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Ritrovamenti tassiani. Anna Raimo intervista Diego Perotti

Diego Perotti, classe 1990, si è laureato presso l’Università degli Studi di Verona in Lingue e Culture per l’Editoria e Lingustics. Attualmente è dottorando in Filologia, Letteratura e Scienze dello Spettacolo presso l’Università di Verona e in Études Italiennes presso l’Université Sorbonne Nouvelle (Paris 3). Membro del Centro Scaligero degli Studi Danteschi, e dell’editorial board del Tasso in Music project. Perotti è autore di numerosi saggi apparsi su importanti riviste di filologia, letteratura italiana e textual studies angloamericani.

Dottor Perotti, le faccio innanzitutto i complimenti per questo suo libro, di cui parleremo oggi. Per iniziare sono estremamente curiosa di sapere come ha ritrovato il codice II/3281, conservato presso la Biblioteca di Madrid?

L’autografo è stato ritrovato grazie a una bella opportunità offertami dall’Università di Verona, consistente in un breve soggiorno all’estero per svolgere attività di ricerca durante la laurea magistrale (Short Term Mobility); in quel periodo (2017) iniziavo a pensare al lavoro di tesi e il mio relatore – il professor Michelangelo Zaccarello -, conoscendo la mia passione per biblioteche e archivi “poco battuti” mi indirizzò verso la Spagna, nello specifico Madrid. Così mi ritrovai nella Biblioteca Real a consultare la sezione “italiana” del loro catalogo e subito mi imbattei nel codice II/3281, che era descritto in questi termini: «Lettere e versi / di Torquato Tasso di suo proprio carattere». Incuriosito, chiesi di poterlo visionare.

Immagino sia stato necessario chiedere permessi speciali per la consultazione di questo prezioso codice; per chi non è dell’ambiente, può raccontarci cosa si prova a sfogliare una testimonianza di così grande valore?

Sì, il codice lo vidi solo alla fine del mio soggiorno madrileno dopo averne fatto richiesta, ma mi fu possibile lavorare fin da subito sulla riproduzione digitale. Con molta cautela iniziai dunque a valutarne l’autografia – nel caso di Tasso le falsificazioni sono un’insidia costante – e mi resi conto che, proprio come diceva la breve descrizione del catalogo, si trattava della sua mano. Ovviamente l’emozione fu grande e, sebbene non avessi notizie di autografi tassiani a Madrid, mi adoperai per verificare l’esistenza di eventuali studi che ne dessero notizia; una volta appreso che si trattava di una testimonianza inedita realizzai il valore della scoperta.

Che valore ha questo ritrovamento per gli studi su Torquato Tasso?

Innanzitutto, l’autografo madrileno è un oggetto unico perché testimonia il rapporto artistico fra due dei più importanti interpreti del nostro Rinascimento, Torquato Tasso appunto e il musicista Carlo Gesualdo. Sul versante degli studi tassiani, il codice permette di sciogliere ogni dubbio circa la lezione originale dei madrigali, che fino a oggi si potevano leggere solo grazie a una stampa ottocentesca (Pisa: Capurro 1832). Inoltre, le lettere e i testi che Tasso spedì a Gesualdo – poi riunite dallo storiografo capuano Francesco Daniele nel ms. II/3281 della Biblioteca Real – sono un raro caso di belle copie tassiane, giacché è noto come egli lavorasse molto sui suoi scartafacci, sottoponendoli a tormentate fasi elaborative; ecco, il codice madrileno al contrario mostra come l’importante committente – Carlo Gesualdo era il secondogenito della nobile casata napoletana – costrinse Tasso a lavorare a parte per poi produrre dei testi in bella copia, sui quali tuttavia non rinunciò a inserire delle varianti, anche se solo nei margini e sempre ben leggibili.

Francesco Daniele, che lei presenta brevemente nell’introduzione del suo libro, sembra essere una figura di primo piano nel panorama culturale napoletano; potrebbe darci qualche altro dettaglio sulla sua formazione e sul suo operato alla corte napoletana?

