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Chiara De Santi intervista Arturo Larcati

Arturo Larcati è ricercatore presso l’Università degli Studi di Verona, dove insegna letteratura tedesca moderna. Collabora strettamente con il Centro Studi dedicato a Stefan Zweig con sede a Salisburgo (Austria), dove risiede. Tra le sue pubblicazioni sia in italiano che in tedesco si ricordano Ingeborg Bachmanns Poetik (Darmstadt: Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 2006) e L’espressionismo tedesco (Milano: Editrice Bibliografica, 1999).

Prima di tutto potrebbe cortesemente presentarsi, spiegando quale sia la sua specializzazione e perché sia venuto a visitare l’università di SUNY Fredonia, nello stato di New York, e la sua biblioteca?

Dunque, io sono germanista di formazione, insegno letteratura tedesca moderna all’Università di Verona e visto che abito a Salisburgo, collaboro con lo Stefan Zweig Center, un centro di studi totalmente dedicato alla figura di Stefan Zweig e all’importanza della sua opera nel contesto della letteratura austriaca ed europea. Questo legame con Stefan Zweig è anche il motivo che mi porta qui a Fredonia, perché a Fredonia c’è uno dei più importanti archivi di materiali originali di e su Stefan Zweig: le varie stesure delle sue opere, le lettere di amici e colleghi, gli studi critici sui suoi lavori, etc.

Ma chi è Stefan Zweig?

Stefan Zweig è un autore austriaco che nei paesi di lingua tedesca ha la statura di un classico perché le sue opere vengono lette nelle scuole e intensamente studiate all’università. Per esempio, una delle sue opere più famose, La novella degli scacchi, è una lettura quasi obbligatoria per le scuole austriache e anche tedesche. Al di là di questo, Zweig è un autore che ci ha offerto, con il suo libro autobiografico Il mondo di ieri, uno degli affreschi più interessanti dell’Impero Austroungarico e dell’Europa prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, un ritratto affascinante della belle epoque prima della grande catastrofe della guerra, che rappresenta quest’epoca come caratterizzata da una felicità e da una sicurezza che dopo il 1918 non si ritroveranno più. Con la fine della monarchia asburgica si vedono, infatti, nascere crisi e tragedie che saranno poi la base per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

A SUNY Fredonia abbiamo forse il più importante archivio dedicato a Stefan Zweig a livello internazionale. Potrebbe spiegarci come quest’archivio sia finito nella biblioteca della nostra università?

Naturalmente è dovuto a tutta una serie di fatti “casuali” che ci sia questo vero e proprio tesoro qui a Fredonia. I motivi per cui quest’archivio è arrivato qua sono dovuti ai legami che c’erano tra la prima moglie di Stefan Zweig – che si chiamava Friderike Maria von Winternitz ed era emigrata esattamente come Stefan Zweig in America – e un professore americano di origine austriaca legato a Fredonia, Robert Rie. Rie era professore di tedesco a Fedonia negli anni Sessanta e nel 1968 contribuì all’acquisto di alcune lettere, che la prima moglie di Zweig accettò di passare alla biblioteca dell’università. È grazie a Rie, dunque, che si è costituito il nucleo fondamentale di quest’archivio. Successivamente anche gli eredi della seconda moglie di Zweig, Lotte Altmann, hanno deciso di donare molta parte del lascito in loro possesso all’istituzione che già custodiva un archivio zweighiano molto consistente. Con questa seconda donazione si è creato un deposito archivistico di documenti e manoscritti che non ha pari al mondo. A questo proposito bisogna ricordare che il lascito di Stefan Zweig è “disperso” in più di 70 archivi in Europa, in Israele e in America. La cosa particolare di quest’archivio di Fredonia è che conserva la parte più consistente di manoscritti delle prime stesure delle opere, di carteggi con amici e colleghi scrittori e anche di una serie di documenti burocratici relativi alla vita e all’opera dello scrittore e di studi critici su di essa.

E Lei ha lavorato per quasi cinque giorni in quest’archivio. Su cosa ha lavorato esattamente? Di cosa si è occupato?

