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Sulla lettura, ovvero leggere nell’era digitale

Sul muro di Palazzo Passionei, all’ingresso della Fondazione Carlo Bo di Urbino figura il verso: «non omnes legi sed omnes dilexi». La frase, che tradotta letteralmente suonerebbe «non li ho letti tutti ma tutti li ho amati», è emblematica nel racchiudere il senso di una esperienza umana e professionale, che è quella dell’uomo di cultura di fronte ai processi conoscitivi della società del ’900. Se per Carlo Bo lo stile dell’intellettuale è un inesausto esercizio di lettura, centrale è, all’interno di questa esperienza, proprio il rapporto libro di carta – lettura, che per secoli ha rappresentato un legame inscindibile tanto da definire i termini di un modo di fare cultura e conoscenza, con la letteratura intesa come uno strumento privilegiato di ricerca e di verità.

Certo, il Magnifico Rettore dell’Università urbinate è figlio del suo tempo ed interpreta una concezione culturale che negli anni del boom economico e della modernità è tipica dell’intellettuale ante internet. Ma qual è il rapporto che intercorre oggi tra la società e la lettura? Qual è il ruolo del libro cartaceo con l’avvento dell’informazione digitalizzata? Com’è cambiata la lettura in una società virtuale in cui l’atto tecnologico del leggere sta rivoluzionando il modus legendi e soprattutto la trasmissione dei saperi?

Per rispondere facciamo un passo indietro. Nel Trattatello in laude di Dante, Boccaccio racconta che a Siena, nella bottega di uno speziale, l’autore della Commedia scorse casualmente un libro che non era ancora riuscito a leggere. Boccaccio rimase particolarmente colpito nel notare la concentrazione di Dante dedito alla lettura, mentre, fuori, in città, tutti erano intenti alla festa: «Mai non fu alcuno che muovere quindi li vedesse, né alcuna volta levare gli occhi dal libro: anzi, postovisi quasi ad ora di nona, prima fu passato vespro, e tutto l’ebbe veduto e quasi sommariamente compreso, che egli da ciò si levasse». L’aneddoto cristallizza l’immagine di un uomo colto, rapito totalmente dalla lettura, attento a non staccare gli occhi dal libro, intento soltanto al piacere del leggere. Non è un caso che l’iconografia tradizionale del padre della lingua e della letteratura italiana successiva ci presenti il poeta in atteggiamento fiero e intellettuale, con il classico vestito rosso e il naso aquilino, ma quasi sempre con in mano un libro, a testimoniare l’alto valore simbolico che i libri, i codices avessero fin da allora, come strumenti centrali di conoscenza e di cultura. Niccolò Machiavelli, nella lettera all’amico Francesco Vettori del 1513, scriveva: «Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in loro».

Dante e Machiavelli testimoniano spontaneamente quanto Italo Calvino nel 1979 aveva bisogno di ribadire con forza nella nuova società moderna e dei consumi: «Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito agli altri: “No, non voglio vedere la televisione!” Alza la voce, se no non ti sentono: “Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!”Forse non ti hanno sentito con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: “Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» (I.Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Torino, Einaudi, 1979). Gli esempi citati sottolineano tutti il potere attrattivo della lettura che necessita di concentrazione e di spazi propri, non soggetto pertanto a distrazioni e dispersioni. Strumento centrale è il libro. Non è questa la sede per ripercorrere i cambiamenti intercorsi in passato nella storia della lettura con il passaggio dall’oralità alle prime forme di scrittura letteraria, con l’evoluzione dei supporti scrittori dal papiro alla tavoletta, dai codices ai primi testi a stampa, dall’editoria di consumo della società di massa a quella su scala globale, a quella digitale.

Ma è chiaro che la società virtuale ci ha abituato a un nuovo tipo di lettura, spesso frettolosa, apparentemente d’immediata ricezione, straripante di informazioni ma di difficile acquisizione se non veicolata da un consapevole codice interpretativo. Sono in molti a sostenere come l’immediatezza comunicativa odierna sottragga tempo al ragionamento, e si sa che senza gli aspetti profondi e cumulativi della lettura, è impossibile attivare il pensiero critico.

