avvenimenti · In primo piano

Il mistero del vivere e la natura amica

 

La bellezza della poesia di Claudio Damiani è nella naturalezza limpida del suo dire in versi, che si nutrono di pensiero e d’immaginazione, di quotidianità e di visioni. Con lui sono Petrarca e Pascoli, la lucente chiarità dell’uno e la precisione linguistica e il simbolismo del secondo; ma con lui sono anche Orazio, che suggerisce al poeta di «essere nella natura», e Leopardi, che, con la dolcezza indefinita delle voci del sentimento, s’ interroga sul significato dell’esistenza. Se già in Cieli celesti (Fazi Editore, 2016) Damiani aveva rivelato abito filosofico, soffermandosi sulla relazione tra uomo e universo, uomo che nell’immensità dello spazio e del tempo si apre agli altri esseri tutti, alla Comunità, in questa nuova raccolta prima di nascere (Fazi Editore, 2021) egli pensa alla dimensione cosmica in cui la vita umana trova, forse, senso e durata. Indicano questo domandarsi, che nasce sempre a contatto con il mondo naturale, che lo circonda, i versi che, messi in apertura, hanno generato il titolo:

Quando ero piccolo, quattro-cinque anni,
mi immaginavo prima di nascere
come sospeso nel cielo (non so se qualcuno mi aveva detto
queste cose, o me l’ero immaginato io),
mi sembrava incredibile non essere esistito prima
e mi sembrava incredibile pure di essere esistito,
non capivo dove potevo stare, così in alto nel cielo,
dove potevo appoggiare i piedi.

È possibile ritrovare questo bisogno di un abbraccio universale, desiderato e coniugato a partire dal l’ingenuità dell’infanzia fino alle conoscenze scientifiche odierne, lungo tutto il percorso poetico, dove si manifestano mistero e dolore, amore e fratellanza, fragilità umana e ansia del tempo, che scorre e fugge. Si veda la sezione intitolata Dal mio terrazzo guardo l’universo, dove lo stile unisce contemplazione e riflessione, spesso interrogazione o dialogo. Cielo, monte, il «caro Soratte», alberi, un ruscello, nuvole, una fogliolina appartengono al paesaggio del poeta, che li rende partecipi del suo mondo intimo e delle sue inquietudini, che pure salvano le speranze: «Il mistero è così fitto /e noi così fragili/che non ci sono speranze/o meglio, possono esserci solo speranze, /la speranza è la nostra scienza». Si salva anche la fiducia nella convivenza umana, il farsi compagnia e consolarsi a vicenda (Alberi siamo fragili, io e voi), l’accettare di essere dentro la vita, che è «navigare senza timone»; «galleggiare su un abisso», non sapere. Il poeta insiste molto, usando di frequente lo stilema interrogativo, sull’ignoranza rispetto alla vita e alla morte (Non siamo niente, non sappiamo niente), sulla perdita di persone care, che si vorrebbero ritrovare (Campi Elisi), sul «che cos’è la nascita? E che cos’è la vita?» («Scusate, forse è una domanda stupida), e cerca la parola, Forse nella natura, che sola possa liberare dal male del vivere e assomigli all’accoglienza serena e festosa che accoglie il bambino alla nascita: «una parola bella / una parola che ci scioglie /dall’angoscia, /una parola come un riconoscimento/ un rivedersi dopo tanto tempo /come un bambino, quando nasce, accolto /dalla madre e dal padre».

Consola, nello stile pacato e cordiale di Claudio Damiani, il desiderio di unione di «tutti noi che nasciamo moriamo/ senza sapere perché» e il sentimento di fratellanza, cui invitava la Ginestra di Leopardi contro la «natura matrigna», e che Damiani sposta, grazie al dialogo poetico amichevole, all’interno della vita naturale, che respira e vive nei versi che avvertono il silenzio e il fruscio (Il motivo perché noi amiamo gli alberi); la perfezione di ogni cosa, sasso, foglia (Quant’è bello stare in questo sentiero in ombra);  il passare del tempo senza pena (Mi nascondo nel bosco, tra i cespugli);  l’infinità di «mistero» infine (Volavo nel cielo di notte sopra città immense), davanti al quale sta la «vita nuda» del poeta ignaro (Io so di non sapere).

gabriella.palli@tiscali.it

 

 

L'autore

Gabriella Palli Baroni
Gabriella Palli Baroni laureata in Lettere Classiche a Pavia, allieva di Lanfranco Caretti, perfezionata a Chicago e a San Diego sul pensiero scientifico rinascimentale e su Machiavelli, vive a Roma. Scrittrice e saggista, è studiosa di letteratura dell’800 e del 900 ed è critica di letteratura contemporanea. Collaboratrice di «Strumenti Critici», «L’Illuminista», «Il Ponte» e di altre riviste italiane e straniere, si è dedicata in particolare ad Attilio Bertolucci, del quale ha curato il Meridiano Mondadori Opere, le prose Ho rubato due versi a Baudelaire, gli scritti sul cinema e sull’arte, e a Vittorio Sereni, del quale ha curato i carteggi con Bertolucci (Una lunga amicizia. Lettere 1938-1983, Garzanti 1993) e con Ungaretti Un filo d’acqua per dissetarsi. Lettere 1949-1969, Archinto, 2013). Ha inoltre pubblicato l’antologia Dagli Scapigliati ai Crepuscolari (Istituto Poligrafico dello Stato 2000) e Tavolozza di Emilio Praga (Nuova SI, 2008). È autrice di saggi sulla poesia di Amelia Rosselli e ha collaborato al Meridiano L’opera poetica, uscito nel 2012 e al numero monografico XV, 2-2013 di «Moderna» (Serra, 2015). Nel 2020 ha pubblicato di Attilio e Ninetta Bertolucci, Il nostro desiderio di diventare rondini. Poesie e lettere (Garzanti).