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Natura e artificio: l’arte dei “Rami” di Veronica Montanino

in copertina “Senza mai toccare terra”
ramo, acrilico, tecnica mista

Metamorfosi tra natura e cultura, tra realtà e artificio è il tema che artisti contemporanei ci propongono, rinnovando il legame di continuità e d’ innovazione con il passato, come accade nelle opere di Damien Hirst, ora in mostra col titolo Archaelogy now alla Galleria Borghese di Roma, o come è accaduto in occasione della mostra di Veronica Montanino, ospitata nel Casino Nobile di Villa Torlonia dal 14 ottobre 2020 al 28 marzo 2021, tra eclettismo decorativo di fine Ottocento e l’arte che crea nuove decorazioni, finzioni  che si articolano in racconto di altre forma e immagini, in un colloquio site specific con gli ambienti già fortemente connotati da dipinti di Leonardo Massabò, Domenico Tojetti, Pietro Paoletti e Giovan Battista Caretti e da opere della Collezione Torlonia. Il bellissimo catalogo dello Studio d’arte Campaiola, presentato dalla direttrice del Museo Annapaola Agati, con contributi di Maria Grazia Tolomeo, che ha ideato, curato l’evento e firmato l’intervista all’artista, Anna Maria Panzera, Anna Simone e Emma Ercoli, lo dimostra, richiamando alla nostra attenzione e ammirazione il dialogo ricco e fertile tra il luogo, artisticamente straordinario, il parco che lo circonda e i Rami (questo il titolo della mostra) che Montanino ha costruito con sapore d’arte. L’artista non sfugge al rischio di aggiungere decorazione a decorazione, ma inserisce il suo linguaggio originale, espresso con la nota dominante del verde, e le sue preziose, vive e sensuali istallazioni negli spazi museali, coniugando i rami appunto, che appartengono alla natura, con il quotidiano dei tessuti, finemente lavorati, degli oggetti, che li contaminano, ora minime sfere di plastica ora animaletti giocattolo in una continua commistione di finzione e verità.

 

Se l’architetto Jappelli, paesaggista del Parco di Villa Torlonia, progettò e suscitò fondali sempre diversi, dalla Capanna Svizzera alla Torre Moresca alla Grotta artificiale, mescolando stili e piante diverse ed esotiche, allo stesso modo Veronica Montanino – è lei stessa a dichiararlo nell’intervista – inserisce le sue opere nello spirito del museo, insistendo su processi metamorfici allusivi al mutamento e al divenire perpetuo della vita naturale. Il vegetale e l’arboreo si abbracciano con l’artificiale delle cose che li rivestono e li modificano, ora corporee e dense ora lievi e aeree, sì che l’immaginazione diviene essa stessa volume e leggerezza mobile, presenza ed esotismo. Si veda laltalena di Senza mai toccare terra, ramo, acrilico e tecnica mista, simbolo del moto oscillatorio e di un mondo cangiante, ma anche, come osserva Tolomeo “metafora di un pensiero poetico”, del quale sono componenti “fioriture” e “preziose accensioni colorate di fiori, funghi, forse di farfalle”.

Ci si soffermi inoltre sugli Habitat, quadri non classificatori, ma sorprendenti per la ricchezza dei motivi, che suggeriscono, nella varietà, il confronto armonioso e costante tra fronde, bacche, semi e rami sinuosi, che parlano di natura, con povere umane cose, un ciondolo, alcuni bottoni trasparenti, piume, una maschera, delle perline e delle farfalle. Infine, mentre un vaso istoriato e ornato di rami (A big vast forest) sontuosamente decora un magnifico tavolo in porfido al centro della Camera Gotica e un insieme di rami slanciati verso gli affreschi del soffitto della Sala da Ballo giustifica il titolo Correre in un mondo, ci sorprende una delicata istallazione I giochi delle Muse Bambine. Siamo nella Sala di Alessandro e dinanzi a noi sulle mensole si distende un paesaggio di giochi di plastica, colorati del colore grigio della pietra, offerti alle Muse, che paiono così conciliare la loro bellezza statuaria, ferma nel sorriso divino, con il nostro domestico presente. Il mito si svela e si contamina con l’oggi qui e nella sala dove è la statua acefala di Diana con il cane, alle cui spalle è posto il grande acrilico Ogni diritto negato agli occhi. La frase, nera sul verde a lettere cubitali, impressiona il visitatore: ispirata alla Favola di Amore e Psiche dalle Metamorfosi di Apuleio, giunge a noi per indicare il processo del “vedere”, cui deve obbedire l’arte, che agisce sui materiali e li trasforma, li rende nuovi, realizzando magia e meraviglia, le stesse magia e meraviglia che Montanino ha saputo ricreare.

Ogni diritto negato agli occhi acrilico su tela
Ogni diritto negato agli occhi
acrilico su tela

 

 

L'autore

Gabriella Palli Baroni
Gabriella Palli Baroni laureata in Lettere Classiche a Pavia, allieva di Lanfranco Caretti, perfezionata a Chicago e a San Diego sul pensiero scientifico rinascimentale e su Machiavelli, vive a Roma. Scrittrice e saggista, è studiosa di letteratura dell’800 e del 900 ed è critica di letteratura contemporanea. Collaboratrice di «Strumenti Critici», «L’Illuminista», «Il Ponte» e di altre riviste italiane e straniere, si è dedicata in particolare ad Attilio Bertolucci, del quale ha curato il Meridiano Mondadori Opere, le prose Ho rubato due versi a Baudelaire, gli scritti sul cinema e sull’arte, e a Vittorio Sereni, del quale ha curato i carteggi con Bertolucci (Una lunga amicizia. Lettere 1938-1983, Garzanti 1993) e con Ungaretti Un filo d’acqua per dissetarsi. Lettere 1949-1969, Archinto, 2013). Ha inoltre pubblicato l’antologia Dagli Scapigliati ai Crepuscolari (Istituto Poligrafico dello Stato 2000) e Tavolozza di Emilio Praga (Nuova SI, 2008). È autrice di saggi sulla poesia di Amelia Rosselli e ha collaborato al Meridiano L’opera poetica, uscito nel 2012 e al numero monografico XV, 2-2013 di «Moderna» (Serra, 2015). Nel 2020 ha pubblicato di Attilio e Ninetta Bertolucci, Il nostro desiderio di diventare rondini. Poesie e lettere (Garzanti).