Francesco Daniele si formò inizialmente al magistero del latinista Marco Mondo da Capodrise, per poi trasferirsi a Napoli dove ebbe l’opportunità di frequentare i circoli accademici della città e farsi apprezzare per le sue doti di studioso dall’ambiente culturale e politico partenopeo. Grazie a questa rete di contatti Daniele ottenne la carica di direttore della Stamperia Reale, la quale gli permise di recuperare i fogli volanti delle lettere autografe da una biblioteca napoletana dismessa e farli confluire nel codice composito di pagine a stampa e carte manoscritte oggi custodito a Madrid, mandato in dono all’allora re di Spagna Giuseppe Bonaparte in occasione della sua ascesa al trono (1808). Ma l’importanza di Daniele non si limitò a questo: infatti, poco prima di spedirlo al monarca ne procurò una copia da inviare all’abate Pierantonio Serassi, che in quegli anni stava lavorando alla sua edizione della Vita di Torquato Tasso (Roma: Pagliarini 1785) e si era rivolto allo storiografo capuano proprio per avere notizie riguardo i madrigali tassiani composti per Gesualdo. Grazie ai dati raccolti da Daniele e da Serassi possiamo oggi ricostruire le vicende della diffusione dei testi in Italia fino alla riscoperta dell’autografo.

Sempre nell’introduzione del suo lavoro, lei riferisce che Carlo Gesualdo musicò un solo madrigale di Tasso: Se così dolce è il duolo. Presumo sia impossibile spiegare perché il nobile scelse proprio questo madrigale, ma forse si possono formulare delle ipotesi: il madrigale è particolarmente interessante, e tratta tematiche care a Gesualdo o alla corte papale?

La scarsa collaborazione fra Tasso e Gesualdo è da sempre un argomento di interesse per i musicologi, molto meno per i filologi e i critici letterari. Recentemente ho avuto l’opportunità di discuterne durante un bel convegno organizzato dal professor Emiliano Ricciardi (University of Massachussets Amherst), che riuniva molti studiosi di Tasso, in particolar modo musicologi che lavorano alle intonazioni dei suoi testi (Tasso in Music Project); confrontandomi con loro una delle ipotesi più probabili è che la complessità metrica e linguistica dei componimenti tassiani impedirono a un musicista come Gesualdo, abituato a rielaborare molto i testi poetici per adattarli alla sua musica, di intervenire senza corposi rifacimenti; non a caso durante la sua carriera egli si servì piuttosto di madrigali scritti da autori anonimi o poco noti, potendoli così modificare a suo piacimento. Un altro dato interessante al riguardo viene dall’analisi della corrispondenza epistolare fra i due, che rivela come Gesualdo commissionasse a Tasso i madrigali per materia; inoltre, da alcune risposte del poeta possiamo immaginare l’insoddisfazione del musicista, per la quale Tasso si scusò ripetutamente, promettendo di provare a trasmutarsi «in nuove forme. com’è conven(en)te al poeta il quale per opin(io)ne d’Arist(oti)le o deve esser divino, o di pieghevole ingegno.»: un tentativo quindi di compiacere il suo importante committente.

Lei riferisce che per Torquato Tasso lo stile polifonico dei musicisti andava a scapito della comprensione del testo, teorizzando la posizione ancillare della poesia rispetto alla musica. Può riassumerci brevemente le tematiche principali trattare in questi madrigali? Quanto è presente poi la tematica amorosa?

Certamente, i temi sono quelli propri del genere lirico: amore, bellezza, natura. Proprio nell’ultima delle quattro lettere – 16 dicembre 1592 – Torquato si scusa per l’incapacità di soddisfare Gesualdo nei testi, accennando ai «soggetti» commissionatigli: «bench’io non habbia saputo sodisfarla ne’ componim(en)ti: de’ cinque madrigali ch’io le mando, i primi, che sono à punto in quel soggetto, ch’ella desidera non hanno cosa alcuna d’esquisita». Del resto, la silloge è caratterizzata da temi sviluppati per blocchi di testi susseguenti e all’interno di queste serie le scelte lessicali e l’aggettivazione sono ricorrenti: a quanto pare Tasso componeva le liriche se non proprio in maniera consecutiva, quantomeno ideandole per nuclei tematici in cui gli stilemi adottati sono ripresi di testo in testo. Per fare solo alcuni esempi: a c. 7r si tratta il «labirinto d’amore» (cc. 7r-8r): Il mio vago pensiero; feci dei miei desiri; Il mio dubbio pensiero; pregio dei miei desiri; O miei vaghi pensieri; continua la tematica incentrata sul binomio dolcezza/dolore (cc. 8r-8v): Si dolce è il mio dolore; chi brama esser felice; Dolcissimo dolore; Se così dolce è il duolo; Gia mi dolsi, hor mi godo; per finire una serie di madrigali legati a tematiche amorose e naturali (cc. 9r-10v): Arco è la stanca mente; Impiombate saette; Se la pietà si niega; Tacciono i boschi, e i fiumi; Ne l’aria i vaghi spirti; È lieta primavera; Luce appare il mio Sole; Ardo al vostro apparire; Etna d’Amor son io. Oltretutto, alcune concordanze testuali suggeriscono una reciproca influenza fra i testi, come ad esempio: L’alma vostra beltate a c. 6v., il cui incipit coincide con il secondo verso di E, pura e santa luce (L’alma vostra beltà, ch’in fiori, e ’n ombra).

