L’Italiano fuori d’Italia

Donato Loscalzo intervista Domenica Minniti Gonias

Domenica Minniti Gonias si è laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne (Inglese, Francese, Tedesco e Neogreco) presso l’Università Orientale di Napoli (1983); ha conseguito il diploma di specializzazione in Linguistica Italiana alla Sapienza (1990) e il dottorato di Lingua e Letteratura Neogreca all’Università di Atene (1996). Dal 1990 al 1996 ha insegnato lingua e traduzione presso le università “Panteion” e “Nazionale e Capodistriaca” di Atene; nel 1997 è stata nominata Ricercatrice di Linguistica Italiana nel Dipartimento di Lingua e Letteratura Italiana dell’Università di Atene, del quale è co-fondatrice, e nel 2002 Professore associato; dal 2014 è Professore ordinario supplente (anaplirotìs). È stata visiting professor nell’Università della Calabria. Tra i suoi interessi principali di ricerca le relazioni linguistiche fra l’italiano e il greco, in particolare i prestiti lessicali, la questione della lingua, il bilinguismo di letterati italo-greci e la grecofonia in Calabria. Ha pubblicato monografie e numerosi articoli su alcune delle più prestigiose riviste di linguistica storica e applicata e di filologia, quali l’ “Italia Dialettale”, “Studi Italiani di Linguistica Teorica e Applicata”, “Epetirida tis Philosophikìs Scholìs tou Panepistimìou Athinòn”. È autrice di traduzioni scientifiche (Dieci Tesi per l’Educazione Linguistica Democratica di T. De Mauro, 2007, Etimologia di V. Pisani, in pubbl.) e letterarie (Requiem di A. Tabucchi dal portoghese, 1994; Post scriptum di M. Anagnostakis, 1997, etc.) dall’italiano e altre lingue in greco, e viceversa.

Fa parte di associazioni linguistiche come SLI, SIG, Associazione Europea dei Neogrecisti , ASLI, European Society of Translation Studies. È stata presidente dell’Associazione Culturale “Jalò tu Vua” per lo studio del greco-calabro e tra i fondatori dell’Associazione “Kalavrìa” per lo studio del greco-calabro e dell’arbëreshe.

Dal 2004 al 2008 è stata presidente della Commissione ministeriale per l’introduzione dell’italiano nella scuola pubblica in Grecia.

Il greco e l’italiano sono eredi di due lingue che hanno segnato e fondato la cultura occidentale, eppure sono tra le meno parlate nel mondo. Tuttavia in questi ultimi anni sono aumentati i giovani stranieri interessati a studiare l’italiano. Anche in Grecia?

Il tema delle relazioni tra l’Italia e la Grecia è vastissimo. Pur senza voler cadere nella retorica sulla civiltà greco-romana, si sa che per lunghi secoli i rapporti fra i due popoli costituirono l’asse intorno al quale si sviluppò la cultura occidentale. Roma ricevette splendore dalla Grecia classica e al tempo stesso, con il suo ordine imperiale, contribuì notevolmente all’espandersi della civiltà greca in tutto il mondo allora conosciuto: graecia capta… Tale processo di simbiosi, specialmente a livello linguistico, che è quello che a noi qui preme, fu di grande intensità prima in epoca imperiale e cristiana, poi bizantina, più tardi con l’umanesimo e si può dire che per quel che concerne il lessico, persiste ancora, se si pensa per es. al fenomeno della neologia scientifica nella medicina, nelle scienze esatte, ecc.; perfino termini come aeronautica, cibernetica, di per sé modernissimi, sono coniati interamente dal greco. E che dire di aroma, armonia, apostolo, battesimo, borsa, canestro, delfino, martirio, ormeggiare, peripezia, poesia, retorica, ecc.; inoltre, innumerevoli grecismi si trovano nei dialetti e nelle lingue della penisola a designare oggetti di uso quotidiano (per es. in sardo la parola ampulla, “bottiglia”). Insomma, come ebbe a dire Tullio De Mauro, basta aprire un vocabolario: ogni trenta parole italiane, una è di origine greca.

