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Silvia Corelli intervista Manuela Varela

entrevista en galego

Credi che esista oggi un teatro propriamente “galego”, inteso come espressione di un gusto e di una realtà locali?

Esiste un teatro galego perché esistono importanti autori galeghi, che hanno scritto e che scrivono tenendo in considerazione le peculiarità del mondo galego, pensando a rappresentare tanto la società quanto il territorio: la Galizia ha un paesaggio, dei costumi e delle tradizioni propri e unici.
In questo momento si sta portando avanti una revisione di testi di autrici galeghe e una messa in scena delle vite delle stesse. L’interesse verso queste donne è connesso al periodo storico che stiamo vivendo: donne come Emilia Pardo Bazán o Rosalía de Castro hanno difeso l’emancipazione delle donne in Galizia (soprattutto Rosalía, nei suoi scritti) e portare in scena la loro opera significa sintonizzarsi con i movimenti femministi attuali, con la lotta al Machismo. Allo stesso modo vengono messi in scena alcuni testi di Valle Inclán, scrittore che ambientava le sue opere nel mondo rurale galego e mistico, proprio della nostra tradizione. Questo tipo di teatro, certo, è fortemente legato al vissuto galego, alla realtà locale; mostra una realtà locale.
Alcuni municipi galeghi – che sono le istituzioni che contano e che gestiscono la vita teatrale – appoggiano questo tipo di teatro ma altri preferiscono promuovere invece un teatro più leggero, che non susciti polemiche. Nel primo caso, i municipi sono sicuramente più in sintonia con la domanda della società, con le necessità della società, comprendono il bisogno di appoggiare un tipo di teatro che apra le menti (e il pubblico vero del teatro accetta e ama questo tipo di esperienza, intendendo il teatro come arte viva). Se nel momento di fare teatro si guardasse solo al gusto locale e alla possibilità di vendere facilmente un’opera sarebbe sicuramente più facile avere un teatro compiacente e diffuso – che è un tipo di teatro che esiste, ci sono compagnie che si dedicano a spettacoli leggeri e facilmente apprezzabili da ogni tipo di pubblico – ma serve anche un teatro che pensi appunto alle necessità sociali.
Io faccio una distinzione fra teatro che risponde al “gusto” e teatro che risponde alla “necessità”, intendendo con questo termine quelle che sono le necessità culturali e di crescita del pubblico e della società galega, non le necessità della compagnia che deve vendere l’opera  e – giustamente -sopravvivere anche economicamente.
Aggiungo poi che la Galizia si trova oggi in un mondo sempre più “globale”: si può viaggiare, si ha accesso a qualsiasi cosa su internet, e questo apre la strada a diverse possibilità creative per il linguaggio teatrale. Oggi c’è ad esempio una tendenza verso il teatro gestuale, onirico, simbolico, che mette in scena opere dove l’attenzione è posta sull’estetica ma in cui non manca certo un messaggio (si pensi ad esempio alla compagnia Sarabela che sta portando in scena l’opera A lingua das Bolboretas, dove si racconta lo scoppio della guerra civile e dove predomina il dato gestuale); la dimensione onirica è molto presente in questo tipo di teatro attraverso i simboli, le danze, il realismo magico che è proprio della dimensione mistica della Galizia e che è erede di quanto ha creato Álvaro Cunqueiro. Questo tipo di esperienza teatrale nasce dall’osservazione delle tendenze e delle necessità del pubblico, creando proposte fantastiche che piacciono molto. Che trattano temi universali. E c’è poi un teatro postmoderno, che mette in scena i difetti e i limiti della società attuale con messe in scena austere e spoglie, trattando certamente anche questo dei temi universali.

Qual è il pubblico del teatro in Galizia?

