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Brunnenburg e la voce della poesia. Laura D’Angelo intervista Siegfried De Rachewiltz 

Siegfried Walter de Rachewiltz, nato a Merano nel 1947, ha trascorso l’infanzia a Tirolo e a Gais in Val Pusteria. Ha svolto il suo percorso formativo fra Merano, Urbino e gli Stati Uniti, conseguendo nel 1969 un Bachelor of Arts alla Rutgers University, New Jersey, e nel 1973 una Laurea in Lingue e Letterature straniere all’Università degli Studi di Urbino con una Tesi su Ezra Pound, intitolata Il Paradiso spezzato dei Cantos. Nipote del celebre poeta americano, autore dei Cantos, per parte di madre, si dedica negli anni a studi di diversa ispirazione e orientamento, che abbracciano una varietà di interessi, delineando un percorso personale e professionale ricco tanto sotto il profilo umano che accademico. Si delinea la profondità dello studioso di spessore, capace di spaziare tra più aree di influenza, e di passare con eguale interesse dalle arti alle lingue, dall’etnologia, al folklore, alle letterature comparate. Nel 1978 si diploma alla Scuola professionale di Frutticoltura e Viticoltura di Laimburg. Consegue un Ph.D. in “Letterature comparate” alla Harvard University nel 1983, discutendo una tesi dal titolo De Sirenibus: Sirens from Homer to Shakesperare. Ricopre incarichi di Teaching Fellow alla Harvard University per gli insegnamenti di Comparative Literature, Folklore and Mythology, History and Literature, e di Visiting Professor al Vassar College (New York), alla St. Andrews University (North Carolina) e alla University of Belfast; è Instructor all’Università di Urbino e presso l’University of Maine, Orono. Ha partecipato a spedizioni etnologiche nel Maghreb e ha lavorato come volontario in Marocco per conto dell’Unesco. Nel 1974 ha fondato insieme a Peter Lloyd e Franz J. Haller il Museo agricolo di Brunnenburg, anche noto come Castel Fontana. Demologo della Soprintendenza ai Beni culturali della Provincia di Bolzano dal 1980 (dove ha realizzato un inventario dei masi contadini sudtirolesi), ha tenuto lezioni su temi di folklore all’Istituto di Etnologia europea – demologia dell’Università di Innsbruck a partire dal 1984. Negli anni dal 1991 al 2012 ha diretto il Museo provinciale storico-culturale di Castel Tirolo. Nel 2002 ha conseguito la libera docenza in Etnologia europea (occupandosi di Ergologia ed Etnologia dell’alimentazione) all’Università di Innsbruck. È membro dell’Accademia Roveretana degli Agiati. Attualmente dirige il Center for International Studies a Brunnenburg. Ha all’attivo numerose pubblicazioni su folklore, ergologia, sulla storia culturale e l’iconografia dell’Alto Adige.

Brunnenburg: un posto unico, un luogo in cui sembra di sentire la voce del vento, in cui il tempo sembra essersi fermato, tessuto dai sogni di un poeta. È qui, tra queste vallate e queste mura, che Ezra Pound terminò i suoi Cantos. Cos’è Brunnenburg e cosa rappresenta per Lei? 

Brunnenburg, più che un luogo, è uno stato d’animo – o meglio – uno stato mentale. “Gods are states of mind” diceva Ezra Pound: Brunnenburg libera energie e al contempo ti pone costantemente di fronte a nuove sfide, che necessitano poi di «astuzie» ed ingegno simili a quelle che permettono ad Ulisse di ritrovare la sua Itaca. Brunnenburg è stato e continua ad essere un viaggio, durante il quale il castello/vascello ha imbarcato passeggeri da ogni angolo del mondo, tra di loro molti poeti ed artisti. Uno di loro fu Ezra Pound, che venne a bordo quando la sua zattera era ormai in frantumi e la sua Nausica non poté più salvarlo. Rimangono i frammenti, il «paradiso spezzato» dei Cantos.

Dal 1974 Brunnenburg è sede del Museo agricolo omonimo, da Lei fondato insieme a Peter Lloyd e Franz J. Haller. Come nasce l’idea di un museo agricolo e soprattutto qual è l’anima che lo pervade?

Volevamo innanzitutto salvare parole, i nomi ed il sapere sugli attrezzi del mondo contadino che man mano scivolavano nell’oblio, perché la meccanizzazione dell’agricoltura le rendeva obsolete. Le parole raccolte da voci antiche in masi sperduti portarono con sé le cose – le mots et les choses – e ci posero di fronte alla sfida di dar loro una voce così che potessero raccontare le loro storie. E così nacque il museo, un museo di parole perdute. Il filo conduttore è la «metis», l’ingegno e la destrezza con la quale i contadini di queste valli riuscirono a superare i mille ostacoli della vita sui ripidi pendii.

La nostra società si caratterizza per la fretta, la produzione, il consumismo di valori ed emozioni. Crede che un museo che insegni o ricordi al visitatore il legame insito tra l’uomo e la terra, tra una dimensione della lentezza, del rispetto dei tempi umani e biologici, della bellezza nella precarietà della vita, possa avere una sua validità nel processo di autentificazione dell’io? Può essere un valore aggiunto in un’ottica di riflessione sull’ecosostenibilità?