Ora, per quanto riguarda la diffusione dell’italiano e del greco come lingue parlate, si tratta della questione tanto dibattuta e sempre irrisolta del plurilinguismo come diritto e dell’utilità di alcune lingue “faibles” rispetto a quelle “fortes” — o dovrei dire a quella “forte”? — ai fini della comunicazione e della trasmissione delle idee (e qui chiederei un attimo di riflessione…). Io porto sempre questo esempio ai miei studenti: uno dei primi a parlare di linguistic imperialism è stato proprio un linguista inglese, Robert Phillipson.

I greci dicono degli italiani “mia faza, mia raza”: è per delle affinità culturali che studiano l’italiano?

Già, “una faccia, una razza”… Però non tutti sanno che i Greci sono mediamente castani, eccezion fatta per gli abitanti di Cipro, di Creta in parte e di qualche isola ancora; noi meridionali siamo scuri rispetto a loro! Sì, il fascino della lingua e della cultura italiana, alle quali qui ci si volge con sentimenti di ammirazione e fratellanza, viene ancora esaltato. Inoltre, si riconosce ampiamente la compenetrazione delle due lingue; basti pensare che almeno il 25 % della lingua comune è costituito da parole prese dall’italiano; l’elemento italiano oggi è tangibile specialmente nella vita quotidiana, nella gastronomia, nell’abbigliamento, nell’onomastica e toponomastica, persino nei gerghi dei mestieri. Christoforos Charalambakis, illustre docente in questo Ateneo e curatore del Vocabolario dell’Uso del Neogreco, si compiace di ripetere che se dovessimo per assurdo eliminare tutti gli italianismi dalla terminologia dell’abbigliamento e dell’alimentazione, resteremmo nudi e affamati! Cito a caso alcune derivazioni dall’italiano e dal veneziano: Κáλτσα calza, παντελóνι > pantaloni, Βαπóρι vapore, Βóλτα volta “passeggiata”, ϒουστáρω < averci gusto, Κορνíζα cornise, νουμερο numero, σíϒουρος siguro, σπáλα spalla, μακαρóνια maccheroni, λαζáνια lasagna, σáλτσα salsa, e via dicendo. Nell’Eptaneso, poi, a Creta e nel Dodecaneso, terre che furono di Venezia e Genova, la presenza dell’italiano è ancora più forte, tanto nella tradizione letteraria che in quella popolare. Si sa che il cosiddetto Rinascimento Cretese del XVII sec., che ha dato capolavori come il poema Erotòkritos e le commedie, non sarebbe stato possibile senza l’influsso esercitato dalla cultura italo-veneziana; e che dire dei fasti letterari delle Isole Ionie, rappresentati dalla poesia di Andreas Kalvos e specialmente di Dionisios Solomòs, considerato il facitore del Greco moderno.

Aldilà delle affinità culturali, l’italiano in Grecia veniva tradizionalmente studiato a scopo di lavoro qui o per andare a studiare nelle università italiane. Fino a qualche tempo fa, l’Italia era il primo partner commerciale della Grecia, specialmente del Nord, e questo è il motivo per cui la prima università ad avere una cattedra di Lingua e letteratura italiana fu la “Aristotele” di Salonicco, istituita fin dagli anni ’70. Ma, come diciamo qui, “glorie che furono, da raccontare piangendo”… Oggi a Salonicco non esiste più nemmeno il Consolato e persino l’Istituto di Cultura ha chiuso i battenti.

