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Sul valore culturale del cibo. Laura D’Angelo intervista Marco Giannantonio e Maurizio Mastrangelo

Il potere di attrazione che il Made in Italy esercita nei mercati esteri – come esemplificativo dell’Italian lifestyle – ha un ruolo determinante nei processi di internazionalizzazione e nella diffusione della cultura italiana nel mondo. Nel rapporto 2019 sull’industria alimentare in Italia, Federalimentare definisce essenziali per il consumatore globale quattro valori: sicurezza, salute e benessere, valore esperienziale e praticità (L’industria alimentare in Italia. Sfide, traiettorie strategiche e politiche di sviluppo. Rapporto 2019). Sul valore culturale del cibo molto si è scritto, soprattutto in questi ultimi anni: la ricerca scientifica approfondisce le dinamiche storiche, antropologiche, esperienziali, identitarie legate agli alimenti e al loro ruolo all’interno di una data società, e la politica si fa sempre più promotrice di azioni governative, al fine di porre la produzione alimentare italiana al centro di un’azione economica di livello internazionale. L’agroalimentare è infatti un patrimonio straordinario, veicolo d’eccezione nella promozione commerciale e nell’integrazione multiculturale, nonché essenziale nei processi migratori odierni e di integrazione.

Nell’ambito delle iniziative idonee a sostenere l’export nazionale e la diffusione della cultura italiana oltre i confini del bel Paese, Flavour of Italy rappresenta oggi una nuova realtà imprenditoriale. Holding del made in Italy, fondata a Dublino quindici anni fa dagli imprenditori Marco Giannantonio e Maurizio Mastrangelo, l’azienda ambasciatrice del gusto italiano in Irlanda risponde a un progetto economico di valorizzazione della cultura enogastronomica e delle tradizioni squisitamente italiane. Un progetto internazionale che nasce dalla terra, a volte dimenticata, del Molise e che approda direttamente nei campi sterminati irlandesi, a Dublino, città dalle mille innovazioni e dalle tante culture, città polimorfa e aperta alle novità, città dalle mille voci e dai tanti sapori. Protagonista appunto l’enogastronomia, la cucina, il cibo squisitamente italiano. Il cibo nel suo valore culturale, nei suoi tratti identitari, collante di una nuova relazionalità, come convivialità, genuinità, specificità, sapore della tradizione, sapore d’eccellenza. Marco Giannantonio e Maurizio Mastrangelo hanno creato un ponte tra l’Italia e l’Irlanda, e da qui tra l’Irlanda e l’Italia.

Marco Giannantonio, laureato in Giurisprudenza, è un giurista aziendale esperto in commercio internazionale, si occupa di business management, marketing e pubbliche relazioni. Maurizio Mastrangelo, laureato in Economia, è un esperto in gestione di impresa, gestione aziendale, pianificazione strategica ed amministrazione. I due soci fondatori hanno scelto di rispondere con una unica voce. 

La vostra attività ha il merito di diffondere la cultura italiana, promuovendo per il nostro Paese collaborazioni estere e rapporti di amicizia. A tal proposito, nel 2018 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per mezzo dell’Ambasciatore italiano Paolo Serpi, vi ha conferito il titolo di Cavalieri dell’Ordine della Stella d’Italia, importantissimo riconoscimento e seconda onorificenza civile dello Stato per “l’azione di grande rilievo nella promozione della cultura enogastronomica italiana in Irlanda, con particolare attenzione alle realtà meno note”. Come nasce Flavour of Italy e soprattutto vi aspettavate questo successo?

Flavour of Italy è nata inizialmente con l’obiettivo di importare e vendere i prodotti enogastronomici italiani, ma in poco tempo è cresciuta fino a divenire il fiore all’occhiello della diffusione della cultura italiana a Dublino. All’inizio non è stato facile perché erano già presenti altri operatori sul mercato e soprattutto molti prodotti locali non erano conosciuti in Irlanda. Da qui l’idea di promuovere la conoscenza dei prodotti tipici della tradizione culinaria italiana attraverso lezioni di cucina, coniugando il sapere al saper fare. Così, con l’istituzione della prima scuola di cucina italiana per clienti internazionali, la creazione di una rete di ristoranti (si chiamano Pinocchio, dal nome del noto burattino di Collodi), l’organizzazione di tour turistici in Italia, la commercializzazione di prodotti Made in Italy, la Flavour Academy è oggi una realtà completa e sempre più in via di espansione, con la promozione a tutto tondo di attività di valorizzazione e conoscenza della cultura italiana. L’obiettivo è creare un legame tra i due paesi, all’insegna della corresponsione e degli scambi reciproci. Abbiamo promosso borse di studio per studenti, collaborazioni con le Università, e ancora business international projects ruotanti attorno alla divulgazione di testi, libri e approfondimenti storico- locali. Ciò che ci onora è che la nostra iniziativa è stata contrassegnata fin dall’inizio da una forte radice culturale e storica, da un’autenticità di base che ci riporta alla famiglia, al legame affettivo con la terra e la casa. Flavour of Italy è nata prima di Eataly, di Masterchef, e la nostra diversa formazione è stata determinante nella ideazione e realizzazione del progetto. 

