TRA I LIBRI DI BRERA, ITINERARI VERSO ORIENTE E VERSO L’IDENTITÀ D’EUROPA

Manoscritti, libri antichi e manufatti preziosi documentano i viaggi dei pellegrini verso la Terra Santa. Ma la meta è anche la riscoperta delle nostre radici culturali.

Quando si parla di radici culturali dell’Europa s’accende spesso un dibattito sulla tradizione cristiana del continente: non vuole essere questa la sede del confronto, ma di una testimonianza. È aperta da pochi giorni alla Biblioteca Nazionale di Brera (e lo rimarrà fino al 23 dicembre) una mostra sugli Itinera ad Loca Sancta che si inserisce nelle celebrazioni per gli ottocento anni di presenza francescana in Terra Santa e si avvale del patrocinio delle amministrazioni locali, della Custodia di Terra Santa di Gerusalemme, dell’Università Cattolica di Milano e Brescia e del suo Centro di Ricerca Europeo Libro Editoria Biblioteca, della Fondazione Terra Santa e di Edizioni Terra Santa, oltre che delle istituzioni braidensi.

Nella Sala Maria Teresa sono esposti manoscritti, antichi libri a stampa e oggetti di grande pregio relativi ai pellegrinaggi nella terra di Gesù (gli itinera appunto) che testimoniano in modo unico gli scambi culturali fra due mondi che si affacciano sul Mediterraneo, il nostro e il Vicino Oriente. Il materiale librario, prodotto in ambiente europeo tra XV e XVII secolo, proviene anche da collezioni private e altre istituzioni e trova un’eco evidente, per esempio, nel patrimonio di pari valore custodito presso la Biblioteca di San Salvatore a Gerusalemme. Gran parte di quest’ultimi documenti sono stati studiati col tempo da Alessandro Tedesco che ha pubblicato proprio quest’anno il volume Itinera ad Loca Sancta per i tipi di ETS (si veda www.edizioniterrasanta.it/etx/showPage.jsp?wi_number=35265).

Il paradigma di tutti i pellegrinaggi verso la Terra Santa è il viaggio dei Magi dall’Oriente che vanno ad adorare il Bambino: come è noto, l’episodio evangelico è felicemente legato alla città di Milano, poiché la tradizione vuole che in Sant’Eustorgio siano conservate proprio le reliquie di questi Re. Poi, sin dai primi secoli dell’era cristiana (e certamente dopo l’“invenzione della Croce” da parte di Sant’Elena) la pratica conobbe un notevole impulso. Ma che senso ha davvero intraprendere un pellegrinaggio? Significava (e ancora significa) lasciare lo spazio feriale per andare oltre (anche fisicamente) e in quest’oltre fare memoria della vita del Salvatore. In un certo qual modo riscoprire attraverso la propria fatica, la Sua passione, morte e risurrezione, consapevoli della eccezionalità della Sua umanità, che è sorprendentemente unita alla Sua divinità. Proprio per questo il pellegrinaggio è anche “figlio dello stupore” e non conosce limiti: è un gesto personale, ma pure comunitario, della Chiesa che vive nella storia come il suo Maestro, che l’attraversa e che, almeno in questo, cammina unita: infatti, abbiamo testimonianza di questa pratica (declinata ovviamente in modo sempre diverso) presso tutte le confessioni cristiane. A tal proposito, nella mostra sono esposti tanto il Libro d’Oltremare del francescano Niccolò da Poggibonsi (redazione di un viaggio effettuato tra il 1347 e il 1348) e il raro Fiore di Terra Santa di Gerolamo Castiglione (Messina, 1491), quanto la Cosmographia universale del protestante Sebastian Münster, stampato a Basilea nel 1558.

La commistione tra le culture è già qui, se si vuole, ma certo i testi legati ai pellegrini in Terra Santa rispondevano anche a esigenze diverse: oltre a essere un resoconto (che spesso indugia in caratteri avventurosi) e una guida (volta a garantire la possibilità di ripetere il viaggio fornendo percorsi, distanze e suggerimenti pratici ai futuri viandanti) essi erano anche documenti antropologici. Infatti, il viaggio consentiva il contatto con altri popoli e la possibilità di documentarsi sulle usanze, i costumi, le tradizioni, persino sulla flora e la fauna esotiche offrendo il destro ad ulteriori ricerche su questi temi una volta tornati in Europa. Spesso poi i resoconti di viaggi in Terra Santa erano inseriti all’interno di storie del Medio Oriente o storie universali come, rispettivamente, la seicentesca Historia Chronologica della Provincia di Syria e Terra santa di Gerusalemme di Giovanni da Calahorra e il celebre Liber chronicarum del 1493 di Hartmann Schedel, stampato da Anton Koberger (nell’esemplare in esposizione con illustrazioni acquerellate durante i recenti interventi di restauro).

Tra i documenti esposti a Brera si trovano anche diverse tavole con riproduzioni in pianta e in sezione delle basiliche che sorgono sui luoghi della vita di Gesù, soprattutto quella del Santo Sepolcro: è il caso del Trattato delle piante e immagini dei sacri edifici di Terra Santa di Bernardino Amico (Firenze, 1620). C’è poi tutta una produzione cartografica sciolta o, come negli esempi in vetrina, inserita nei testi dei resoconti: sono spesso fogli pieghevoli di diversa qualità con mappe di Gerusalemme in diverse epoche storiche e cartine della città ai tempi di Gesù, che consentono al lettore di rendersi conto dei luoghi dove – se non esattamente, almeno verosimilmente – accaddero le vicende della Passione (tra queste illustrazioni gli organizzatori hanno voluto inserire anche una veduta della città di Aleppo, con encomiabile scelta di questi tempi).

Un’ultima sezione della mostra è dedicata a oggetti preziosi intagliati in legno d’ulivo e madreperla, realizzati tra Cinque e Seicento dagli artigiani di Betlemme: si tratta di modelli tridimensionali in scala delle Basiliche del Santo Sepolcro e della Natività, crocette d’altare e due bassorilievi arrivati in Italia negli ultimi cento anni (il primo rappresenta la Pentecoste ed è stato donato dalla Custodia di Terra Santa a Umberto di Savoia nel 1928; l’altro è una Natività artistica donata da Yasser Arafat a Romano Prodi, presidente della Commissione Europea, come auspicio di pace all’inizio del nuovo millennio).

Libri e oggetti, quindi, figli dei pellegrinaggi – viaggi compiuti sia fisicamente che spiritualmente – che offrono una vasta panoramica dell’editoria europea dell’età moderna in un luogo principe della cultura continentale com’è il complesso braidense e documentano l’immaginario collettivo del Vicino Oriente (vicino perché non troppo lontano, se è ancora comprensibile secondo le nostre categorie culturali). È una produzione culturale che ha alimentato un po’ tutta l’Europa con punti di riferimento e valori comuni, frutto di un’esperienza di tutti gli europei (e non solo) e che, per questo, risulta una delle innegabili radici cristiane del Vecchio Continente.

Dario Romano

Il prossimo 5 dicembre presso la stessa Biblioteca di Brera si terrà il convegno “Al sancto Iherusalem. Resoconti di pellegrinaggi in Terra Santa fra Medioevo ed Età moderna”. Sarà l’occasione per approfondire le vicende storiche ed editoriali qui solo accennate grazie al contributo dei maggiori specialisti italiani sull’argomento.
Per maggiori informazioni:
http://centridiricerca.unicatt.it/creleb-2017-al-sancto-iherusalem-resoconti-di-pellegrinaggi-in-terra-santa-fra-medioevo-ed-eta-moderna.

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