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Formazione, volontariato e “biblioteche rurali”. Mario Coffa intervista Amandine Jacquet

Interview in English

Amandine Jacquet è formatrice per bibliotecari e autrice di numerosi articoli sul tema delle biblioteche. Ha coordinato l’opera “Bibliothèques troisième lieu” (seconda edizione ABF nel 2017 e pubblicata in Italia nel 2018). Ha coordinato l’opera “Conceiving a rural library” (ABF e ABD, 2018). Nel 2021 ha scritto un nuovo libro con Claude Poissenot e Nathalie Etienne: “La biblioteca, un approccio politico, adattato al territorio” (titolo originale: “La bibliothèque, une approche politique Adaptée au territoire”, Territorial 2021). I temi che affronta sono principalmente: biblioteche come terzo luogo, biblioteche rurali, rete bibliotecaria, sviluppo sostenibile nelle biblioteche. Ha lavorato in biblioteche comunali e dipartimentali e ha perfezionato le sue conoscenze professionali relative allo sviluppo di prodotti documentaristici presso la Scuola Superiore Nazionale di Scienze e Biblioteche dell’Informazione (Enssib, scuola francese LIS). È stata membro del consiglio nazionale di ABF (Associazione bibliotecaria francese), presidente dell’International ABF Committee e membro della sezione e gestione delle associazioni di biblioteche dell’IFLA.

Per iniziare ci puoi raccontare brevemente del tuo lavoro? Bibliotecaria, formatrice e consulente. Chi è Amandine? 

Dopo aver lavorato nelle biblioteche comunali, ho lavorato successivamente in due biblioteche dipartimentali. Tra l’altro mi sono formata proprio lì non solo con i miei colleghi, ma anche con i bibliotecari comunali. Mi appassionava acquisire le tecniche pedagogiche necessarie per la trasmissione del sapere! Poi ho avuto l’opportunità di lavorare presso Enssib (Scuola Superiore Nazionale di Scienze e Biblioteche dell’Informazione) su prodotti documentari online il che mi ha portato felicemente ad approfondire le mie conoscenze teoriche. Così ho deciso di diventare un formatore e consulente a tempo pieno. Ma forse un giorno tornerò ad essere un bibliotecario. Insomma, ciò che mi spinge sia professionalmente che personalmente è imparare ogni giorno, pensare, testare, condividere e interagire con gli altri! 

La biblioteca come “terzo luogo” spiegaci meglio.

“Come as you are” (Mc Donald), “To inspire and nurture the human spirit – one person, one cup and one neighborhood at a time” (Starbucks), “Connecting people” (Nokia), “Share moments. Share life.” (Kodak), ” Have it your way” (Burger King). Tutti questi slogan fanno implicitamente riferimento al concetto di “terzo posto”. Sebbene questo concetto abbia ormai conquistato sia le biblioteche che le sfere commerciali, essa ha origine nei primi anni ’80 con il sociologo americano Ray Oldenburg. Ray Oldenburg indica la “desocializzazione” della società americana dovuta all’individualizzazione della società, all’uso del trasporto individuale (l’auto) derivante dallo sviluppo tentacolare dei complessi residenziali suburbani negli anni ’50 e, in seguito, alla smaterializzazione dei mezzi di comunicazione. Secondo lui, gli esseri umani hanno bisogno di relazioni umane “reali” faccia a faccia. Egli ritiene che alla società mancano i terzi posti, cioè i luoghi di incontro fuori casa (il primo posto) e il lavoro (il secondo posto). Nel suo libro “The great good place”, designa i parchi, il pub irlandese, il caffè francese, il biergarten tedesco e la piazza italiana come i terzi luoghi per eccellenza. Il tema del terzo posto è il legame sociale (e la lotta all’isolamento), ma anche la diversità sociale e la vitalità democratica. Si tratta anche di offrire un luogo in cui vivere, vale a dire uno spazio in cui il pubblico può venire a praticare le proprie attività quotidiane, che si tratti di leggere, giocare, studiare, lavorare o anche “ritrovarsi” tra gli amici. Questo modo di concepire la biblioteca è stato minato dal Covid-19: molte biblioteche hanno vietato le lunghe permanenze. Ma forse l’essenza del terzo posto è soprattutto un cambio di paradigma nel rapporto tra bibliotecari e pubblico. In terzo luogo in biblioteca, si passa da una relazione basata sulla prescrizione a una relazione più orizzontale ancorata alla cooperazione e alla co-costruzione. Parliamo poi di partecipazione pubblica. Questo secondo me è il contributo essenziale del terzo posto in biblioteca e questo aspetto può continuare a vivere nonostante le restrizioni sanitarie. 

Mi ha colpito uno dei tuoi tanti lavori: “Concepire una biblioteca rurale”. Di cosa si tratta? 

