L’Italiano fuori d’Italia

Vera Lúcia de Oliveira intervista Meriem Dhouib

Meriem Dhouib, nata a Tunisi il 18 gennaio 1979, è docente di Lingua, Letteratura e Civiltà italiana presso la Facoltà di Lettere dell’Università della Manouba (Tunisi) ed è stata nominata dal 2014 direttrice della Sezione d’Italianistica. Dopo una Laurea in Lingua, Letteratura e Civiltà italiana all’Università di Tunisi si è trasferita a Pavia per conseguire un Master in Linguistica e un Dottorato di ricerca in Filologia moderna e dove ha vissuto per otto anni. L’amore per la sua cultura d’origine e la cultura italiana sono profondi e radicati e lei non smette di fare ricerche in entrambi i campi. Collabora con l’Università degli Studi di Pavia e l’Università della Sorbona (Sorbonne IV) nel campo della ricezione della cultura arabo-musulmana nella letteratura italiana dal XIV al XVI secolo e scrive per numerose riviste, anche on-line. Tra le sue pubblicazioni, citiamo I Volgarizzamenti del Liber peregrinationis di Riccoldo da Montecroce, Orient-Occident, Strasbourg, 2009.

All’indomani del tragico attentato terroristico a Tunisi, Meriem, che ho avuto il piacere di conoscere l’anno scorso all’Università di Montpellier, ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune nostre domande, in un momento delicato per il suo paese e per tutto il Mediterraneo.

Meriem, sei docente di Lingua e Letteratura italiana all’Université de la Manouba, in Tunisia. Che cosa ti ha portato a studiare e a insegnare queste discipline? 

Sì, in effetti, sono docente di Lingua e di Letteratura italiana alla Facoltà di Lettere della Manouba a Tunisi, e sono anche direttrice della sezione di Italianistica e del Dipartimento di Lingue Straniere. La mia passione per la cultura italiana risale a tanti anni fa. Da piccola la mia babysitter per un breve periodo era una signora italiana, della comunità italiana che viveva in Tunisia da secoli e, più tardi, per un piacevole caso, questo interesse si rafforzò, legato alla collaborazione di mio padre con delle società italiane. Dopo la maturità, vedendo le possibilità lavorative di mio padre con l’Italia avevo una mezza idea di scegliere l’italianistica ma, in realtà, è stata mia madre a incoraggiarmi.

Quali sono i tuoi punti di riferimento per quanto riguarda i tuoi studi in Tunisia e in Italia?

I miei punti di riferimento sono, per la Tunisia, la mia Facoltà e dico “mia” perché ho studiato alla Facoltà di Lettere della Manouba e ora ci lavoro. Per l’Italia, sono principalmente l’Università di Pavia dove ho conseguito un master e un dottorato, ma anche altre università, come La Sapienza di Roma, l’Università di Cagliari e altre.

Nel tuo lavoro, ricevi appoggio dall’Italia?

Appoggio di che tipo? Se parliamo di appoggio scientifico, direi che l’unico canale efficace è l’Ambasciata d’Italia a Tunisi con la quale abbiamo buoni rapporti e che ci aiuta sia logisticamente sia economicamente, con l’acquisto di libri e il finanziamento di conferenzieri e spettacoli vari.

In Tunisia, senti che ci sia interesse per il nostro paese e la sua cultura?

In Tunisia la cultura italiana ha radici molto remote per la forte presenza nell’Otto-Novecento di una comunità italiana di operai, artigiani e, dopo, di rifugiati politici. L’Italia ha sempre suscitato in noi tunisini una simpatia e un amore particolari.

La Tunisia sta attraversando un momento difficile, in seguito all’attentato nel cuore di Tunisi. Come è stato vissuto questo attacco a una democrazia forse ancora fragile in un mondo arabo e/o mussulmano che sembra disgregarsi?