Per quanto mi riguarda, mi sono occupato in particolare dei contatti di Stefan Zweig con scrittori austriaci, tedeschi e italiani. Prima di tutto bisogna dire che Stefan Zweig era un maestro nel costruire reti di rapporti con altri scrittori di diversissime provenienze, che alcune volte si rivolgevano a lui per avere dei giudizi sulle loro opere o dei contatti con case editrici, ma anche per consulenze di tipo letterario o critico, mentre altre volte ricorrevano a lui per aiuti di tipo finanziario. In quest’ultimo caso si trattava di scrittori che cominciavano a scrivere oppure di scrittori affermati che erano in difficoltà finanziarie, come ad esempio Joseph Roth. Siccome Stefan Zweig non solo era disponibile a creare questi contatti ed era un esperto di networking, ma era anche generoso dal punto di vista strettamente finanziario perché era molto ricco, intorno a lui si è creata una rete di rapporti fittissimi stranamente fatta di autori di diversissima provenienza (talvolta anche in conflitto tra loro). In particolare, io mi sono occupato dei rapporti con gli scrittori espressionisti e naturalmente con gli scrittori italiani. Ho anche studiato alcune conferenze che lui ha fatto in italiano e soprattutto le varianti dei suoi discorsi riguardo all’Europa, relativi alla sua idea d’Europa, che lui ha formulato in diverse conferenze e in diversi saggi (e anche in lingue diverse). Una cosa molto interessante che ho cercato di ricostruire era il suo progetto di fondare un Parlamento europeo degli scrittori inteso come autorità morale e spirituale che perseguisse il bene comune dell’Europa e facesse da contrappunto ai singoli governi europei basati, a suo giudizio, su interessi politici, burocratici, finanziari nazionali.

Ha menzionato che Stefan Zweig aveva dei contatti con l’Italia. Che tipo di relazioni aveva? Conosceva l’italiano?

Stefan Zweig aveva un rapporto molto importante con l’Italia perché la famiglia della madre era una famiglia di banchieri ebrei che lavorava per il Vaticano e quindi sua madre, che si chiamava Ida Brettauer, è nata e ha vissuto molto tempo ad Ancona, nelle Marche, per cui Stefan Zweig sin da giovane sentiva l’italiano a casa. Inoltre, Zweig era molto legato all’Italia per i numerosi viaggi che ha sempre regolarmente fatto anche perché gli piaceva la cucina italiana e gli piaceva molto anche andare in vacanza nelle grandi città d’arte come Roma, Firenze e Napoli. Al di là di quest’amore di tipo familiare, artistico e turistico, ci sono anche dei motivi interessanti e profondi che si sviluppano nel corso del tempo, perché dall’inizio della Prima Guerra Mondiale lui comincia a sviluppare la visione di un’Europa unita, ovvero un’Europa basata sull’idea di tolleranza e sulla pace. In questo contesto, Zweig vede nell’Italia il paese europeo per eccellenza, ovvero il paese dove l’unità europea si sente di più perché alla base della cultura italiana c’è la cultura latina. Ai tempi dell’Impero Romano l’unità europea rappresentava un fatto concreto. Secondo lui, l’eredità di questa cultura latina è la garanzia di poter ritrovare e di ricostruire l’unità dei paesi latini e non latini dell’Europa, che nei momenti cruciali e drammatici della Prima Guerra Mondiale si trovano l’uno contro l’altro in conflitti di tipo ideologico, finanziario ed economico. Per superare tutti questi conflitti, Zweig postula un’idea di Europa unita – per lui anzitutto su base spirituale e morale – che si può ritrovare recuperando l’eredità del mondo latino e degli altri fattori o linguaggi universali che in seguito hanno tenuto insieme i popoli europei (l’arte, la musica, etc.).

Quali erano gli intellettuali italiani con cui era in contatto? Sappiamo che lui scriveva loro in italiano…

Zweig coltivava amicizie con molte persone, specialmente artisti, musicisti, scrittori e anche traduttori intellettuali. Per il mio lavoro è stato soprattutto importante un artista forse poco noto, ovvero un pittore veronese che si chiamava Alberto Stringa e che, in gioventù, era uno dei suoi amici più intimi insieme ad uno storico dell’arte che si chiamava Victor Fleischer. I tre formavano un gruppo di amici molto unito chiamato la Triplice Alleanza. Questa è stata una delle amicizie più importanti perché attraverso Stringa ha conosciuto Dante e si è aperto anche al mondo dell’arte e della pittura. Per semplificare molto, Zweig ha conosciuto scrittori importanti come Sibilla Aleramo e Giovanni Cena, che all’inizio del secolo erano anche una coppia che ha conosciuto a Parigi e ha ritrovato a Roma. Tra gli intellettuali bisogna forse ricordare il filosofo Benedetto Croce che sarebbe stato per lui il rappresentante ideale dell’Italia nel progetto utopico di un Parlamento europeo degli scrittori. Da ultimo, soprattutto negli anni prima dell’esilio e dopo negli anni dell’esilio, è stata molto importante la figura di Lavinia Mazzucchetti, una delle più importanti traduttrici dal tedesco in italiano, che ha tradotto la sua opera e anche quella di Thomas Mann ed Hermann Hesse. C’è anche la figura di un intellettuale meno noto che si chiamava Enrico Rocca, che come la Mazzucchetti ha tradotto la sua opera. Entrambi questi traduttori hanno subito la persecuzione del regime fascista. Poi ci sarebbe da parlare di Gabriele D’Annunzio…

A proposito di Gabriele D’Annunzio, potrebbe dirci qualcosa su lui e Zweig?