Lo studio dell’italiano come lingua straniera, d’altra parte, è sempre più condizionato dalla tendenza del monolinguismo di cui si diceva prima. Da qualche anno, l’interesse per l’italiano viene gradatamente soppiantato da altre lingue europee più fruibili, come il tedesco. Personalmente, non credo che ciò si debba attribuire solo al particolare contingente della crisi finanziaria; sono fermamente convinta che non sia stata portata avanti una seria e costante politica a favore di questa lingua in Grecia – non ultimo da parte del MAE. Se si escludono le istituzioni italiane come l’Istituto di Cultura di Atene e Salonicco, la Scuola italiana e la Dante Alighieri, i quali godono tutt’altro che di buona salute, l’apprendimento di questa lingua è stato da sempre demandato a college o a scuole private (i cosiddetti frontistiria); solo nel 2004, grazie ad una precisa volontà politica, l’italiano è stato ammesso nella scuola pubblica, prima alle medie e poi nei licei. Come presidente della commissione istituita ad hoc dal ministero di P.I. e in quanto artefice del curricolo didattico per i licei nel 2008, ho avuto la fortuna di seguirne le vicende e posso dire di conoscere di prima mano quante e quali difficoltà si siano dovute affrontare affinché questa materia si insediasse nei palinsesti scolastici. Purtroppo, i drastici e drammatici tagli del 2011 alla spesa pubblica hanno portato all’estromissione dalla scuola delle lingue socialmente più deboli (ovvero con meno insegnanti), cioè l’italiano e lo spagnolo. Non ci resta che sperare che la ripresa economica porti anche un rinnovato interesse per lo studio della nostra lingua.

Quale idea, quale immagine hanno gli studenti greci dell’Italia?

Fino a 10-15 anni fa dell’Italia si aveva in generale un’immagine un po’ oleografica. Oggi è molto più facile per un greco visitare il nostro Paese e i varî cliché sono in parte rientrati. Gli studenti del nostro Dipartimento di Lingua e Letteratura Italiana dell’Università di Atene conoscono abbastanza bene la lingua e la cultura, se non altro dai programmi televisivi. Per un buon numero anzi sono particolarmente affezionati, avendo visitato più volte l’Italia, anche grazie alle convenzioni Erasmus che abbiamo stipulato con diverse università (Roma, Torino, Catania e presto Napoli e Milano).

Oltre la moda e la cucina, quali aspetti della cultura italiana sono conosciuti tra i greci?

Beh, quelli “classici”: il calcio, la Formula Uno, lo sport insomma, e ancora il cinema e la musica, specialmente quella leggera; diversi cantanti greci hanno inciso delle canzoni insieme con artisti italiani, come Ramazzotti, Pavarotti, Gigi D’Alessio; Celentano, Mina, Milva, Dalla, una volta erano famosissimi. Negli anni ’60 e ’70 molte “canzonette” greche erano delle vere e proprie traduzioni di brani italiani; allora andavano di moda Patty Pravo, Sergio Endrigo, Luigi Tenco. Ricordo che quando venni a stare qui per le prime volta, negli ultimi anni ’80, tutti mi chiedevano di cantare “A casa di Irene”; così dovetti imparare questa canzone che fino ad allora non conoscevo… Per la lirica, comunque, la scuola italiana resta sempre all’avanguardia: nel Mégaron Mousikís, il “Tempio della Musica”, e nell’ Onassis Cultural Center di Atene non di rado si esibiscono i grandi nomi del repertorio lirico e classico italiano; il maestro Muti è stato qui 2-3 anni fa. Infine, il teatro che, ça va sans dire, in Grecia ha una grande tradizione: Goldoni e Pirandello non mancano mai in ogni stagione e “Filumena Marturano” è il simbolo della tradizione teatrale di marca italiana, se non del teatro moderno in assoluto…

Che cosa apprezzano i greci della lingua italiana?