È indubbio che ogni società abbia il suo lettore, e ogni cambiamento implichi una mutazione nel modo di leggere, e degli strumenti per farlo. Tablets, laptop, e-readers, e ancora desktops, smartphones, sono tutti devices elettronici che oggi ridimensionano per il lettore la dialettica tra libro e testo. È quanto sostiene Maryanne Wolf nel suo Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale (Milano, Vita e pensiero, 2018). La Wolf rileva brillantemente come in una società virtuale, cambiano i meccanismi di ricezione della parola scritta e l’interazione con il suo contenuto. Ai tempi di Dante e Machiavelli, come fa notare Oliviero Ponte di Pino in un interessante articolo (Perdersi tra le righe, Pretext, ottobre 2019) i codici consentivano un dialogo con i loro autori. Oggi siamo subissati dai testi, soprattutto digitali, e non è sempre facile mantenere la concentrazione. Lo skipping (salto di parti del testo) e il browsing (scorrimento veloce), sostiene la Wolf, modificano le modalità di lettura, soprattutto perché su schermi e microschermi manca la visuale completa del fondo pagina e si perde la fisicità della leggere. L’informazione parcellizzata non si organizza in un unico flusso narrativo, con il risultato della distrazione facile, dell’informazione acquisita superficialmente e slegata da un coerente sistema di pensiero.

D’altronde, le innovazioni nella trasmissione dei saperi hanno da sempre avuto delle ripercussioni sulle modalità di relazione all’interno di nuovi parametri valoriali e di riferimento. Lo sapeva bene il Platone del Fedro, ancor più lo aveva intuito Umberto Eco, quando scriveva che «il disagio verso nuove forme di cattura della memoria si è presentato in ogni tempo» (U. Eco, La bustina di Minerva, Milano, Bompiani 2000).

Rispetto al passato, la lettura con il digitale ha cambiato radicalmente il rapporto fisico lettore- libro. Ha certamente portato l’informazione ovunque, e in qualsiasi momento, in maniera agile, di facile fruizione. Ma richiede la disponibilità a leggere con attenzione. La lettura attenta infatti coinvolge i centri del linguaggio e della cognizione, sfiora le emozioni, crea un’interiorizzazione del contenuto, uno scambio reciproco di corresponsioni e corrispondenze tra l’autore e il lettore, così che l’esperienza dell’uno non è mai solo privata, ma diventa un riconoscimento, diventa condivisa. Sembra dunque ancor più valido e attuale il celebre epigramma riportato da Possidio in chiusura della sua Vita di Sant’Agostino, per sottolineare quel processo di costruzione dell’io e di conoscenza, che il lettore attento attua mantenendo la propria autonomia: «Vuoi sapere, viandante, se il poeta vive dopo la morte? Tu leggi, ed ecco io parlo: la tua voce è la mia».

 

 

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L'autore

Laura D'Angelo

Laura D’Angelo è scrittrice e poetessa. Dopo la laurea con lode in Lettere classiche e Filologia classica, consegue un Dottorato di ricerca in Studi Umanistici. Docente di materie letterarie, pubblica articoli accademici su riviste scientifiche e saggi in volumi collettanei, approfondendo lo studio della letteratura e della poesia contemporanea. Giurata in diversi Premi nazionali di poesia e narrativa, partecipa a convegni internazionali e svolge attività di critica letteraria, curando presentazioni di libri e interviste. Ha scritto per diverse testate giornalistiche ed è autrice di riviste culturali e letterarie. Tra i suoi testi scientifici: Dante o dell’umana fragilità, in «Sinestesieonline», a. X, n. 32, 2020; L’Isottèo di Gabriele D’Annunzio e la poetica della modernità, in Un’operosa stagione. Studi offerti a Gianni Oliva, Carabba, Lanciano, 2018; Gabriele D’Annunzio e le case della memoria, in Memories &Reminiscences; Ricordi, lettere, diari e memorialistica dai Rossetti al Decadentismo europeo, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Chieti-Vasto, 20-21 novembre, 2019, in «Studi medievali e moderni», a. XXIV – n. 1/2020; Music and Soul: Gabriele D’Annunzio and his Abruzzo Homeland, in Bridges Across Cultures, Proceedings, Vasto, 2017; Dante tra web e social network, in «Studi medievali e moderni», a. XXV – n. 1-2/2021; L’etica dell’acqua, in «Gradiva», International Journal of Italian Poetry, n.62/2022,  ed. Olschki, Firenze; La “Prima antologia di poeti dialettali molisani” di Emilio Ambrogio Paterno, in «Letteratura e dialetti», vol. 16, 2023; Da “Cuore” a L’appello” per una scuola dell’inclusione, in «Nuova Secondaria Ricerca», n.8, aprile 2023. Ha pubblicato inoltre il volume di prose poetiche Sua maestà di un amore (Scatole Parlanti, 2021), semifinalista al Concorso di Poesia “Paolo Prestigiacomo” e il volume Poesia dell’assenza (Il Convivio editore, 2023). Sta recentemente approfondendo lo studio della poesia e della letteratura molisana.


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