Il cibo è diventato il veicolo per portare l’Italia in Irlanda, e da qui creare una nuova condivisione di valori all’insegna della convivialità, della genuinità, della tradizione e della formazione culturale. Nel vostro libro Oltre il business. Persona, gruppo e comunità nell’impresa responsabile (Rubbettino, 2019), scritto assieme a Fabrizio Giorgilli, proponete una diversa concezione di “profittabilità”, una proposta di economia che nasce da una realtà d’impresa di team cooking, attenta al territorio e alla sostenibilità. Il vostro lavoro può essere uno stimolo per i giovani imprenditori nel cercare forme nuove e rispettose delle realtà territoriali?

Il libro, con la prefazione di Luca Rosini e la postfazione di Katherine Zappone, è un racconto aziendale vero e proprio, una riflessione che si esplica attraverso la letteratura organizzativa sulla gruppalità, quella sociologica sulla comunità, quella economica sull’economia civica, quella filosofica sull’etica. La nostra testimonianza è rivolta proprio ai giovani, con l’invito a sviluppare i propri sogni, a credere nel territorio e nelle risorse presenti, per rilanciarlo, per valorizzarlo, come occasione di crescita economica e culturale. La cultura oggi può creare occasioni di crescita economica e territoriale. 

Oggi si parla tanto di cucina. C’è una grande attenzione per la nutrizione salutare, per i piatti esotici, alternativi, tanto che i social e le televisioni sono subissati da programmi culinari, ricette, tutorial, rubriche a tema. Secondo voi si è persa quella dimensione intima e affettiva del fare cucina, a vantaggio della meccanicità del gesto e della spettacolarizzazione del prodotto finito, esteticamente perfetto? Quale piatto della tradizione italiana è il più gettonato nella scuola di cucina Pinocchio Italian Cookery School?

La società moderna è diventata la società del disincanto, della globalizzazione arida, senza un’anima. Per conoscere davvero, bisogna saper fare. La nostra scuola di cucina italiana è stata una rivelazione in Irlanda. Ed è emozionante vedere l’interesse e l’attenzione mostrata dai nostri clienti per la preparazione. I piatti sono quelli semplici della tradizione italiana. Si incomincia dagli ingredienti principali, per lo più umili, acqua, uova, farina, olio di oliva, e si utilizzano le mani, gli strumenti tradizionali. La pasta fatta in casa riscuote molto successo. Si utilizzano gli attrezzi tipici, la macchina per la pasta con la manovella, la macchina per la pasta alla chitarra, fino al prodotto finito. La pasta fatta in casa è la sintesi dell’amore italiano, nella sua varietà regionale e versatilità, rappresenta la tradizione, ricorda il calore del focolare, la maestria delle nonne, i sapori della nostra infanzia e della nostra cultura più squisita.

La vostra avventura è diventata protagonista del docufilm È come stare a casa, realizzato da Pippo Venditti e Luciano Barletta. Flavour of Italy ha il merito di proporre la relazione umana come centrale all’interno di un’operazione identitaria di riappropriazione e divulgazione delle origini e della tradizione, diffondendo i sapori e saperi regionali. Se il cibo è legato a paradigmi di comportamento, espressione di nuovi modi di vivere e mode (il fast food, ad esempio, è un’infrazione dichiarata alle regole della tavola), quanto conta oggi secondo voi il tema della perpetuazione della memoria?   

Il cibo è un veicolo di auto-definizione e scambio culturale. Rientrare in contatto con la dimensione culturale del cibo significa ridefinirne il piacere e diffonderne il sapere. Rinunciare a cucinare significa rinunciare a sapere cosa si sta mangiando, ma soprattutto significa mettere da parte un’abitudine che era quella dei nostri nonni, dei nostri padri, un momento di condivisione, convivialità, autenticità. La società moderna è la società del tutto e subito, dello stravolgimento spazio-temporale, della globalizzazione. La memoria è importante per definire chi siamo, per un’autenticità dei modi e delle forme di comportamento. Il recupero della ritualità è alla base del recupero emozionale e di riappropriazione di sé. La nostra è una cultura millenaria. L’urbanizzazione impone nuove forme di alimentazione, ma non può non tener conto dell’identità e della sostenibilità, della salubrità. Centrale per noi è proprio la diffusione della cultura di un mangiar sano, secondo i principi della dieta mediterranea, per favorire il benessere e la salute delle persone.