Oltre agli aspetti moderni a cui si è già accennato, dell’italiano apprezzano la ultramillenaria tradizione, consci del fatto che esso rappresenta la continuazione del latino, lingua che considerano pari alla propria per antichità (non dimentichiamo che il greco viene parlato ininterrottamente da 25 secoli). Adorano la musicalità dell’italiano e sono affascinati dall’altissima produzione letteraria in questa lingua: Dante è senza dubbio il più noto fra i poeti stranieri; Petrarca di meno, perché non tutti conoscono il forte debito, ad esempio, della poesia cipriota del XVI sec. nei confronti del petrarchismo, risultato della fioritura delle lettere voluta da Katerina Kornaros, veneziana regina di Cipro. Ugo Foscolo, poi, dati i natali zantioti, è considerato un poeta che la Grecia ha “prestato” all’Italia. Ma l’italiano piace anche per un’altra ragione, su cui di solito non si riflette abbastanza: il greco, per vari motivi di ordine storico e politico riconducibili alla sua necessità di costituirsi lingua sovrana, moderna e comune su tutto il territorio liberato dal giogo Ottomano, non ha ha lasciato spazio ai dialetti e alle lingue cosiddette “altre”; la dialettofonia è limitata alle province più periferiche rispetto alle due metropoli (Atene e Salonicco) ed è certamente molto lontana dalla varietà e dalla ricchezza che presenta invece l’italiano. In fondo, però, i Greci amano i dialetti e sono particolarmente attratti dalla dialettalità dell’italiano; lo si capisce chiaramente dal loro entusiasmo per i film del neorealismo, per esempio, o per le canzoni italiane in dialetto. D’altronde, non bisogna dimenticare che parecchie generazioni di greci hanno trascorso i loro anni migliori in Italia, a Messina, Napoli, Roma, Firenze e ne sentono nostalgia…

Quali autori italiani contemporanei sono letti e tradotti in Grecia?

La letteratura italiana è, come risulta comprensibile, fra le più amate dai Greci. È una passione dovuta alle molteplici corrispondenze e reciproche influenze culturali: i maggiori letterati greci del passato erano di sovente italo-greci o comunque di origine italiana, come i poeti cretesi Vincentsos Kornaros e Giorgios Chortatsis (XVI-XVII secc.) e i settinsulari Solomòs e Kalvos (XVIII-XIX sec.); altri operarono in Italia, come i numerosi “lòjoi”, i dotti che furono protagonisti della Diaspora intellettuale da Costantinopoli verso l’Esperia, negli scriptoria di Messina, Napoli, Roma, Firenze, Venezia… Altri infine in Italia si formarono poeticamente, come l’esistenzialista Georgios Sarandaris oppure Alkiviadis Giannòpoulos, che fu tra i gruppi futuristici a Milano. Sull’altro versante, ora, va ricordato che anche alcuni importanti esponenti della lettere italiane ebbero natali in terra greca; e non mi riferisco solo a Foscolo, ma altresí a Ungaretti e Marinetti, che crebbero nella Alessandria d’Egitto di Konstantinos Kavafis e ricevettero i primi nutrimenti della loro arte in un ambiente intriso di ellenismo. Del resto, i poeti italiani moderni qui sono conosciuti anche per la loro estrazione classica, come il “magnogreco” Quasimodo. Infine, questo è un Paese che è stato spesso privato della libertà e ne porta ancora vive le ferite: Pasolini rappresenta dunque l’impegno politico e libertario, anche e soprattutto qui in Grecia. Sicuramente negli ultimi due decenni la modernizzazione della cultura ha portato all’apertura verso nuove letterature, come ad es. la spagnola e la sud-americana, e la traduzione di opere italiane ne ha risentito parecchio per quanto riguarda il numero e la varietà di titoli. D’altra parte, bisogna fare i conti anche con il ri-nascente populismo nella società greca, cui fa da pendant ideale il ritorno ad una letteratura popolare a sfondo epico e storico-sociale e al romanzo poliziesco. Si traducono dunque opere di autori italiani, pur validi, ma rispondenti a criteri di facile lettura per lo più, come Manfredi o Camilleri; poi ci sono Baricco e (tanto) Tabucchi, molto amato negli ambienti radical-chic; per fortuna non mancano autori più “classici”, come Pavese e Rodari…

Per molti versi, greci, italiani, spagnoli e portoghesi nell’immaginario collettivo europeo sono popoli “mediterranei”, con tutti i difetti e i pregi spesso pregiudizialmente attribuiti loro. È marcata in Grecia così come in Italia la percezione di trovarsi al sud dell’Europa?

