L’Italiano fuori d’Italia

Carlo Pulsoni intervista Valentino Baldi

Valentino Baldi (1982) si è laureato a Siena e insegna letteratura italiana e teoria della letteratura presso la University of Malta. È redattore di «Allegoria», del blog «Laletteraturaenoi» e collabora con riviste di italianistica e di letterature comparate fra cui «Moderna», «Strumenti critici», «Intersezioni», «Esperienze letterarie», «Studi novecenteschi» e «Between». Ha pubblicato uno studio su Pirandello e Gadda (Reale invisibile, Marsilio, Venezia, 2010) e un lavoro sulla critica letteraria psicoanalitica (Psicoanalisi, critica e letteratura, Pacini, Pisa, 2014). Ha appena pubblicato un libro dedicato alla teoria letteraria di Francesco Orlando che si intitola Il sole e la morte (Quodlibet, Macerata, 2015). Sta curando, assieme ad Alessandra Ginzburg e Romano Luperini, un numero monografico di «Moderna» dedicato a letteratura e teoria delle emozioni.

Credo che la gran parte degli italiani conoscono Malta per ragioni legate al turismo o per via del flusso dei migranti. Eppure a giudicare dai dati di Wikipedia si potrebbe definire come una sorta di “colonia linguistica italiana” visto che l’83% della sua popolazione parla italiano. Ti chiedo pertanto di dirci se i dati forniti da Wikipedia sono reali?

Direi che il dato può essere considerato realistico se consideriamo la situazione dell’italiano a Malta fino alla fine degli anni Novanta. Io sono arrivato a Malta nel settembre 2010, quando il processo di diffusione dell’italiano era già in grande difficoltà: lo statuto della nostra lingua è molto cambiato e anche in questi cinque anni ho potuto percepire un progressivo peggioramento sia quantitativo che qualitativo. Non ho a disposizione numeri certi, però ritengo che l’83% della popolazione sia una stima troppo ottimistica.

Qual è la situazione dell’italiano nel tuo Ateneo e in genere a Malta?

Malta è molto vicina all’Italia, sia da un punto di vista geografico che culturale: la letteratura maltese moderna è stata scritta soprattutto in italiano fino alla seconda guerra mondiale. Inoltre nuova linfa è stata portata dalla televisione italiana a partire dagli anni Settanta. Le persone che appartengono a generazioni nate durante o poco dopo la seconda guerra mondiale conoscono bene l’italiano: non solo sono in grado di esprimersi nella nostra lingua, ma spesso la prediligono per la forma scritta. È ovvio che in Università, soprattutto nella mia Facoltà (la Faculty of Arts) l’italiano sia molto diffuso: per i maltesi l’italiano resta lingua di cultura, di musica e di letteratura. Purtroppo oggi l’influenza linguistica italiana si sta riducendo drasticamente a livello nazionale: la televisione italiana è molto meno seguita e i maltesi sembrano guardare di più al Regno Unito, anche se l’Italia resta un riferimento importante.

Vi sono rapporti di collaborazione tra la tua cattedra e l’Istituto Italiano di Cultura?

L’Istituto Italiano di Cultura ha sede alla Valletta, in uno dei luoghi più suggestivi della città, Piazza San Giorgio. Quando sono arrivato a Malta ho visitato quasi subito l’Istituto, anche per la piccola biblioteca che mette a disposizione del pubblico. Ho potuto constatare subito che il nostro Dipartimento e l’Istituto Italiano di Cultura hanno da sempre collaborato, riuscendo, a volte, a promuovere iniziative importanti legate alla lingua italiana, ma anche alla nostra cultura. L’Istituto offre anche una sede unica per invitare ospiti italiani e internazionali, dunque spero che questo rapporto di collaborazione continui e si solidifichi sempre di più, sopravvivendo al progressivo taglio delle risorse.

Quali sono, a tuo avviso, le motivazioni che spingono oggi uno studente a studiare l’italiano?

Questa è una domanda importante, che io stesso mi pongo molto spesso. A volte, pensando alla difficile situazione in cui si trova il nostro Paese, sembra impossibile che tanti studenti internazionali siano ancora interessati a studiare la nostra lingua. Credo che Malta costituisca un’eccezione rispetto ad altre nazioni dell’Unione Europea: la storia di Malta, come dicevo, è molto legata all’Italia. Buona parte del lessico maltese è di derivazione siciliana e molte famiglie hanno rapporti di lavoro o di amicizia in Italia. Questo permette al Dipartimento in cui lavoro, il Dipartimento di Italiano, di essere uno dei più grandi e più attivi nella Faculty of Arts della nostra Università. Pur non lavorando in un’università italiana ho la possibilità di tenere corsi che proporrei anche in Italia: i miei studenti hanno un’ottima conoscenza della lingua e questo permette di portare avanti discorsi complessi. Credo che l’italiano sia scelto dai nostri studenti soprattutto per finalità didattiche: la nostra lingua è ancora molto studiata e, nonostante una certa flessione, c’è ancora bisogno di docenti di lingua e letteratura italiana. La nostra storia letteraria è inoltre un motore inesauribile e spesso è molto più valutata fuori dall’Italia di quanto non succeda in patria.

