L’Italiano fuori d’Italia

Carlo Pulsoni intervista Rita Marnoto

Rita Marnoto è professoressa alla Facoltà di Lettere e al Colégio das Artes dell’Università di Coimbra, presso cui insegna Letteratura Italiana, Letterature Comparate e Traduzione. Coordina la sezione di italiano, è vice direttore del Colégio das Artes e collabora con varie istituzioni internazionali. Si dedica allo studio delle relazioni fra letteratura portoghese e letteratura italiana e agli studi interarti e di traduzione. Ha tradotto Pirandello e Gianbattista Bodoni. È autore di numerose pubblicazioni e il suo ultimo libro s’intitola O petrarquismo português do «Cancioneiro Geral» a Camões (Imprensa-Nacional-Casa da Moeda, 2014).

Qual è stato il fattore che più ha inciso nella tua scelta di dedicarti alla lingua e alla letteratura italiana?

Quando ero studentessa, terminate le lezioni a fine pomeriggio, andavo alla Biblioteca d’Italiano per leggere un poeta che mi affascinava. Capivo appena appena cosa vi era scritto sulla pagina, ma il suono, il ritmo erano straordinari. Poi, man mano, che le mie conoscenze di italiano aumentavano, fui in grado di comprendere le note di un commento: fu un’altra gioia. Avevo fatto tutti i miei studi in francese, come accadeva spesso nel Portogallo del dopoguerra. Avevo cominciato a imparare la lingua a sei anni, poi avevo frequentato l’Alliance Française, e a quei tempi, alla Facoltà di Lettere dell’Università di Coimbra, seguivo una laurea in Filologia Romanza che, per quanto riguarda le lingue straniere, era l’equivalente di una laurea in francese. La lingua e la letteratura italiana erano opzionali e il programma di letteratura iniziava con lo studio del primo canto della Commedia. Fu il fattore decisivo, a cui se ne aggiunse un secondo. Il programma passava da Dante al Neorealismo, e quando domandai al mio professore cosa c’era tra Dante e il Neorealismo, lui mi rispose, «Niente di particolare». Incominciai quindi a espandere le mie letture e più leggevo più trovavo da leggere.

Qual è la situazione dell’italiano a Coimbra dove lavori e in genere in Portogallo?

All’Università di Coimbra vi è una laurea in Italiano che accoglie ogni anno una ventina di nuovi studenti. La stessa cosa avviene all’Università di Lisbona dove si ha una laurea che prevede la possibilità di un maior e di un minor in Studi Italiani. Inoltre, a Coimbra, l’Italiano è uno dei rami di specializzazione del Master in Traduzione e del Master in Letterature e Culture, e anche del Dottorato in Lingue Moderne: Letteratura, Cultura, Traduzione.

A livello di primo ciclo di studi, l’interesse che suscita è tale che la direzione della Facoltà ha dovuto istituire un numero chiuso per limitare la possibilità di frequentare i corsi in regime opzionale. Gli studenti che non sono ammessi hanno come alternativa l’iscrizione a pagamento al Centro Linguistico. Va però segnalato che da quando è in vigore il modello europeo sancito dagli accordi di Bologna, si sono discusse solamente tre tesi di Master in italiano.

Il fatto è che i giovani portoghesi sia delle scuole medie inferiori che di quelle superiori sono inequivocabilmente attirati dall’italiano. Studi e inchieste specializzate dimostrano che è la lingua che preferirebbero studiare. Tra le motivazioni addotte, due terzi di loro indicano l’arricchimento culturale. Invece, gli scopi lavorativi non hanno un’incidenza significativa rispetto alle motivazioni indicate per lo studio delle altre lingue. L’italiano non rientra però nei programmi ministeriali delle scuole medie inferiori e superiori portoghesi, che comprendono francese, inglese, spagnolo e tedesco. In effetti, la laurea in Italiano è l’unica, tra Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo e Tedesco, che non risulta completata da un Master per l’insegnamento.

Se si considera che l’Italiano è l’unica lingua, tra le lingue e le letterature straniere che hanno uno specifico corso di laurea, che non consente l’accesso a un Master per l’insegnamento (cosa che caratterizza anche il russo e il neerlandese, come materie opzionali), significa che non offre degli sbocchi lavorativi immediati, e dunque la sua sopravvivenza come titolo di laurea è un miracolo.

Quali sono le attività culturali promosse dall’Istituto di Studi Italiani di Coimbra?