Beh, la Grecia, considerata la tremenda crisi economica e sociale da cui è stata colpita in questo quinquennio – e non è finita ancora: si prevede che ne usciremo in qualche modo non prima del 2020– più che averne percezione, ne ha la certezza! Senza voler entrare in merito a questioni politiche e finanziarie, credo che il paese europeo realmente simile alla Grecia sia il Portogallo: stessa posizione periferica, notevole ricchezza di materie prime ma insufficienza di mezzi di lavorazione e di tecnologia, cultura mediterranea e europea, ma per così dire à moitié: gli altri Occidentali spesso dimenticano che qui siamo nei Balcani, nel cuore dell’Ortodossia e alle porte dell’Oriente, quello che noi chiamiamo η καθ’ημáς Ανατολη, l’Orient selon nous. E poi, il greco non appartiene alle lingue neolatine, è una lingua a sé. Questo implica tutta una serie di cose che rendono molto difficile dare una riposta “facile” a questa domanda…

Quali prospettive di lavoro si possono presentare a un ragazzo greco che studia l’italiano?

Io non dispero che fra qualche anno l’italiano venga riammesso nei programmi scolastici e che si riaprano le graduatorie per i nostri laureati di italianistica. Comunque, nell’ambito delle mie lezioni di Linguistica applicata, dove si tratta di politica linguistica europea, ho introdotto una sezione a parte, dedicata proprio alle opportunità offerte dall’insegnamento in un altro Paese dell’Unione e alla relativa legislazione europea –ovviamente, previo riconoscimento della laurea e inserimento nelle graduatorie; i miei studenti potrebbero insegnare neogreco come LS in Italia e nei Paesi in cui tale materia è prevista dall’ordinamento scolastico. Del resto, numerosi nostri studenti hanno partecipato al practicum di insegnamento e di traduzione previsto dal nostro dipartimento presso istituzioni come la Scuola Italiana e l’Istituto di Cultura in Atene, nonché varie case editrici; oggi purtroppo, a differenza di una volta, le possibilità di trovare un lavoro, seppur precario, con la sola conoscenza dell’italiano, sono molto limitate; per fortuna, i giovani greci di regola conoscono una seconda e terza lingua straniera e spero che questa “marcia in più”, la spiccata competenza linguistica rispetto ai loro coetanei europei, possa tornare loro favorevole.

Ha conseguito il dottorato preso l’università di Atene. Qual è stato l’iter ? Lo consiglierebbe a un giovane laureato italiano?

Io appartengo all’epoca “pionieristica”: conseguii il dottorato nel lontanissimo 1996 e sono stata la prima fra gli studiosi non Greci ad avere tale privilegio. Mi pregio anche di essere stata allieva di docenti di vecchio stampo, veri “mostri sacri” della Filologia e della Linguistica neogreca, come P. D. Mastrodimitris, M. Meraklìs e E. Kriaràs. Allora il dipartimento di Italiano nell’Università di Atene non esisteva ancora, malgrado gli sforzi che erano stati compiuti in passato, fin dagli anni di Georgios Zoras; è stato creato solo nel 1999 e ho l’onore –e gli oneri– di fare parte della triade dei fondatori, proprio insieme con Gerasimos Zoras, l’erede di quell’illustre docente nelle Università di Atene e Roma. Credo sia doveroso anche rammentare che il primo italianista a tenere lezioni di Storia della lingua all’Università di Atene fu un grande filologo e linguista, Salvatore Battaglia (1904-1971); non vorrei sembrare irriverente, ma continuare il suo insegnamento è per me quotidianamente una grande sfida e gratificazione al tempo stesso.