Gabriele D’Annunzio è una figura importantissima nei rapporti di Stefan Zweig con l’Italia e soprattutto con la letteratura italiana. Stefan Zweig provava una sorta di amore-odio per D’Annunzio. Da una parte Zweig aveva una grandissima ammirazione per D’Annunzio come poeta per le qualità della lirica dannunziana e per le innovazioni che ha portato, soprattutto a livello di ritmo e di musicalità (quello che Zweig ammira è l’autore delle Laudi), dall’altra, in contrasto con questa fortissima ammirazione per lui come poeta – che resterà tutta la vita – c’è una profonda diffidenza nei confronti di D’Annunzio poeta vate, ovvero poeta nazionalista. Per Zweig, D’Annunzio è una sorta di modello negativo dello scrittore che s’immischia nella politica, commettendo una sorta di peccato capitale: il buttarsi in politica è, per Stefan Zweig, all’origine di tutti i mali. Per lui, il coinvolgimento dello scrittore in controversie ideologiche e politiche ha sempre conseguenze negative. Il suo modello alternativo sarebbe quello di un poeta che sta al di sopra delle parti e che, se si fa sentire a livello pubblico, lo fa soltanto come autorità morale, ma mai a favore di un’ideologia e, soprattutto, mai a favore del nazionalismo come aveva fatto D’Annunzio, famoso appunto per aver sostenuto gli ideali irredentisti, nazionalisti e colonialisti dell’Italia (l’entrata in guerra, la conquista del Sud-Tirolo, di Fiume, etc.)

Questo ci porta anche alla relazione tra Stefan Zweig e Mussolini: potrebbe dirci qualcosa anche su quest’aspetto?

Naturalmente il rapporto di Stefan Zweig con la politica e con i politici è sempre stato un rapporto problematico. Però c’è un caso interessante da riportare. Stefan Zweig, che ha sempre cercato di tenersi lontano dalla politica, nel 1933 si è rivolto direttamente niente di meno che a Mussolini. Lo ha fatto per intercedere a favore di un medico socialista amico di Giacomo Matteotti (politico socialista ucciso nel 1924 dai fascisti), che era stato arrestato perché era stato uno di quelli che aveva portato materialmente la bara al funerale di Matteotti e aveva cercato, dopo a morte di Matteotti, di aiutare la moglie e i figli ad andare in esilio. Per una strana coincidenza, Stefan Zweig conosceva la moglie di questo medico perché lei scriveva poesie in tedesco, essendo austriaca, e si era rivolta a Stefan Zweig, come facevano molti altri, per avere un giudizio sulle sue poesie. Dopo l’arresto del marito, lei ha approfittato di questa conoscenza e si è rivolta a Zweig stesso perché facesse pressione sul governo italiano con una serie di mobilitazioni, incluse lettere sui giornali e così via. Stefan Zweig, che era un po’ diffidente verso queste grandi iniziative pubbliche, fa una cosa molto sorprendente, ovvero si rivolge direttamente a Mussolini in una lettera in cui appunto spiega la situazione umana e morale di Germani senza però fare riflessioni ideologiche. La cosa ancora più strana è che Il Duce “accoglie” questa richiesta di Stefan Zweig e prima tramuta la condanna di Germani, che era stata a molti anni di prigione, in domicilio coatto e poi in una seconda fase, dopo che Stefan Zweig gli scrive anche una seconda lettera, stavolta di ringraziamento, concede addirittura la grazia a Germani, cosicché lui è libero del tutto.

Stefan Zweig è una figura molto interessante non solo nell’ambito della Germanistica, ma anche dell’Italianistica, e in generale negli studi letterari e nell’ambito della storia del XX secolo. Proprio per questa ragione lo Stefan Zweig Center sta organizzando una mostra interamente dedicata a Zweig, a cui vari istituti e fondazioni internazionali stanno contribuendo in varia misura. Potrebbe parlarci di quest’evento?