Ci sono vari tipi di pubblico: c’è il pubblico delle grandi città e c’è il pubblico dei centri urbani più piccoli che ha o meno l’abitudine di andare a teatro.
Una compagnia scrive un’opera teatrale e deve presentarla ai municipi che possono contrattarla o meno: questo è il primo ostacolo che un’opera drammatica deve superare. L’interesse di un municipio è chiaramente quello di presentare qualcosa che possa piacere a tutti, ma da parte di chi programma sarebbe auspicabile bilanciare il bisogno di presentare qualcosa che piaccia con la necessità di portare in scena la Cultura – e lo scrivo con la maiuscola perché la parola ha un’accezione molto ampia; si dovrebbe programmare un palinsesto teatrale anche in base a ciò che può smuovere dentro lo spettatore, che possa nutrire la sua anima, che arricchisca i suoi pensieri e ampli le sue idee, che lo faccia sognare e uscire dalla sua zona di comfort (e questo è qualcosa che non sempre piace).
Bisogna poi dire che chi si occupa delle programmazioni teatrali dei municipi deve necessariamente elaborare i suoi programmi in base ai finanziamenti che giungono dalla AGADIC (Axenzia Galega de Industrias Culturais, agenzia della Xunta de Galicia che si occupa di finanziamenti pubblici alla cultura) o da altri enti locali; questi finanziamenti offrono più denaro a quei centri urbani che hanno una popolazione maggiore, centri che si troveranno quindi ad avere più offerta e dei programmi più competitivi e completi, a scapito dei centri minori, con minore popolazione, che ottengono meno finanziamenti e che in partenza hanno anche meno spazi (meno teatri) a disposizione.
Il pubblico che ha l’abitudine di andare a teatro in fin dei conti vede qualsiasi cosa, poi ci sono cose che ama meno e cose che ama di più; il pubblico che va meno a teatro, che non vive profondamente l’esperienza teatrale, preferisce vedere opere o attori già noti e visti altrove, su altre piattaforme (cinema, tv).
Io credo che il nostro lavoro non sia quello di riempire i teatri – anche se chiaramente la cosa è auspicabile – e neppure rispondere ai gusti di questo tipo di pubblico; credo che il nostro lavoro sia quello di creare cultura, di pensare alla diffusione della cultura. 

Quali sono i ruoli e gli spettacoli che ti appartengono di più? Quelli in cui hai sentito di poter esprimere maggiormente te stessa senza doverti adattare al gusto dei finanziatori o del pubblico?

Io sono un’attrice e mi sento al mio meglio quando sto recitando. Ho avuto la fortuna di lavorare con diverse compagnie teatrali galeghe, come il Teatro do Atlántico, A Internacional Teatro, il Centro Dramatico Galego, il Teatro Galileo, Espello Cóncavo e al momento con il Teatro do Noroeste. E ho recitato in opere molto differenti fra loro: teatro infantile e per adulti, opere classiche e creazioni nuove. Come attrice il mio lavoro dipende dalle richieste del regista teatrale e dalle necessità dell’opera stessa che viene di volta in volta messa in scena. Alcuni dei registi con cui ho lavorato seguivano i gusti del pubblico, altri presentavano opere in linea con un loro personale gusto creativo. Come attrice presto molta attenzione a tutto questo, ma c’è un momento solo mio, che mi appartiene e in cui non dipendo da nulla e da nessuno ed è quando recito, quando sento solamente il presente, vivendo il momento e il posto che sto occupando. Quello è il mio momento: quanto il sipario si alza e posso fare ciò che so fare meglio: interpretare. 

Dove e come si fa teatro oggi in Galizia?

