie e le edicole dovranno reinventarsi per sopravvivere. Si salvi chi può, oppure c’è qualche strategia comune? La vendita via Internet risolverà tutti i problemi della distribuzione?

Sappiamo che “digitalizzazione dei contenuti” e “disintermediazione commerciale” sono due fenomeni strettamente collegati. Le librerie e le edicole per sopravvivere dovranno essere in grado di puntare sul servizio. Per le librerie è relativamente più facile, perché ancora oggi il forte lettore tende ad andare nelle librerie fisiche e il processo di individuazione del prodotto da acquistare viene ancora in moltissimi casi perfezionato presso il punto vendita, anche se magari poi l’acquisto viene fatto presso una libreria in internet per ragioni di convenienza economica. Se però il libraio non sarà in grado di offrire anche il prodotto digitale allontanerà il proprio cliente dal proprio punto vendita, perdendolo sicuramente anche per gli acquisti di l copie fisiche. Per le edicole la situazione è più difficile perché probabilmente nei prossimi anni vedremo un ridimensionamento ancora maggiore della vendita dei periodici e dei quotidiani, la chiusura di molte edicole e di conseguenza una accelerazione dell’acquisto dei prodotti quotidiani e periodici sul web a causa della mancanza di edicole di prossimità. Il mondo degli edicolanti è poi un mondo che sempre meno professionalizzato, non informatizzato e con una bassa propensione al servizio e in prospettiva sempre meno strategico per gli editori. Per fortuna la Gdo sta supplendo alla chiusura di molti punti vendita garantendo una minima copertura del territorio.

Il prestito digitale sembra essere un terreno di conflitto tra editori e biblioteche. È così? 

Più che altro gli editori non hanno ancora individuato come sfruttare il potenziale delle biblioteche come cinghia di trasmissione delle loro iniziative editoriali, come cassa di risonanza per nuovi titoli e come strumento per una corretta valorizzazione anche economica del catalogo. A tendere anche la figura del bibliotecario dovrà evolversi, perdendo completamente il ruolo di quello che seleziona i titoli ed assumendo sempre di più il delicatissimo ruolo, per certi aspetti simile a quella del libraio, di indirizzare i propri utenti su percorsi di lettura quasi personalizzati. I modelli economici che stanno alla base del rapporto editori-biblioteche-utente dovranno cambiare radicalmente ed allora cadranno le barriere di diffidenza.

Un grande scontro è in atto nel campo dell’editoria scientifica, dove poche aziende impongono prezzi insostenibili per l’abbonamento di testate accademiche o scientifiche. È un conflitto destinato a durare o finirà con la diffusione dell’Open Access?

Dovrebbe affermarsi un principio: se i contenuti sono “ottenuti” da ricerche o studi finanziati da fondi pubblici, i risultati dovrebbero essere messi a disposizione gratuitamente alla comunità. Se però esiste la figura dell’editore che seleziona, ordina, organizza, verifica l’attendibilità degli studi che sono pubblicati sulle proprie riviste, queste attività devono trovare una remunerazione adeguata. La soluzione potrebbe essere quella di utilizzare modelli pay per view.

Perché nel dibattito tra editori, distributori, librai, bibliotecari, ecc. gli autori sono quasi sempre ignorati? Salvo pochi grossi nomi, contano davvero così poco?

Per definizione l’autore delega all’editore il compito di valorizzare sotto il profilo commerciale la propria opera. L’autore è il punto di partenza di tutto il processo industriale e commerciale dell’editoria, ma solo raramente vuole occuparsi delle questioni di natura distributiva e commerciale. È sempre comunque in grado di limitare l’autonomia dell’editore inserendo clausole nel contratto di edizione della propria opera.

Un tempo l’Italia era conosciuta come popolo di santi, poeti e navigatori. Oggi sembra più attendibile come popolo di editori e scrittori. Si pubblica moltissimo, si scrive moltissimo (ormai blog e social network sono alla portata di tutti), si legge molto meno…

Purtroppo è vero in Italia si legge molto poco. In realtà nelle regioni del nord i tassi di lettura sono allineati a quelli europei e il grosso problema è il meridione. Peccato perché un cittadino informato, che legge di altri mondi, di altre realtà culturali, che cerca di scoprire cosa possiamo imparare dal passato e da dove veniamo è sicuramente un cittadino migliore.

Wi Fi libero e libri di testo digitali: due brutti capitoli che sembrano rivelare un dilettantismo nocivo da parte di chi sta in Parlamento. Come rimediare?

Siamo fortemente in ritardo su entrambi i versanti e i continui cambi di rotta su questi temi da parte dei ministeri competenti fanno pensare che non sia solo un problema di risorse economiche ma anche di competenze. Una scuola di ogni ordine e grado dotata di wifi e di una didattica digitale sarebbe più efficace ed efficiente. Si potrebbero avere dei risparmi importanti e metodi di insegnamento più consoni alle attese della generazione dei nativi digitali che si sta affacciando ora al mondo delle superiori.

Cosa ha imparato l’editoria dal conflitto tra case discografiche e internet?

Sicuramente il rapporto fra case discografiche e internet deve essere studiato per trarne indicazioni importanti. Non dimentichiamoci che i due mondi, discografia ed editoria, sono simili solo per alcuni aspetti, ma per altri divergono totalmente. Pensate solo alle centinaia di sigle editoriali che esistono ed operano in Italia e alla concentrazione che da sempre c’è nel mondo della discografia, anche a livello internazionale. La prima lezione su cui riflettere è che internet, non deve essere considerato una minaccia ma una opportunità sia sotto il profilo commerciale che marketing. La seconda lezione è che il processo di disintermediazione ha portato a concentrare le vendite di musica su un numero ridottissimo, anche a livello mondiale, di operatori facendo perdere potere contrattuale ed autonomia alle case discografiche. La terza lezione è che è cambiato radicalmente il rapporto con gli autori e i modelli di business…

Self-publishing: una opportunità per scoprire nuovi talenti o un rischio per le case editrici?

Un tempo le case editrici avevano dei percorsi di selezione e crescita dei giovani talenti. Oggi le procedure di selezione vanno ripensate e il self-publishing o altre iniziative come per esempio Io Scrittore del gruppo Mauri-Spagnol o la Scuola Holden del Gruppo Feltrinelli, possono essere delle opportunità per scrittori debuttanti. Quasi sempre però un’opera letteraria ha bisogno di essere rivista dall’autore insieme a editor professionisti, che contribuiscono a far uscire un prodotto equilibrato nelle sue parti. Il self-publishing non rappresenta un rischio per le case editrici, soprattutto per quelle che sanno coadiuvare l’autore nel proprio percorso professionale e che sanno valorizzare anche commercialmente un’opera letteraria.

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L'autore

Gabriele De Veris
Gabriele De Veris
Gabriele De Veris è nato a Genova e dal 1982 vive a Perugia. Dal 1985 lavora nelle Biblioteche Comunali di Perugia