Dall’a.a. 1999-2000 il nostro Dipartimento si è costituito in un vero e proprio corso di studi di laurea e post-laurea, nei cui ambiti vengono attivati annualmente numerosi insegnamenti di lingua-linguistica, letteratura e cultura. Il Dipartimento dispone anche di una biblioteca e accoglie volentieri i giovani studenti e ricercatori che vengono dall’Italia a visitare la nostra Facoltà o a studiare il neogreco. Il loro interesse è rivolto in primo luogo agli studi letterari, considerate le interrelazioni e i reciproci influssi della letteratura italiana con quella greca, di cui si diceva prima, ma anche alla traduzione che è una delle materie di mia competenza. Personalmente, avrei grande piacere ad assegnare delle tesi di dottorato sulle relazioni e sul contatto fra le due lingue; in Grecia non vi sono altri studiosi di linguistica storica e di lessicografia italo-greca, le quali costituiscono il mio campo privilegiato di ricerca: il materiale da elaborare dunque è tanto e tale che giovani studiosi seri e impegnati potrebbero conseguire risultati notevoli per la disciplina e per gli studi italo-greci in generale.

Proviene da un’area grecofona d’Italia. Qual è il rapporto tra il greco della sua regione e il neogreco dal punto di vista fonetico e morfologico?

È vero, traggo le mie origini da Bova Marina, cittadina dell’area grecofona della provincia di Reggio Calabria. A scanso di equivoci, e con una certa cognizione di causa, vorrei chiarire subito che nei nostri paesi i grecofoni ormai si contano sulle dita di una mano; l’uso linguistico è infatti limitato a ristretti àmbiti e praticamente cristallizzato in modi di dire ed espressioni che oserei definire ormai formulaiche. Indubbiamente si tratta di piccoli abitati dell’interno, con usi e costumi caratteristici e desueti, ma non più di altri centri dell’Aspromonte meridionale e in particolare del versante jonico. La “grecità” è ormai quasi una reminiscenza, eccezion fatta per la curiosità della gente di recuperare non tanto l’antica lingua quanto le proprie “radici”. Si intrattengono dunque relazioni con la Grecia, che però restano a un livello superficiale, da “turismo culturale”: pochissimi sono i miei conterranei che si rivolgono con serietà allo studio della lingua e delle tradizioni locali o che apprendono il neogreco, la sua letteratura e cultura. Ci troviamo insomma di fronte al noto fenomeno provocato dall’applicazione della legge 482 emanata nel 1999 a favore delle minoranze etno-linguistiche: che nel tentativo di proteggere il “diritto” degli abitanti all’autodeterminazione, è andato distrutto quel che restava della lingua vera e propria. Mi occupo di dialetto greco-calabro dal 1981, io stessa l’ho imparato dagli (pochi) anziani sopravvissuti nei paesi dell’interno che visitavo da studentessa durante l’estate. È noto che si tratta di un dialetto periferico, molto arcaico rispetto ad altre parlate neogreche, sia per la distanza dall’area centrale che per le sua natura di dialetto dorico, ovvero a caratteri fortementi conservativi. La dialettologia greca, proprio per queste sue particolari caratteristiche fonetiche e lessicali, colloca il greco dell’Italia meridionale (Calabria e Puglia) accanto allo tsaconico e al pontiaco, idiomi che oggi stentano a conservarsi. In definitiva, di fronte alla lenta ma inevitabile estinzione di una lingua, quello che si può, e si deve, fare è da una parte stimolare l’uso e lo studio attraverso l’insegnamento, per quanto possibile, e dall’altra difendere, valorizzare e incrementare i valori della cultura di cui quella lingua si è fatta portatrice attraverso i secoli, una cultura ricca, particolare e composita, greca e calabrese al tempo stesso. E non è poco.

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L'autore

Donato Loscalzo
Donato Loscalzo
Donato Loscalzo insegna Letteratura greca presso l'Università degli Studi di Perugia.