In realtà c’è un progetto molto concreto. C’è il programma di una mostra al Theatermuseum di Vienna, ovvero il Museo del Teatro di Vienna, dove per un anno si mostrerà tutta una serie di documenti relativi alla vita e all’opera di Stefan Zweig per celebrare la sua importanza a livello nazionale e internazionale. Questo progetto è legato anche a Fredonia perché la Reed Library è stata invitata a prestare alcuni dei suoi “tesori” più importanti per documentare la fase dell’esilio, in particolare gli anni Trenta, la fase dell’emigrazione di Stefan Zweig. Questa mostra è organizzata dal Theatermuseum di Vienna in collaborazione appunto con lo Stefan Zweig Center di Salisburgo e uno dei partner designati è proprio l’università di Fredonia. Uno dei motivi del mio viaggio qui a Fredonia è stato anche quello di avere un contatto personale col direttore della biblioteca, Randy Gadikian, che ha mostrato molta disponibilità a collaborare al progetto. Inoltre, al direttore farebbe molto piacere se poi questa mostra potesse essere ospitata qui a Fredonia, e in coincidenza con questa mostra si facessero anche dei corsi su Stefan Zweig per far conoscere da una parte lo scrittore, ma anche l’importanza di questa collezione archivistica.

Un’ultima domanda. Lei è arrivato qui a Fredonia il 6 ottobre del 2013, ma prima di venire da noi è andato a Denver, in Colorado, per partecipare ad una conferenza dove avete organizzato un paio di panels dedicati a Stefan Zweig con l’obiettivo, come Stefan Zweig Center, di rendere maggiormente conosciuto questo intellettuale austriaco, incluse la sua vita e la sua arte…

Prima di venire qui a Fredonia, insieme al direttore dello Stefan Zweig Center, il Dott. Klemens Renoldner, che è stato anche lui impegnato in una “missione americana” per promuovere lo studio dell’opera di Stefan Zweig, sono stato a Denver al congresso della German Studies Association, che è stato – penso – un evento storico anche nella storia della Germanistica americana, poiché è stato il più grande congresso mai realizzato grazie alla presenza di più di mille germanisti e studiosi. In questo congresso per la prima volta ci sono stati due panels organizzati da noi con la collaborazione di un college di Boston e, come dicevo, questo per sensibilizzare la germanistica americana che spesso, studiando il cosiddetto modernismo viennese, si concentra magari più su figure come Rilke, Hofmannsthal, e Schnitzler, naturalmente importantissime, più che non su Stefan Zweig. Per stimolare di più la ricerca su Zweig, il direttore dello Stefan Zweig Center è stato a Berkeley per organizzare nel 2014 un congresso dedicato a Stefan Zweig e alla letteratura mondiale e successivamente ha preso contatti con l’istituto di cultura austriaca a New York e con i rappresentanti dell’università di Boston perché nel 2015 ci sia una conferenza dedicata a Stefan Zweig anche a Boston. L’obiettivo complessivo di queste iniziative è di creare una serie d’incontri regolari negli Stati Uniti e una rete di studiosi interessati a stimolare e incrementare la ricerca su Stefan Zweig.

Speriamo che questa missione americana dia i suoi frutti… 

I presupposti ci sono, e quindi vedremo. Come si dice in italiano: se son rose, fioriranno.

La ringrazio moltissimo per l’intervista e… l’aspettiamo di nuovo a Fredonia!

Per concludere, devo aggiungere che sono stato veramente impressionato dalla squisita ospitalità che ho ricevuto da lei senz’altro, ma anche e soprattutto dall’università di Fredonia, che mi ha molto generosamente ospitato nell’Alumni House, e dalla gentilezza delle persone che si sono fatte in quattro per aiutarmi e portarmi i materiali della collezione Zweig. Mi auguro che l’archivio possa essere visitato da tanti altri studiosi e che si riconosca l’importanza di questo grande patrimonio [ http://www.fredonia.edu/library/special_collections/].

La versione inglese dell’intervista con l’aggiunta di brevi biografie di tutte le personalità menzionate è stata pubblicata ne L’ANELLO che non tiene: Chiara De Santi. “An Interview about Stefan Zweig: Austrian-Italian-American Perspectives.” In L’Anello che non tiene: Journal of Modern Italian Literature Vol. 25 (Spring-Fall 2013).

Interview auf Deutsch 

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L'autore

Chiara De Santi
Chiara De Santi
Chiara De Santi è Assistant Professor in Lingue Moderne presso Farmingdale State College, SUNY. Precedentemente, come lettrice, ha insegnato una varietà di corsi di lingua, cultura, letteratura e cinema italiani, e discipline cinematografiche presso l’Università Statale di New York a Fredonia.  Ha un Ph.D. in italianistica dell’Università del Wisconsin-Madison, e un Ph.D. in storia e un Masters di Ricerca dell’Istituto Universitario Europeo. Si è laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Firenze, specializzandosi in russo, francese e storia. I suoi interessi di ricerca includono il cinema italiano, italo-americano e hollywoodiano; la cultura, la gastronomia e la storia italiane; la letteratura italiana moderna e contemporanea; l’italiano come L2.