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Giovan Battista Pergolesi: una breve vita e una musica sublime

“Per Giovan Battista Pergolesi ho sempre provato un’inclinazione e una tenerezza particolare”. Così si espresse Igor Stravinskij a proposito del grande compositore. Ma la stessa “inclinazione e una tenerezza particolare” deve essere stata propria degli autori, Andrea Frova e Mariapiera Marenzana, di Vita breve di un genio. Pergolesi e il suo tempo (Theta Edizioni, 2021) nell’accostarsi al musicista e nel delinearne la biografia. Lo si avverte nel Prologo, dove i ricordi personali ricreano l’arte dello Stabat Mater (“un capolavoro” per Richard Wagner) e in molti passaggi del loro romanzo storico, che rivela ammirazione piena e simpatia affettuosa per il loro personaggio.

Pergolesi ebbe una vita breve, dal 1710 al 1736, ricca di opere di altissimo valore, ma poche vicende biografiche certe si offrivano agli interpreti. Per questo essi si sono mossi sulla linea, già felicemente sperimentata con il romanzo storico Autunno veneziano. Fantasia su temi di Vivaldi (Edizioni Efesto 2019), che coniuga storia e invenzione, costruendo con spirito contemporaneo e naturalezza elegante di stile, uno spaccato assai vivo del tempo in cui Pergolesi visse e operò, sfruttando con sapiente rigore gli elementi biografici noti e integrandoli con un’accurata ricostruzione di ambienti storici e di situazioni verisimili.

Fanciullo di famiglia umile, claudicante forse per una poliomielite e di salute cagionevole, Pergolesi trova nel violino il compagno fedele e l’oggetto in cui esprimere la sua natura artistica e la sua creatività. Memorie autobiografiche, caratterizzate da una lingua mimetica dell’italiano dell’epoca, rievocano la prima infanzia del bambino timido, ma circondato da affetti; il centro storico di Iesi e i suoi nobili edifici; la scoperta dello strumento e la sua prima educazione; l’avventuroso viaggio in carrozza a Napoli per poter studiare nel Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo; il volto della città antica brulicante di gente. Alle memorie si alternano più ampi passi narrativi, che mostrano come dalla vocazione infantile, attraverso l’esercizio continuo e lo studio della tecnica violinistica (molto interessante la visita alla liuteria Gennaro Gagliano nel capitolo in cui si ammira la competenza di Frova), il compositore sia giunto ai vertici della musica del suo tempo.

Accompagniamo così il giovane, che manifesta ben presto un’acuta sensibilità sentimentale ed espressiva, evidente nella relazione, forzatamente interrotta dalla famiglia aristocratica, con  la marchesina Maria Spinelli, lungo vicende che lo videro accolto in salotti e ambienti di corte, a Napoli e a Roma e di nuovo a Napoli, dove ebbe modo di fare incontri importanti con Giuseppe Tartini, del quale si spiega assai bene il “tritono” usato nel noto Trillo del diavolo; con il filosofo Giovambattista Vico e il compositore Francesco Durante; con Bernardo Tanucci, ministro del giovane re Carlo e con altri illustri e noti personaggi. Ma soprattutto assistiamo, attraverso le pagine narrativamente vive e polifoniche, al suo affermarsi nel panorama musicale con le opere ora buffe ora serie: la Salustia, primo modesto successo a 21 anni; Adriano in Siria, dramma in tre atti; Lo Frate ‘nnamorato e il Prigioniero superbo contenente il brioso intermezzo La serva padrona, poi rappresentata separatamente con favore; L’Olimpiade dall’esito incerto e la commedia in musica Il Flaminio. Infine, rifugiatosi nel monastero di Pozzuoli, dove a soli 26 anni terminò la sua esistenza, ecco lo Stabat Mater, massima espressione dell’umana passione “patita nella carne per lo strazio irreparabile della separazione”.

È questa visione laica e razionale, umanissima, del vivere a prevalere in tutto il romanzo di Frova e Marenzana ed è in questa visione che ci riconosciamo, quando ascoltiamo la musica di grazia, bellezza e profonda verità del giovane artista e pensiamo alla sua musica, che  intrattiene e conforta, commuove ed eleva, come a “un ponte” tra gli esseri.

gabriella.palli@tiscali.it

L'autore

Gabriella Palli Baroni
Gabriella Palli Baroni laureata in Lettere Classiche a Pavia, allieva di Lanfranco Caretti, perfezionata a Chicago e a San Diego sul pensiero scientifico rinascimentale e su Machiavelli, vive a Roma. Scrittrice e saggista, è studiosa di letteratura dell’800 e del 900 ed è critica di letteratura contemporanea. Collaboratrice di «Strumenti Critici», «L’Illuminista», «Il Ponte» e di altre riviste italiane e straniere, si è dedicata in particolare ad Attilio Bertolucci, del quale ha curato il Meridiano Mondadori Opere, le prose Ho rubato due versi a Baudelaire, gli scritti sul cinema e sull’arte, e a Vittorio Sereni, del quale ha curato i carteggi con Bertolucci (Una lunga amicizia. Lettere 1938-1983, Garzanti 1993) e con Ungaretti Un filo d’acqua per dissetarsi. Lettere 1949-1969, Archinto, 2013). Ha inoltre pubblicato l’antologia Dagli Scapigliati ai Crepuscolari (Istituto Poligrafico dello Stato 2000) e Tavolozza di Emilio Praga (Nuova SI, 2008). È autrice di saggi sulla poesia di Amelia Rosselli e ha collaborato al Meridiano L’opera poetica, uscito nel 2012 e al numero monografico XV, 2-2013 di «Moderna» (Serra, 2015). Nel 2020 ha pubblicato di Attilio e Ninetta Bertolucci, Il nostro desiderio di diventare rondini. Poesie e lettere (Garzanti).