Le attività culturali organizzate e promosse dell’Istituto di Studi Italiani di Coimbra sono mirate sia a coinvolgere profili diversi di pubblico, sia a intensificare una rete di collaborazioni: tutto ciò al fine di espandere la portata delle iniziative ma anche di mitigare una latente situazione di isolamento dell’italiano, anche se le risorse sono scarse o inesistenti. Sul piano dei rapporti con l’estero, sono attivi accordi con le principali università italiane e con vari enti di ricerca che inquadrano la partecipazione a programmi europei di ricerca. Sul piano dell’editoria portoghese, l’Istituto di Studi Italiani di Coimbra è impegnato nelle due iniziative specificamente dedicate all’italianistica che esistono in Portogallo, la rivista Estudos Italianos em Portugal e la collana Leonardo.
Estudos Italianos em Portugal è una rivista ormai diventata storica, edita dall’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona, il cui primo numero uscì nel 1939. L’Istituto Italiano di Cultura è stato creato a Lisbona sotto la spinta della politica culturale fascista, e la rivista nacque dal desiderio di pubblicare le conferenze tenute da intellettuali italiani e portoghesi in Istituto o nelle Università. La sua impostazione è bilingue, e per quanto riguarda le scelte metodologiche sono guidate da un approccio essenzialmente multidisciplinare e comparatista. La redazione della rivista ha sede a Coimbra.

Venendo alla collana Leonardo, i sei volumi finora pubblicati dall’Istituto di Studi Italiani della Facoltà di Lettere di Coimbra hanno un carattere di miscellanea, cercando di promuovere il dialogo luso-italiano e di sviluppare temi e aspetti dell’italianistica la cui conoscenza rigorosa e approfondita si mostra particolarmente necessaria nell’ambiente accademico portoghese. I saggi sono in genere il risultato di conferenze o seminari tenuti a Coimbra, in modo da fondere al meglio l’articolazione programmatica del discorso critico con le aspettative, i dubbi e gli interessi specifici del mondo accademico. Si integrano in questo piano di lavoro i colloqui tematici che, sotto la designazione di Encontros de Italianística, vengono regolarmente organizzati dal 2003.

La via comparatista privilegiata da queste due iniziative editoriali, che sono il risultato di un impegno collettivo di stretta collaborazione, ha alla sua base un’incidenza storico-letteraria effettuale. Infatti, i rapporti storici, politici, diplomatici, culturali, letterari e in tutti i campi artistici, dalla musica alla pittura o al design, che intercorrono tra il Portogallo e l’Italia sono caratterizzati da una dinamica estremamente feconda. Si impiantano lungo una corrente continua già in atto nel basso Medioevo, che acquista densità lungo tutto l’arco temporale del Classicismo, e continua a prosperare con il Romanticismo, il Realismo ottocentesco o l’Avanguardia futurista, attraverso un percorso che dilaga dai risvolti di Fernando Pessoa e dei suoi eteronimi fino a Antonio Tabucchi e oltre.

Ma l’iniziativa che coinvolge un pubblico più allargato è la rassegna cinematografica intitolata “8 ½ Festa del Cinema Italiano”. Promossa dall’associazione culturale Il Sorpasso, da vari anni proietta sullo schermo del Teatro Académico de Gil Vicente una selezione filmica relativa all’anno precedente, con la presenza di registri o attori. È ormai un appuntamento ineludibile della stagione culturale primaverile della città di Coimbra.

Puoi dirci qualcosa del Fondo storico d’italiano arrivato a Coimbra alla fine degli anni Venti?

Il Fondo Fascista, di grande importanza storica, è parte integrante della biblioteca d’Italiano e offre oggi abbondanti possibilità di studio in vari campi disciplinari. Il suo catalogo, accompagnato da uno studio preliminare, è stato pubblicato in un volume organizzato in collaborazione con il centro di ricerca CEIS20 (Jorge Pais de Sousa, Uma Biblioteca Fascista em Portugal, che contribuì all’attualizzazione dell’opera di riferimento di Renzo De Felice) e l’elenco dei libri presenti nel fondo si può consultare online. Illustra il ruolo eccezionale attribuito dalla politica culturale di Mussolini all’Università di Coimbra. In effetti, a Coimbra si erano formati e insegnavano grandi personalità politiche legate alla dittatura militare istaurata nel 1926 e all’Estado Novo, la cui costituzione corporativa fu imposta nel 1933 sotto la spinta proprio di un professore di Coimbra, il primo ministro António de Oliveira Salazar. Nel 1925 il governo di Mussolini propose alla Facoltà di Lettere di Coimbra la fondazione di una Sala Italiana. Pronta sin dal 1927, fu solennemente inaugurata nel 1928, ed è a tutti gli effetti l’antecedente storico del suo attuale Istituto di Studi Italiani. Le premure del governo fascista si riflettono nell’offerta di una biblioteca di 3000 volumi, che continuò a essere arricchita negli anni successivi, anche di oggetti ornamentali: le pareti della sala furono perfino rivestite in seta di damasco. Il disegno di queste pareti fu talmente forte, che nella cerimonia di apertura solenne dell’anno accademico del 1940-1941 il rettore Morais Sarmento citò la Carta della scuola di Mussolini.