La Francia ha la particolarità di avere ancora 34.965 comuni (raggruppati in 1.253 enti intercomunali), rispetto a circa 12.000 comuni in Germania, 8.000 in Italia e 400 in Inghilterra. La conseguenza di questo grande numero di comuni è che sono generalmente piccoli: il 50% della popolazione vive in un comune con meno di 10.000 abitanti. E l’88% dei comuni ha meno di 2.000 abitanti. La Francia è quindi molto rurale. Lo sviluppo della lettura pubblica comporta un tema specifico per garantire l’accesso ai libri e alla cultura su tutto il territorio, nonostante un numero molto ridotto di abitanti (e quindi pochi mezzi). Il libro vuole essere uno strumento per aiutare i funzionari eletti ma anche bibliotecari stipendiati e volontari ad immaginare e costruire un progetto bibliotecario partendo dalla definizione del progetto, anche tenendo conto del territorio e del pubblico, della progettazione edilizia, tecnica e finanziaria implementazione, coinvolgimento della popolazione e reclutamento di professionisti. 

Grazie alla tua presenza nella sezione Management di IFLA hai anche una visione internazionale del panorama delle biblioteche. Secondo te, quali sono le prospettive in termini di “mission” specie dopo l’esperienza del COVID per le nostre biblioteche? 

Aprirsi a collaborazioni di ogni tipo (istituzionali, associative, commerciali) e andando oltre l’ambito culturale; il concetto di terzo posto ha già notevolmente ampliato le missioni delle biblioteche, che ora possono “mettersi in gioco in tutto”. L’Agenda 2030 ha legittimato queste missioni basandole sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Trascrivendo gli SDGs delle Nazioni Unite per le biblioteche, l’IFLA e poi alcune associazioni e organizzazioni nazionali (in Francia tra le altre) hanno compiuto un notevole lavoro di pedagogia nei confronti dei bibliotecari e di advocacy nei confronti della politica. Il Covid-19 ci ha dimostrato che le sfide legate ai legami sociali, all’accesso e alle competenze digitali ma anche all’ecologia sono essenziali. Sono tutti sanciti dall’Agenda 2030. 

Mi ha colpito un tuo webinar intitolato “Il nuovo volto del volontariato”. Purtroppo, troppo spesso capita che il volontariato in biblioteca diventi una sorta di forma che supplisce alla risorsa assunta e specializzata, nonostante il virtuoso principio per il quale il volontariato nasce. Cosa ci puoi dire a riguardo?

In Francia, il contesto rurale (pochi abitanti e quindi pochi potenziali pubblici, ma anche pochi mezzi finanziari) ha spesso portato alla gestione delle biblioteche comunali da parte di volontari. Ma lo sviluppo delle reti di biblioteche intercomunali ha cambiato la situazione: ora finalmente possiamo considerare l’assunzione di un bibliotecario professionista per l’intera rete. Inoltre, le persone sono sempre meno disposte a donare il loro tempo a lungo termine, il che ci porta a considerare nuove forme di volontariato. Piuttosto che avere un team di volontari che si impegnano a lungo termine (diversi anni) e su base molto regolare (almeno una volta alla settimana) per tutti i compiti della biblioteca, stiamo ora considerando il volontariato mirato (impegno regolare a lungo termine) con, ad esempio, l’animazione di un club del libro o un volontariato una tantum ad esempio, per gestire un’unica officina di riparazione di biciclette. Quest’ultimo tipo di volontariato può essere paragonato alla partecipazione pubblica. Abbiamo quindi tanti volontari che si ritrovano in biblioteca: un bibliotecario stipendiato è fondamentale per unire e organizzare queste energie.

L'autore

Mario Coffa
Mario Coffa
Mario Coffa archivista e bibliotecario, laureato in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Perugia (2005) e diplomato in Archivistica e Paleografia presso la Scuola di Archivistica dell’Archivio Segreto Vaticano (2010). Dal 2010 Lavora per CAeB (Cooperativa Archivistica e Bibliotecaria) presso le biblioteche dell’Università di Perugia come bibliotecario e come archivista presso l'Archivio Storico del Comune di Gubbio. Si occupa di Biblioteche Digitali e formazione in ambito di biblioteconomia digitale. Nel 2014 membro del Comitato Esecutivo Regionale dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) sezione Umbria, membro del gruppo AIB sul portfolio professionale e nel triennio 2017-2020 Presidente eletto di AIB Umbria. Dal 2020 membro dell'Osservatorio Formazione dell'Associazione Italiana Biblioteche. Autore di diversi articoli e interviste per Insula Europea sul tema degli archivi, delle biblioteche e del digital lending.

Link:

https://mariocoffa.wixsite.com/e-portfolio

http://vegajournal.academia.edu/MarioCoffa

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