La Tunisia è l’unica speranza del mondo arabo contemporaneo, un paese che ha sempre suscitato invidie per il suo percorso laico. È, infatti, l’unico paese arabo che è riuscito a costruire in poco tempo una democrazia, delle elezioni trasparenti, una forte mobilizzazione civile da parte delle donne e un popolo istruito rispetto ad altri, nonché una nuova costituzione. La Tunisia ha sempre avuto un ruolo importante nella storia del Mediterraneo per la sua posizione strategica ma anche nevralgica. Il popolo tunisino è lottatore per istinto e riuscirà a contrastare questo momento critico.

In che cosa sbaglia l’Europa nei confronti di queste problematiche?

Nell’indifferenza e nella disinformazione. I media sbagliano a confondere le immagini della Libia, un paese in guerra civile, sostanzialmente analfabeta e armato, con quelle della Tunisia, un paese, al contrario, che lotta da solo, con delle frontiere minacciate su due fronti, a Sud e ad Ovest.

Come si pongono gli intellettuali tunisini dinanzi a tali problemi? Quali contributi possono dare per contrastare l’avanzata degli oltranzisti?

Gli intellettuali erano militanti ai tempi delle dittature e ora lo sono contro l’oscurantismo. Cercano di sensibilizzare i giovani e credo che il mio ruolo in quanto docente sia prima di tutto quello di inculcare agli studenti la cultura della pace e della vita, quella che mi ha dato mia madre e le mie insegnanti e non quella della morte e della distruzione.

È possibile ancora parlare di tolleranza e rispetto per le diversità culturale e religiosa in contesti dove sembra che si predichi solo l’odio? I tunisini hanno paura di tale violenza? Come si pongono nei confronti dei predicatori che parlano di un Islam dove c’è posto solo per l’intransigenza?

Certo per noi la tolleranza e il dialogo interculturale sono pietre angolari della nostra storia, il nostro modo di pensare, di parlare e di agire ne è testimone. Noi siamo punici, romani, arabi, ottomani, musulmani, ebrei, cristiani… Parliamo una lingua mista tra arabo, berbero, francese e italiano. Siamo un mosaico, come quelli che ci sono nel Museo del Bardo, che i terroristi volevano distruggere, ma non riusciranno mai a farlo né tanto meno riusciranno a disgregare la nostra unione. E l’abbiamo dimostrato scendendo in piazza l’indomani dell’attentato, andando al lavoro e a fare la spesa e a vivere come sempre. In Tunisino grazie si dice AICHEK cioè che “tu possa vivere”. Noi auguriamo la vita perché la vita è parte integrante del nosto essere.

Come è stata vissuta da te la cosiddetta “primavera araba”, che tanta speranza a portato a tutti noi?

Possono ammazzare tutte le rondini del mondo ma non impediranno alla nostra primavera di spuntare e ai nostri fiori di sbocciare. Tre giorni fa l’ho detto in un’intervista su Rai Uno, nel programma “Uno Mattina”. Noi siamo il Bardo, noi siamo Tunisi, e voi siete la nostra speranza e qui alludo al turismo. Siamo uniti da un mare e siamo le componenti fondamentali della storia. Non molleremo e non permetteremo a nessuno di distruggere il nostro patrimonio individuale e collettivo.


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L'autore

Vera Lucia de Oliveira
Vera Lucia de Oliveira
Vera Lúcia de Oliveira è professore associato di Letterature Portoghese e Brasiliana all’Università degli Studi di Perugia. Ha diversi libri di poesia e saggi e ha partecipato ad antologie poetiche in vari paesi. Scrive in portoghese e in italiano e ha ricevuto prestigiosi premi letterari sia in Italia che in Brasile. Fra i saggi, citiamo Poesia, mito e história no modernismo brasileiro, São Paulo, Editora UNESP, 2015; Storie nella storia: Le parabole di Guimarães Rosa, Lecce, Pensa Multimedia, 2006; Narrativas brasileiras contemporâneas em foco (con Eunice P. Vial) Editora da Universidade Federal de Santa Maria, 2012. Ha tradotto e curato antologie poetiche di Lêdo Ivo, Carlos Nejar e Nuno Júdice. sito: http://www.veraluciadeoliveira.it