Credo che per definizione un museo sia un luogo dove il tempo va al «rallentatore» o comunque un luogo dove regna una altra «qualità» di tempo. Un luogo senza orologi, con porte che si aprono su altre dimensioni temporali. Ormai è chiaro che se vogliamo salvare questo nostro pianeta, bisogna imparare l’arte – ormai quasi dimenticata – del «frenare», in modo da rallentare questa folle rincorsa di una «crescita» senza limiti e senza rispetto per la natura, senza la quale siamo solo un uovo senza guscio. I contadini di montagna sapevano che per portare a valle una slitta carica di fieno o di letame la cosa più fondamentale era saper frenare e sterzare al momento giusto. Stiamo parlando del «master thyself, then others shall thee beare» del Canto LXXXI.

Oltre al museo agricolo, Castel Fontana ospita un Centro Studi internazionale e il memoriale del poeta Ezra Pound.

Da oltre mezzo secolo poeti, artisti, musicisti e giovani in cerca di un’educazione hanno scelto Brunnenburg come meta del loro viaggio o del loro pellegrinaggio; alcuni sono rimasti a lungo, hanno scritto o tradotto opere importanti, alcuni hanno lasciato qui opere d’arte, altri solo la loro firma nel libro dei visitatori. Centinaia di studenti hanno seguito qui corsi su Pound ed i suoi contemporanei, sulla storia dell’agricoltura, i suoi miti ed i suoi santi, su sostenibilità ed etica e su come lavorare la vigna ed apprezzare un vino di qualità.
Per molti di loro è stata l’esperienza di una vita. E molti di loro hanno capito che quando Pound sferza «l’Usura», egli si sta scagliando contro il consumismo sfrenato, il dominio di un sistema finanziario fine a se stesso, contro «il mercato» come unica linea guida per la «tribù umana»…

Ezra Pound scrive: “I have tried to write Paradise / Do not move, /Let the wind speak / That is Paradise / Let the Gods forgive what / I have made / May those / I have loved try to forgive / what I have made”.  Secoli raccolti in un simbolo. La storia dell’uomo in un verso.  Crede che visitare Brunnenburg, possa restituire molto alla memoria più vera di Pound?

«Learn of the green world what can be thy place in scaled invention or true artistry». C’è una trama verde che conduce da Emerson e Thoreau ai Cantos, dove le epifanie, i momenti di estasi sono sempre legati ad un «matrimonio», un “hieros gamos” con la natura. Man mano che ci avviciniamo al paradiso – seppur spezzato- dei Cantos sono le farfalle, le impronte di una lucertola, gli uccelli ed infine il vento a fungere da guida.
«A little light, like a rushlight, to lead back to splendour». Brunnenburg é forse come la mitica Wagadu, la cittá perduta e ritrovata che si mostra solo a chi la porta nel cuore.  

laura.dangelo86@gmail.com

 

 

 

L'autore

Laura D'Angelo

Laura D’Angelo è scrittrice e poetessa. Dopo la laurea con lode in Lettere classiche e Filologia classica, consegue un Dottorato di ricerca in Studi Umanistici. Docente di materie letterarie, pubblica articoli accademici su riviste scientifiche e saggi in volumi collettanei, approfondendo lo studio della letteratura e della poesia contemporanea. Giurata in diversi Premi nazionali di poesia e narrativa, partecipa a convegni internazionali e svolge attività di critica letteraria, curando presentazioni di libri e interviste. Ha scritto per diverse testate giornalistiche ed è autrice di riviste culturali e letterarie. Tra i suoi testi scientifici: Dante o dell’umana fragilità, in «Sinestesieonline», a. X, n. 32, 2020; L’Isottèo di Gabriele D’Annunzio e la poetica della modernità, in Un’operosa stagione. Studi offerti a Gianni Oliva, Carabba, Lanciano, 2018; Gabriele D’Annunzio e le case della memoria, in Memories &Reminiscences; Ricordi, lettere, diari e memorialistica dai Rossetti al Decadentismo europeo, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Chieti-Vasto, 20-21 novembre, 2019, in «Studi medievali e moderni», a. XXIV – n. 1/2020; Music and Soul: Gabriele D’Annunzio and his Abruzzo Homeland, in Bridges Across Cultures, Proceedings, Vasto, 2017; Dante tra web e social network, in «Studi medievali e moderni», a. XXV – n. 1-2/2021; L’etica dell’acqua, in «Gradiva», International Journal of Italian Poetry, n.62/2022,  ed. Olschki, Firenze; La “Prima antologia di poeti dialettali molisani” di Emilio Ambrogio Paterno, in «Letteratura e dialetti», vol. 16, 2023; Da “Cuore” a L’appello” per una scuola dell’inclusione, in «Nuova Secondaria Ricerca», n.8, aprile 2023. Ha pubblicato inoltre il volume di prose poetiche Sua maestà di un amore (Scatole Parlanti, 2021), semifinalista al Concorso di Poesia “Paolo Prestigiacomo” e il volume Poesia dell’assenza (Il Convivio editore, 2023). Sta recentemente approfondendo lo studio della poesia e della letteratura molisana.