Benché una circolare del gennaio del 1939 relativa agli Istituti Italiani di Cultura all’Estero sottolineasse il rischio che i legami con le accademie ostacolassero l’applicazione delle direttive politiche che presiedevano l’azione culturale, a Coimbra la storia dei rapporti luso-italiani fu un’altra. Consensi più o meno taciti sul funzionamento della Sala Italiana della Facoltà di Lettere la trasformarono in Consolato italiano e la stessa Sezione Distaccata dell’Istituto Italiano di Cultura, creata precisamente nel 1939, fu installata al suo interno. Nell’anno seguente fu trasferita in una sede autonoma, nei pressi della delegazione tedesca, ma i legami si mantennero strettissimi. Quando chiuse le porte, nel 1944, il suo archivio bibliografico passò all’Istituto di Studi Italiani della Facoltà di Lettere, rimpinguando scaffali già abbastanza forniti di materia ideologica.

Nonostante i cambiamenti sopravvenuti con la fine della guerra, i legami si mantennero. Ad esempio, Luigi Federzoni, che nel 1940, in occasione della Exposição do Mundo Português, aveva visitato l’Università di Coimbra e successivamente aveva ricoperto la carica di Presidente onorario dell’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona (1940-1943), ottenne la nazionalità portoghese e firmò un contratto con l’Università di Coimbra per l’anno accademico 1947-1948, benché non ci sia traccia della sua firma in alcun registro didattico.

Presso la biblioteca di Italiano sono conservati altri archivi bibliografici di grande interesse, come il fondo Umberto II, costituito da donazioni, di svariato genere, effettuate durante il suo esilio portoghese, o come il fondo Marchese di Faria, costituito da donazioni del diplomatico portoghese, dove spicca il libro antico, e che aspettano di essere schedate.

Si respira anche lì aria di crisi in merito all’italiano?

I rapporti storici tra l’Italia e il Portogallo hanno una densità tale che anche la crisi ha delle radici storiche. Vediamo: la rete di complicità creatasi durante il periodo fascista aveva a che vedere con obiettivi di carattere soprattutto politico, diluitisi poi in avvenimenti da facciata. Dirigenti e lettori al servizio delle lettere italiane non si distinsero per i loro interessi di ricerca o per la loro erudizione. Invece, durante questo periodo le altre lingue culture e letterature straniere insegnate alla Facoltà di Lettere si riorganizzarono, promossero i loro sistemi di docenza e formarono un solido corpo di ricercatori e docenti, articolando università, scuole medie inferiori e superiori e istituti di rappresentanza nazionale.

Dunque, è stato all’interno di questo quadro storico che gli effetti della globalizzazione neoliberale si sono fatti sentire. La letteratura italiana ha perso terreno negli scaffali delle librerie e sulle colonne di critica dei media. Parallelamente, il campo artistico, la pratica museologica e il discorso accademico di altre aeree disciplinari specializzate, tradizionalmente vincolate al sapere italiano e alle sue radici, ne hanno accusato un allontanamento sempre più depauperante. Se queste sono privazioni subite da tutte le culture straniere, la fragilità istituzionale dell’italiano è proporzionale alle scosse sofferte.

Quindi, da quest’angolatura, l’indirizzo comparatista genericamente abbracciato dagli studi sulla letteratura italiana in Portogallo è segnale di un principio di realtà che si dimostra tattico più che strategico, nel senso in cui difende questo campo di studi dall’isolamento disciplinare e istituzionale che lo minacciano.

Da un lato l’italiano merita le preferenze dei giovani delle scuole medie superiori e inferiori ed è scelto da un numero non indifferente di studenti in quanto materia di laurea; ma dall’altro non è presente nelle scuole, le iscrizioni opzionali dei corsi di laurea sono sottomesse a un numero chiuso, è escluso dal Master per l’insegnamento, non ha espressione nei Dottorati e il corpo docente universitario è in fase di estinzione per via dei tagli imposti. Ma la crisi non risiede né nell’uno né nell’altro di questi versanti: sta nella loro coesistenza.

Quali sono, a tuo avviso, le scelte che andrebbero fatte per rendere più appetibile la materia?

L’italiano è una materia abbastanza appetibile per i giovani, sarebbe desiderabile riuscire a renderlo più appetibile nel dialogo con le istituzioni. Se le sintonie tra la dittatura portoghese e il fascismo italiano non si spinsero oltre un’intesa circostanziale, in clima di democrazia i tanti e talmente variati intendimenti stabilitisi non hanno mai toccato la questione scuola.

L’incremento dell’italiano richiederebbe una base di sostegno istituzionale più ampia in modo da rendere la sua presenza e il suo sviluppo sostenibile.

Sprovvisto di fondamenta che ne consolidino la presenza all’interno del sistema pubblico dell’educazione e dell’istruzione, in modo da istituire e promuovere lo studio propedeutico della lingua e della letteratura, l’italiano è in una situazione di disparità rispetto alle altre lingue europee che sono oggetto di insegnamento nelle scuole medie inferiori e superiori portoghesi. Oltre a introdurre delle limitazioni in quel mercato di lavoro e a strangolarne la ricerca scientifica, questa situazione condiziona fortemente l’immagine dell’italiano. Questo è il punto dal quale incominciare. O, in alternativa, si può sempre leggere Dante.


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