Lei fa giustamente notare che nei madrigali tassiani vi è la personificazione dei fenomeni naturali, tematica ricorrente nell’opera dell’autore sorrentino; nella produzione madrigalista vi sono quindi delle particolarità rispetto al resto del corpus?

Una particolarità fra tutte è la presenza dell’unico madrigale di quattro versi presente nell’intero repertorio tassiano, che si intitola Chi brama esser felice; questo testo ci fa comprendere l’importanza del recupero di una testimonianza autografa al fine della costituzione del testo, poiché a causa di un errore di trascrizione commesso dallo stesso Daniele, a partire dalle stampe ottocentesche il madrigale si trovava unito a quello precedente, Sì dolce è il mio dolore, un errore dovuto all’esiguo spazio interlineare fra i due componimenti nel codice; per lo stesso motivo si è potuto recuperare un altro madrigale tassiano, Tu che mi cerchi invano, che prima si trovava unito a Già la bellezza io fui, per un totale di ben quattro “inediti” tassiani oggi restaurati nella loro lezione originale. Per quanto riguarda lo stile, in generale la silloge a Gesualdo si contraddistingue per la costante del primo verso irrelato, con l’endecasillabo impiegato in funzione di clausola a segnalare i confini tra le strutture metriche interne (distici, terzine e quartine), in modo che il passaggio dall’una all’altra sia scandito dall’alternanza col settenario. Questa demarcazione rispetta sempre le unità logico-sintattiche del discorso poetico, che quindi non travalicano mai i confini versali delle strutture metriche interne anche in caso di enjambement (vale a dire, ad esempio, che se un periodo inizia all’interno di un distico non si concluderà mai nella terzina successiva). Altro tratto tipico del Tasso madrigalista nella silloge a Gesualdo è, come lei giustamente sottolinea, la personificazione dei fenomeni naturali: ride la terra, i pensieri corrono, i boschi e i fiumi tacciono, la primavera è lieta. Le personificazioni vengono rafforzate tramite l’utilizzo di similitudini rese nelle forme avverbio + termine di paragone (come in vago christallo accesa luce) o tramite apposizione verbale (Hor sembra luna, hor sole; paion l’herbe smeraldi, e gemme i fiori); alla similitudine si aggiunge la metafora, per l’uso della quale è paradigmatico Etna d’amor son io, un testo bipartito tramite l’antitesi fiamma/gelo – ghiaccio/ardore (vv. 1-5; 6-10) e caratterizzato da una fonetica complessa ottenuta tramite la compresenza di rime al mezzo e rime ricche.

Quali particolarità emergono sul piano lessicale e sintattico?

Dal punto di vista lessicale, i testi sono caratterizzati da troncamenti verbali (lamentar, mover, mormorar) e dagli schemi verbali sostantivo + aggettivo qualificativo e viceversa (il secondo tipo più propriamente letterario: vezzosetti augelli, vaghi amori; ma appunto anche alme vaghe ecc.): questi ultimi, continuamente ripresi e rielaborati, costituiscono un formulario poetico costante. Infine, sul fronte della sintassi si alternano costruzioni tipicamente paratattiche ad altre polisindetiche: l’effetto è quello di concatenare gli avvenimenti e le immagini poetiche di cui si è detto tramite l’impiego di congiunzioni (lo stesso accade, in altri testi, anche per mezzo di interiezioni: Hor + indicativo presente), in modo tale che passato e futuro vengono esclusi dal madrigale, totalmente immerso nel momento presente, tratto peculiare del genere poetico nella sua veste tardo cinquecentesca.