Vi sono anche figli di emigranti o sono attratti semplicemente dalla nostra cultura?

La maggior parte dei miei studenti ha un legame familiare con l’Italia: può trattarsi di un parente prossimo, oppure di generazioni che si perdono nella storia. A Malta è frequente assistere a matrimoni “misti” fra maltesi e italiani e questo, ovviamente, crea una esposizione diretta alla lingua e alla cultura.

Quali sono gli autori italiani più letti o più richiesti nel tuo corso?

Mi occupo soprattutto di letteratura del Novecento e di teoria letteraria, dunque due nomi di scrittori spiccano su tutti: Pirandello e Montale. Per la teoria della letteratura, invece, trovo che le pagine di Giacomo Debenedetti siano molto apprezzate dagli studenti. In questi ultimi anni sto provando a far leggere alcune pagine di Francesco Orlando, Sebastiano Timpanaro e Gianfranco Contini: ovviamente con necessarie introduzioni. Però devo anche menzionare Pasolini e Fortini: ogni volta che mi capita di trattare delle loro opere in un mio corso mi accorgo che la risposta degli studenti è sorprendente.

Quanto e chi arriva invece tra gli autori contemporanei, anche in traduzione?

C’è un dipartimento di traduttologia molto buono e diretto da un nostro collega, il Professor Joseph Eynaud, che è un punto di riferimento anche per l’italianistica: gli autori italiani tradotti sono soprattutto quelli canonici. Per la vicinanza culturale e geografica credo che l’autore contemporaneo più letto e amato a Malta sia Andrea Camilleri, se si pensa che “Camilleri” è un cognome diffusissimo a Malta si capisce che qui è considerato di casa. Però ho conosciuto studenti che hanno proposto tesi su Gramellini o addirittura Marco Travaglio come giornalista e intellettuale. Un posto a parte merita Saviano, che i nostri studenti conoscono bene sia per i libri che per le trasposizioni televisive e cinematografiche di cui si occupa molto la direttrice del nostro dipartimento, la Prof.ssa Gloria Lauri-Lucente.

Suggeriresti qualche nome di autore contemporaneo che ti augureresti venisse tradotto nella lingua locale?

Credo che negli ultimi anni l’Italia stia dimostrando una grande vivacità che meriterebbe di essere diffusa. I romanzi di Siti e Moresco sono di estrema importanza e spero sempre che si possano, un giorno, leggere anche in maltese. Un altro autore che potrebbe avere un discreto seguito qui a Malta e che mi piacerebbe veder tradotto è Giorgio Vasta. Per la poesia sarebbe fondamentale che i maltesi conoscessero Buffoni e Magrelli, ma i nomi sono molti, cito i due poeti che amo di più e che leggo con più piacere oggi.

Quale periodo della letteratura italiana incontra i favori degli studenti?

Il nostro Medioevo è sempre molto apprezzato e spesso i corsi che comprendono Dante, Petrarca e Boccaccio sono frequentati anche da un pubblico più ampio rispetto a quello dei soli studenti: mi è capitato, inoltre, di ricevere diverse richieste di lezioni su Dante, nonostante non sia un dantista. Anche Alessandro Manzoni merita però una menzione particolare: il nostro Ottocento e quello maltese sono stati simili e la pubblicazione dei Promessi sposi ha generato anche a Malta un filone di romanzo storico che si è protratto fino ai primi anni del Novecento.

Cosa suggeriresti, se potessi, per rendere più accattivante i corsi?

Ho appena seguito un corso di aggiornamento didattico che si intitola Continuous Developement Programme, organizzato dalla nostra università e coordinato dal Professor John Portelli: l’ho sfruttato soprattutto per inserire materiale multimediale all’interno dei miei corsi, per iniziare (anche se molto timidamente e con grande parsimonia) ad utilizzare Power Point, a creare gruppi di discussione online. Credo che questi mezzi possano non soltanto semplificare l’accesso al materiale didattico, ma anche contribuire a coinvolgere di più gli studenti: questa mi sembra la sfida che qualsiasi docente, oggi, è chiamato ad affrontare.

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