In Galizia esiste un circuito culturale chiamato REDES, dove possono iscriversi i municipi interessati alle attività culturali. Uno di questi circuiti è la Rede Galega de Teatro e Auditorios (RGTA), in questo circuito i municipi iscritti devono possedere un teatro o un auditorium e rispondere a determinati requisiti per poter ottenere i finanziamenti della AGADIC con cui poter poi contrattare le compagnie. I municipi che vi aderiscono possono mettere in scena opere più impegnative, produzioni più grandi. Esiste poi la Rede das Deputacións. La Galizia ha quattro province e ognuna di queste ha una sua deputazione; i municipi presenti in ogni provincia ottengono finanziamenti dalla deputazione corrispondente. Ci sono però molti municipi, all’interno della provincia che non hanno teatri o che non sono interessati ad attività culturali. C’è poi anche la Rede de Salas, in questo caso si parla di un circuito privato e alternativo in cui i direttori sono indipendenti dai finanziamenti e dalle direttive dei municipi (anche se possono esserci chiaramente dei rapporti col municipio stesso). In questo caso le opere presentate sono libere. In Galizia sono pochi i teatri e le compagnie di questo tipo e di solito quelle che lavorano in questo modo occupano spazi fisici molto piccoli e nascosti.
La verità è che il teatro in Galizia potrebbe arrivare, ed essere fatto, dappertutto, se ci fosse una maggiore volontà da parte dei municipi, dei tecnici della cultura o di chi si occupa della programmazione locale. La possibilità fisica di fare teatro, ovunque, esiste.
La realtà dei fatti è che la Xunta indirizza pochi soldi alla cultura e che quei soldi servono per ogni tipo di programmazione culturale (feste, musica, teatro, danza) e spesso i municipi non hanno rimanenze per soddisfare le necessità dei loro teatri. Capita che le compagnie si trovino a ridurre il numero degli attori o a dover terminare con giorni di anticipo le rappresentazioni programmate. Non riescono a ottenere ingaggi sufficienti all’interno di uno stesso municipio, soprattutto dopo la crisi del 2008. Si è passati da una media di quaranta-cinquanta spettacolo all’anno a venti spettacoli all’anno per compagnia teatrale. Molte compagnie, infine, sono scomparse, altre, sì, resistono; si cerca di continuare con i pochi mezzi che si hanno a disposizione. 

Chi vuole studiare teatro e dedicarsi alla carriera di attore, che mezzi ha a disposizione oggi? Dove può formarsi?

Chi vuole studiare teatro oggi ha molte possibilità e molti spazi su cui poter contare. C’è la Escola Superior de Arte Dramática di Vigo, dove al termine del percorso di formazione si ottiene una licenza ufficiale. In questa scuola ci si può formare in interpretazione, direzione, drammaturgia e scenografia: è una scuola molto completa. Ci sono poi accademie in cui è possibile formarsi attraverso corsi mensili per attori e attrici; sono corsi intensivi offerti da attori professionisti provenienti da ogni angolo della Spagna e non solo (attori baschi, asturiani, madrileni, ma anche francesi e argentini). In Galizia ci si può formare con personalità davvero molto interessanti!
I mezzi sono molto vari. Non si può escludere oggi anche la formazione online – prima impensabile – ma ora accessibile grazie ai limiti imposti dalla pandemia.
Accedere al mercato del lavoro per un attore o un’attrice, poi, è complicato. Io credo che sarebbe necessario formare gli attori anche nella gestione d’impresa, nella creazione di una compagnia, in modo che comprendano il funzionamento dei circuiti di cultura prima menzionati. Allo stesso modo è importante che le compagnie rispettino e tutelino, anche economicamente, i diritti dei lavori dello spettacolo – diritti guadagnati di recente e costati molto. Mi rendo conto che il sistema deve essere migliorato e soprattutto che è necessario che la Xunta stanzi maggiori fondi per il teatro. Se per migliorare tutto questo ci fosse bisogno di distruggere quanto si è già costruito, per ricostruire di nuovo un sistema funzionante, si dovrebbe fare; si deve pensare a ricominciare, a creare del nuovo sopra quanto è stato già fatto. Il teatro professionale ha dei bisogni e dei criteri che devono essere rispettati.

 

 

L'autore

Silvia Corelli
Dottoressa di ricerca in Italianistica presso “La Sapienza”, Università di Roma. Ha seguito un percorso accademico incentrato sulla Filologia italiana e romanza ed è diplomata in Archivistica presso la Scuola Vaticana di Paleografia, Archivistica e Diplomatica. Si occupa di cantari, di letteratura popolare del Cinquecento e della Storia delle donne. Ha vissuto per un periodo a Santiago de Compostela, lavorando presso il Museo do Pobo Galego, dove ha svolto ricerche sulla letteratura e le tradizioni popolari galeghe e sulla scrittura femminile. Attualmente è docente di Lettere a scuola.

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