Nel giugno 2008 il Senato della Repubblica Italiana ha approvato una mozione per il riconoscimento del modello di alimentazione tipico della tradizione mediterranea come Patrimonio immateriale dell’Umanità da parte dell’Unesco, affermando che “l’alimentazione rappresenta un terreno d’incontro, di dialogo, di scambio e di sviluppo, determinante per l’importanza culturale ed economica che riveste in ogni singola Regione del mondo, nel percorso storico dell’alimentazione mondiale”. Flavour of Italy ha vinto numerosi premi e riconoscimenti in questi anni. A quali siete più legati?

In questi anni di attività, dal 2005 ad oggi, il Gruppo Flavour of Italy ha operato con successo ottenendo risultati di riguardo, abbiamo coinvolto 5.000 persone con i nostri corsi di cucina italiana;  i nostri team cooking sono stati seguiti da 6.000 persone, sono stati organizzati 30 eventi b2b, ovvero di commercio interaziendale, e fiere enogastronomiche in cui le aziende italiane hanno incontrato i buyer irlandesi, abbiamo organizzato 30 tour in tutta Italia cui hanno partecipato circa 1.000 persone. Siamo onorati dei tanti apprezzamenti e riconoscimenti. Ricordiamo il Business and Finacial Awards che ci ha visti finalisti nel 2014, come unica azienda italiana in Irlanda, tra giganti del settore internazionale. Ci onora molto l’onorificenza del Cavalierato, soprattutto per la diffusione della cultura italiana e la valorizzazione di realtà meno note.

Flavour of Italy ha prodotto il romanzo storico Figli del Toro di Nicola Mastronardi (Volturnia Edizioni, 2019), primo volume di una trilogia dedicata a Viteliù e alla storia dei Sanniti. Perché questo interesse per i sanniti e quali sono le vostre aspettative per questo progetto di valorizzazione editoriale?

L’interesse per i sanniti è dovuto alla riscoperta delle nostre radici molisane, nasce dall’interesse per questo pezzo di storia dimenticato, cancellato da Silla e dalla storia successiva. Nasce dall’incontro di anime, possiamo dire, dall’incontro con l’autore Nicola Mastronardi, e dalla condivisione di un progetto comune, ovvero promuovere un rilancio economico e culturale del territorio, attraverso la conoscenza, la memoria, l’identità storica. La trilogia legata a Viteliù, di cui Figli del Toro costituisce il primo volume, rientra in un progetto ambizioso, quello di realizzare un film sulla saga dei sanniti e sulla storia dell’Italia preromana.

laura.dangelo86@gmail.com

 

L'autore

Laura D'Angelo

Laura D’Angelo è scrittrice e poetessa. Dopo la laurea con lode in Lettere classiche e Filologia classica, consegue un Dottorato di ricerca in Studi Umanistici. Docente di materie letterarie, pubblica articoli accademici su riviste scientifiche e saggi in volumi collettanei, approfondendo lo studio della letteratura e della poesia contemporanea. Giurata in diversi Premi nazionali di poesia e narrativa, partecipa a convegni internazionali e svolge attività di critica letteraria, curando presentazioni di libri e interviste. Ha scritto per diverse testate giornalistiche ed è autrice di riviste culturali e letterarie. Tra i suoi testi scientifici: Dante o dell’umana fragilità, in «Sinestesieonline», a. X, n. 32, 2020; L’Isottèo di Gabriele D’Annunzio e la poetica della modernità, in Un’operosa stagione. Studi offerti a Gianni Oliva, Carabba, Lanciano, 2018; Gabriele D’Annunzio e le case della memoria, in Memories &Reminiscences; Ricordi, lettere, diari e memorialistica dai Rossetti al Decadentismo europeo, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Chieti-Vasto, 20-21 novembre, 2019, in «Studi medievali e moderni», a. XXIV – n. 1/2020; Music and Soul: Gabriele D’Annunzio and his Abruzzo Homeland, in Bridges Across Cultures, Proceedings, Vasto, 2017; Dante tra web e social network, in «Studi medievali e moderni», a. XXV – n. 1-2/2021; L’etica dell’acqua, in «Gradiva», International Journal of Italian Poetry, n.62/2022,  ed. Olschki, Firenze; La “Prima antologia di poeti dialettali molisani” di Emilio Ambrogio Paterno, in «Letteratura e dialetti», vol. 16, 2023; Da “Cuore” a L’appello” per una scuola dell’inclusione, in «Nuova Secondaria Ricerca», n.8, aprile 2023. Ha pubblicato inoltre il volume di prose poetiche Sua maestà di un amore (Scatole Parlanti, 2021), semifinalista al Concorso di Poesia “Paolo Prestigiacomo” e il volume Poesia dell’assenza (Il Convivio editore, 2023). Sta recentemente approfondendo lo studio della poesia e della letteratura molisana.