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Un mistico per il XXI secolo: Charles de Foucauld

Dopo Gesù Cristo, la persona che ammiro di più è Charles de Foucauld. Per questo motivo, quando ho scoperto alcune ore fa della sua prossima canonizzazione, ho provato una gioia profonda. Gli “Amici del deserto”, una rete di meditatori di cui io sono il fondatore e il cui patrono è Foucauld, conoscono la sua santità da molto tempo. Ma è bello e necessario che gli altri la riconoscano e che tutti ne siano al corrente. È importante mettere Charles de Foucauld in prima pagina in modo che l’umile immensità della sua eredità spirituale sia pienamente apprezzata.

Ho incontrato per la prima volta Foucauld quando avevo vent’anni. È stato grazie a un libro che ha accompagnato molte delle mie notti durante l’anno di noviziato, intitolato Beyond Things e scritto da Carlo Carretto, uno dei suoi discepoli. La sua spiritualità mi catturò sin dal primo momento, anche se, forse per la mia giovane età e per il suo troppo radicalismo, lo lasciai da parte. Ma Foucauld ha saputo aspettarmi e tornò a incontrarmi venti anni dopo, sempre in un periodo di transizione. A quel tempo, le cose andavano abbastanza male per me: diciamo che avevo avuto alcuni problemi istituzionali e che la mia situazione ecclesiastica era instabile. Il viso di Foucauld – compassionevole come non ne conosco altri – mi guardò in quei giorni da una foto, risvegliando in me i miei sentimenti più nobili. Da quel momento è iniziata la mia vera conversione, il mio secondo noviziato, che ho suggellato con la stesura di un romanzo sulla sua vita intitolato El olvido de sí (trad. ital. L’oblio di sé), oggi introvabile. Più tardi arrivò tutto il resto, e oggi sono diventato un apostolo della sua preghiera di abbandono, convinto come sono che Foucauld guiderà spiritualmente il XXI secolo, come cercherò di mostrare qui di seguito.

Foucauld è il padre del deserto contemporaneo. Basta ascoltare il nome di Charles de Foucauld perché molti lo associno all’immagine del deserto. Nessuna meraviglia: subito dopo essere stato ordinato sacerdote, all’età di 43 anni, Foucauld parte per il Sahara, dove risiederà, prima a Beni Abbès e poi a Tamanrasset, fino al suo omicidio il primo dicembre 1916, ormai più di un secolo fa. Aveva allora 57 anni, anche se a causa del suo aspetto – perché tale era il suo fisico usurato – nessuno gliene avrebbe dati meno di 75. Foucauld non andò nel deserto in cerca di solitudine – va sottolineato – ma per essere vicino ai Tuareg, che vide come il popolo più dimenticato e povero. Andò a incontrare i poveri e trovò, ancora di più, la sua stessa povertà. In quelle tribù dell’Ahaggar vide uno specchio di sé stesso. Nel paesaggio desertico che lo circondava, vide un riflesso esatto del suo deserto interiore: non ebbe alcuna esperienza mistica nella sua vita interamente consacrata alla preghiera. Ritengo che Foucauld sia il continuatore, ai nostri tempi, della spiritualità dei padri e delle madri del deserto e che, in questo senso, più che il fondatore di una famiglia religiosa, è lui a portare in Occidente la necessità di tornare nel deserto, che oggi chiamiamo silenzio e interiorità.

Foucauld e la spiritualità come ricerca. Certo, prima di raggiungere il deserto, ebbe una lunga e travagliata ricerca, il cui primo capitolo fu, probabilmente, la sua esplorazione del Marocco, dove mostrò il coraggio di cui era fatto. Curiosamente, fu la devozione dei musulmani a suscitare in Foucauld il desiderio di ritornare alla fede cristiana. Poi venne la sua iniziazione al cattolicesimo, per mano di sua cugina Maria Bondy, il suo ingresso nell’ordine dei Trappisti, prima in Francia e poi ad Akbes, in Siria, il suo decisivo pellegrinaggio in Terra Santa, dove visse in un misero tugurio lavorando come servitore e messaggero per le Clarisse e, infine, la sua avventura sahariana. Tutte queste tappe sono perfettamente documentate dallo stesso Foucauld, che era un grafomane inveterato. In effetti, le sue migliaia di lettere e le numerosissime pagine del suo diario spirituale testimoniano il suo ardente amore per la Vergine e per Gesù Cristo, che chiamava Beneamato e con il quale conversava ogni momento. Tutto ciò evidenzia come il paradigma della solitudine (un eremita … e nel Sahara!) diventi il ​​paradigma della comunicazione. Questo doppio movimento, tanto eloquente nella verticalità come nell’orizzontalità, ci mostra chi fosse veramente Foucauld.

