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Biblioteche, digitale e marketing oltre il Covid. Mario Coffa intervista Anna Busa

Senior consultant con una lunga esperienza di marketing management, si occupa di strategie di comunicazione e promozione per la Cultura, in particolare per il settore bibliotecario. Laureata in fisica, si è formata come marketer in Olivetti – Divisione Marketing Mondo, sede di Ivrea. Dopo l’esperienza Olivetti, per molti anni ha seguito come marketing manager il mercato privato. Nella seconda parte della sua esperienza professionale ha avuto l’opportunità di approfondire esperienze e competenze con una realtà aziendale specializzata nella realizzazione di Library Management Systems e di Sistemi di gestione delle collezioni museali, con i relativi servizi online per oltre 5.500 enti, pubblici e privati (biblioteche, musei, archivi, luoghi della cultura) in Italia e all’estero. Oggi, conclusa l’esperienza in azienda, una solida base di conoscenze di business management e organizzazione le fornisce adeguate competenze per l’individuazione di strategie di marketing per lo sviluppo dei servizi, product positioning e branding.
Ha tenuto relazioni in convegni di settore di rilevanza nazionale, e collabora con Istituzioni e associazioni, in particolare con AIB (Associazione Italiana Biblioteche) come docente. È professoressa a contratto presso il Dipartimento Beni Culturalisede di RavennaUniversità di Bologna. Tra le sue ultime pubblicazioni si segnalano Come fare marketing digitale in biblioteca (Editrice Bibliografica 2019) e Come facilitare l’incontro con i pubblici della biblioteca (Editrice Bibliografica 2020).

Anna, ci puoi spiegare brevemente cosa vuol dire “Digital marketing” in biblioteca?

Da qualche anno stiamo vivendo la trasformazione digitale: un insieme di modificazioni tecniche, culturali e organizzative che riguardano persone, processi e tecnologie. L’azione combinata di questi elementi ha creato le condizioni per permettere di erogare nuovi servizi e creare nuove modalità di interazione fra persone, luoghi, oggetti. In altre parole, sono cambiate (e stanno continuando a cambiare) le “condizioni al contorno”. La conseguenza è la spinta verso una nuova modalità di conversazione con i nostri pubblici (utenti abituali e potenziali nuovi utenti). Pubblici che chiedono alla biblioteca una risposta convincente e in linea con le aspettative generate dalla nostra dimensione digitale. Il digital marketing (culturale) mette a disposizione della biblioteca proprio questo: strategia, strumenti e un approccio strutturato.

Come si può fare dunque marketing in biblioteca?

Scelgo di rispondere a questa domanda citando le parole che Annamaria Anelli ha scritto nella recensione del mio libro: “occuparsi di marketing non vuol dire fare cose mirabolanti e difficili, ma iniziare a pensare a tutto quello che può fare una biblioteca con il cittadino “in mezzo”. Esatto, dico in mezzo perché mi ha stufato l’idea del cliente, dell’utente o del cittadino “al centro”. Modo di dire fuffoso e ormai inflazionato. Il cittadino in mezzo – spero che Anna mi perdoni l’intrusione – è il cittadino che hai lì e che devi sempre guardare negli occhi. Una presenza concretissima, a cui attribuire un nome, delle necessità, delle passioni. Solo così, tu biblioteca, puoi intercettare i suoi occhi, offrirgli qualcosa che gli sia utile o anche solo gli riempia qualche ora di piacevole meraviglia”.

Prima del Covid il digitale era uno strumento in mezzo a tanti altri ma oggi è diventato indispensabile e necessario. Questa presa di coscienza potrà essere quel salto che tutti ci auspicavamo? Finalmente, saremo in grado di adeguarci ad esso e alfabetizzare la società?

Lo spazio digitale è stato visto prima del Covid come uno spazio “di servizio”: wi-fi in biblioteca, postazioni attrezzate, il sito per fornire le informazioni essenziali, una presenza social perché ci sono tutti e quindi ci siamo anche noi. Considerare lo spazio digitale come un 5 spazio (insieme ai 4 spazi fisici descritti da Jochumsen, Skot-Hansen e Hvenegaard Rasmussen nell’articolo I quattro spazi, un nuovo modello di biblioteche pubbliche – 2012) significa invece considerarlo come un luogo in cui la biblioteca esercita il proprio ruolo esattamente come accade negli spazi fisici. Allo stesso livello. E questo è il “salto” che è stato in gran parte già fatto ma che deve trasformarsi da evento episodico o contingente in approccio strutturale. Facendo attenzione alla necessità di cambiare anche i nostri metri di giudizio o meglio, di introdurne di nuovi. Chiarisco meglio: l’interazione e l’empatia dell’incontro in presenza, ad esempio, non sono confrontabili agli incontri online. Questo non deve portare ad una sottovalutazione del ruolo dell’incontro online, piuttosto deve esserci la consapevolezza della diversità dello strumento, dei suoi pregi (e dei suoi limiti) che non devono penalizzarlo secondo una scala di giudizi non applicabili. La mediazione culturale del bibliotecario è la linea sottile che unisce i diversi spazi e che fa la differenza. Infatti, riprendendo Lankes, anche una stanza (digitale) vuota diventa una biblioteca (digitale) proprio perché c’è un bibliotecario.