La scrittura di Tasso “è caratterizzata da forme etimologiche di ampia diffusione tra Cinque e Seicento, residui della grafia umanistica privi di valore fonetico” (p. 47); si evidenzia quindi un atteggiamento classicheggiante da parte sua, potrebbe spiegare questa scelta stilistica?

Sì, Tasso era uno scrittore con una formazione classica, conoscitore della lingua greca come di quella latina. Dal momento che l’interesse per una testimonianza autografa riguarda sia gli aspetti sostanziali che quelli accidentali del testo, questi ultimi sono stati trattati con atteggiamento conservativo, tanto più se si considera che si è di fronte a una bella copia: non dunque un manoscritto destinato alla tipografia per il quale si potrebbe legittimamente sospettare un atteggiamento normalizzante da parte dell’autore, bensì un prezioso documento delle abitudini scrittorie tassiane. Pertanto, si è mantenuta l’h etimologica e pseudoetimologica in parole come anchora, christalli, honeste, humile, herbe, nelle forme del verbo avere, nei casi di contenuto etimologico rilevante (onomastica e toponimi di matrice mitologica o biblica), nella forma verbale have (pragmatismo volto a distinguere da ave saluto) e via dicendo. Sono stati conservati, per la stessa ragione, i nessi intervocalici –ti nei latinismi (gratie, otio, ecc.), così come quelli consonantici da –x latina intervocalica (essempio).

Tra i madrigali che ha analizzato, quale ritiene sia il più significativo e per quale motivo?

Uno dei madrigali che mi ha colpito fin da subito per la sua bellezza è senz’altro Tacciono i Boschi, e i fiumi, nel quale Tasso dà prova della sua profonda sensibilità poetica: la scena è inserita in un contesto naturale idillico fatto di boschi, fiumi e un mare calmo, in cui il silenzio notturno è rotto solo dal frusciare del vento che trova “riparo” in qualche grotta, mentre su questo sfondo due amanti, di nascosto e senza parlarsi, si baciano al chiaro di luna. Come si può notare dall’immagine, il testo contiene una delle varianti alternative trascritte da Tasso nel margine destro: v.9: Sian muti i baci, e muti i miei sospiri; var. al. Sian muti i baci ardenti e i miei desiri.

Su cosa sta lavorando attualmente e quali sono le sue prospettive future?

Ora sto concludendo il mio dottorato di ricerca presso l’Università di Verona e l’Université Sorbonne Nouvelle di Parigi, durante il quale ho lavorato all’edizione critica di una tragedia molto importante per la nostra letteratura, la Swphwnisba di Gian Giorgio Trissino (dunque sempre XVI secolo ma tradizione testuale a stampa e genere letterario diverso dalle Rime tassiane). Al futuro ci ho pensato poco, certo spererei di poter continuare a lavorare sull’edizione di testi classici della nostra letteratura, con un occhio di riguardo per la ricerca d’archivio, che di tanto in tanto può riservare piacevoli scoperte.

anna.raimo@live.it

 

L'autore

Anna Raimo
Anna Raimo è nata a Pisa il 25 dicembre 1995. Laureata magistrale con il massimo dei voti in Linguistica e didattica dell’italiano nel contesto internazionale presso l’Università degli Studi di Salerno e l’Universität des Saarlandes di Saarbrücken, ha in seguito conseguito un Master di II Livello in Didattica dell’Italiano L2 presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. I suoi interessi di ricerca spaziano dalla linguistica e didattica della lingua italiana alla storia, letteratura e poesia contemporanea. Si è infatti occupata dell’italiano dei semicolti nella sua tesi di Laurea Magistrale e ha recentemente pubblicato un articolo su una particolare varietà della lingua italiana: "L’e-taliano: uno scritto digitato semifuturista?", in (a cura di S. Lubello), Homo scribens 2.0: scritture ibride della modernità, Franco Cesati Editore, Firenze 2019, pp. 159-164. Tra i suoi autori preferiti vi sono Mario Vargas Llosa, Jung Chang, Philip Roth, Azar Nafisi, Orhan Pamuk, Anna Achmatova, Rainer Maria Rilke, Federico García Lorca, Alda Merini, Bertolt Brecht e Wisława Szymborska. Le sue passioni sono la lettura, la scrittura di poesie e i viaggi, soprattutto in Germania, paese di cui adora la storia, la cultura, l’arte e i magnifici castelli.