Foucauld fu il prototipo del convertito. Perché chi ora verrà posto sugli altari, era stato nella sua aristocratica giovinezza un arrogante militare e un sofisticato viveur. Il passaggio dalla vita da attaccabrighe a quella venerabile si riflette perfettamente nei suoi lineamenti, dapprima sensuali e arroganti in seguito trasparenti e gentili. Il prestigioso premio ricevuto dalla Società Geografica Francese – la medaglia d’oro per il suo ammirevole Reconnaissance du Maroc – invece di incoraggiare la sua mondanità lo spinse verso la solitudine. Fu Henri Huvelin, un parroco parigino, che avrebbe guidato la sua conversione. Era il mese di ottobre 1886 quando questo sacerdote gli ordinò di inginocchiarsi e di confessarsi. Non era un invito, ma un ordine. Da lì iniziò tutto per Foucauld. Comprese che nei luoghi più deprivati si trova la maggioranza delle persone ed è proprio lì il luogo in cui dimora Dio. Da quel momento nacque la sua passione per gli ultimi, per essere l’ultimo. Aveva 28 anni e la sua vita svoltò definitivamente. Capire che Dio esisteva fu per lui comprendere che avrebbe dovuto donarsi totalmente a Lui.

Foucauld fu un pioniere del dialogo interreligioso. Dato che non poteva essere diversamente, tenendo conto del suo tempo e della sua sensibilità, viaggiò in Nord Africa pronto a convertire i musulmani. Ma Dio gli concesse il dono di non convertirne nemmeno uno. Fu un dono, perché grazie a questa difficoltà nella realizzazione dei suoi piani, Foucauld coltivò una intensa amicizia con i destinatari della sua missione. Come pochi nella storia della Chiesa prima o dopo di lui, Foucauld ha inteso l’amicizia come il percorso privilegiato nell’evangelizzazione. Grazie all’amicizia con il capo indigeno Moussa Ag Amastane e l’orientalista Motylinski, compì il suo più bel gesto d’amore per un popolo: l’elaborazione di un dizionario francese-Tamacheq, nonché la compilazione delle canzoni, poesie e storie del folklore tuareg. Queste opere enciclopediche, travolgenti nella loro lunghezza e rigore, rivelano il loro squisito rispetto per la cultura e la religione degli altri e, infine, la loro passione per le differenze. È emozionante sapere che il protagonista di una simile impresa linguistica e culturale fu un patriota esemplare, che fino alla fine mantenne il suo ardente fervore per la Francia.

Foucauld fu un mistico del quotidiano. Per lui ogni giorno era Nazaret. A partire dalla vita pubblica di Gesù, che già tanti cercavano di rappresentare – annunciando il Vangelo, guarendo i malati, riscattando i prigionieri, creando comunità -, ciò che interessava a Foucauld era rappresentare la sua vita di operaio a Nazaret. Vita familiare, lavoro in falegnameria, semplice esistenza in una città … Tutto questo, così anonimo, così apparentemente insignificante, lo soggiogò al punto da dedicarsi sistematicamente alle cose minime, le più ordinarie, le più ignorate. È paradossale che una simile vita, che vista da fuori può giudicarsi stravagante e avventurosa, sia stata incoraggiata dalla passione per ciò che all’occhio umano risulta semplice e insignificante. Ricordati che sei piccolo, scrisse Foucauld. Ed era convinto che in molti avrebbero potuto seguire questo insegnamento, e per questo scrisse instancabilmente numerose Regole di vita.

Foucauld fu l’icona del fallimento. Perché se è vero che scrisse molte regole monastiche o laiche, è anche vero che di seguaci non ne ebbe neanche uno. Inoltre non riuscì a convertire nemmeno un musulmano, né a liberare alcuno schiavo, nonostante si fosse proposto di farlo, inondando l’amministrazione francese con le sue richieste. Sulla base dei parametri abituali, l’esistenza di questo insolito personaggio fu un totale fallimento. Cento anni dopo essere caduto martire nel suo amato deserto algerino, siamo più di 13.000 persone nel mondo a considerarci suoi figli spirituali. Divisi in famiglie religiose, sacerdotali o laiche, sappiamo tutti quello che Foucauld avrebbe sempre desiderato essere: il fratello universale. Ora la Chiesa lo riconosce. Riconosce come percorso l’abbandonarsi nelle mani del Padre, la preghiera che Foucauld scrisse nel 1896, ignorando che un secolo dopo migliaia di uomini e donne la avrebbero recitata ogni giorno.

(traduzione di Enrico Pulsoni)

 

 

L'autore

Pablo d'Ors
Pablo d’Ors è uno scrittore, critico letterario e presbitero spagnolo. Nel 2014 ha fondato l’associazione “Amici del Deserto”, con cui condivide l’avventura della meditazione e alla quale dedica oggi la maggior parte del suo impegno. Nello stesso anno papa Francesco lo ha nominato consultore del Pontificio Consiglio della Cultura.