L’esperienza tragica del Covid 19, dati e feedback alla mano, sembra aver fatto riscoprire il “senso” delle biblioteche (tradizionali e digitali) e dei bibliotecari. Cosa possiamo fare per consolidare questa “riscoperta”?

Rendere la nostra presenza in rete “strutturale”. Questo significa applicare il processo strategico del marketing digitale culturale.
Articolato in fasi ben definite, il processo di marketing parte dall’analisi degli scenari (interno ed esterno) per posizionare l’istituzione nel suo territorio e nella relazione con gli stakeholders e studiare quanto internamento è stato fatto per realizzare la sua missione. Prosegue con una accurata definizione degli obiettivi, con una riflessione sul ruolo del brand della biblioteca e con la scelta del modello di strategia marketing più opportuna. Una delle più interessanti è senza dubbio l’inbound che ha la caratteristica (e il pregio) di trasformare il marketing dell’interruzione che cattura l’attenzione dell’utente interrompendo la sua attività in marketing del coinvolgimento. Le fasi dell’inbound accompagnano e facilitano l’azione di incontro con i pubblici in rete, anche grazie a strumenti e attività quali, ad esempio, l’applicazione delle regole SEO per rendersi visibili e comprensibili da Google, l’introduzione dell’e-mail marketing, la presenza sui social, il cambiamento (radicale) del linguaggio utilizzato nel comunicare la biblioteca (fine dell’istituzionalese e spazio finalmente ad un linguaggio naturale e più comprensibile). Seguendo questo processo, disegnando il piano editoriale per i social, aprendosi ad accogliere i nuovi materiali digitali nativi anche nel patrimonio della biblioteca, possiamo consolidare quanto fin qui acquisito e trasformarlo da evento episodico a esperienza consolidata.

Sulla base della tua esperienza professionale, che valore dai alle competenze (oggi meglio note come “skills”) che ognuno di noi può possedere e sviluppare nel proprio ambito lavorativo?

Rispondo a questa domanda con una citazione tratta da un articolo di Anna Maria Tammaro in Biblioteche oggi dell’aprile 2016 e quanto mai attuale: “Il bibliotecario digitale è:
– un ponte tra le risorse digitali e gli utenti: questo è il tradizionale ruolo del mediatore tra autore e lettore, ma fatto a distanza;
– un agente di innovazione: questo è un ruolo attivo nella cittadinanza, il comunicatore culturale, il concetto del bibliotecario digitale come facilitatore della conoscenza, un mentore, un amico degli utenti;
– il ruolo di educatore: un personal trainer che guida l’utente, il concetto di biblioteca digitale come una classe virtuale dove il bibliotecario digitale deve avere capacità pedagogiche che sono applicate in un ambiente digitale”.

Leonardo da grande vuole fare il bibliotecario. Cosa gli suggerisci?

Di essere consapevole di avere un grande compito: la cultura è una magnifica compagna di strada e poterla condividere è una opportunità straordinaria.

 

 

L'autore

Mario Coffa
Mario Coffa
Mario Coffa archivista e bibliotecario, laureato in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Perugia (2005) e diplomato in Archivistica e Paleografia presso la Scuola di Archivistica dell’Archivio Segreto Vaticano (2010). Dal 2010 Lavora per CAeB (Cooperativa Archivistica e Bibliotecaria) presso le biblioteche dell’Università di Perugia come bibliotecario e come archivista presso l'Archivio Storico del Comune di Gubbio. Si occupa di Biblioteche Digitali e formazione in ambito di biblioteconomia digitale. Nel 2014 membro del Comitato Esecutivo Regionale dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) sezione Umbria, membro del gruppo AIB sul portfolio professionale e nel triennio 2017-2020 Presidente eletto di AIB Umbria. Dal 2020 membro dell'Osservatorio Formazione dell'Associazione Italiana Biblioteche. Autore di diversi articoli e interviste per Insula Europea sul tema degli archivi, delle biblioteche e del digital lending.

Link:

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http://vegajournal.academia.edu/MarioCoffa