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La fiamma ariosa della poesia

Tempo e spazio si aprono e s’incontrano nelle Poesie d’aria (Interno libri, Latiano 2022) di Gabriella Sica, che ha il dono di saper sentire e restituire il passo delle ore, il moto delle cose, la presenza e l’assenza, la bellezza amichevole della natura e di vie e piazze amate, facendo proprio, infine, “il lievito di un quadro o di una poesia /l’embrione di una sconosciuta creazione” (A pochi metri e a poche ore). Il titolo, lieve e musicale, ci introduce al “punto del mondo” dal quale avvertire il sentimento dell’esistenza, dell’essere vivi e uniti, mai dimentichi del dolore (Per l’Europa). E l’”aria”, come suggeriscono le epigrafi in esergo, è vanità e fantasia, melodia e metro, cielo e vuoto stellare, desiderio di libertà e respiro; è soprattutto “quell’aura gentile” dell’amato Petrarca, valori tutti che vengono declinati poeticamente con agili variazioni tematiche e stilistiche, che alla musica rimandano, sia nei titoli (Tre arie; Tre sonatine; Fantasia per due voci e pianoforte; Canzone di fiume e di pioggia; Fuggevole ballata) sia all’interno delle strutture metriche e versali.

Foto di Dino Ignani
Foto di Dino Ignani

Sono oltre cento i testi raccolti, composti tra il 2007 e il 2011, se si eccettua la prosa Un gesto d’aria del 2018. Possono, come suggerisce la stessa autrice, essere considerati un diario poetico sia per la loro disposizione in ordine cronologico sia perché accompagnano le occasioni che hanno coinvolto ed emozionato, trasformando l’autobiografia in poesia. Lo rivelano alcuni titoli, che rimandano a incontri immaginati (Due fiere) e a figure mitiche (Demetra; Narciso e Eco; Minerva alla Sapienza); a mesi (Corona interrotta dei mesi); a eventi personali o pubblici (Per il mio compleanno; La figlia non nata; Il sei aprile d’Abruzzo), ma lo rivela anche l’andamento narrativo di molte poesie, che lentamente si trasforma in memoria e in visione. Si legga Dicembre, che avviata da un procedimento descrittivo (“Roma è una città complessa di strati / e sotto tanti altri strati”), lascia posto a un passaggio visionario che ricupera un tempo antico e sacrale: “Ieri ho visto profilarsi in fondo al cielo /inciso dai rami sottili dei platani maestosi/ di viale Parioli/ due grandi macchie caracollanti / […] ho capito dopo che si trattava / di un asino e di un bue […] nel solco di una pacata luminosa stella cometa”.

La naturalezza dello stile, spesso piano e mai enfatico, acquista via via un passo vibrante e intensamente vivido, lasciando intravedere bellezza, serenità, malinconia e nostalgia, partecipazione e comprensione e tutte le ragioni umane di una donna, che sente profondamente l’esistenza nella sua durata e nelle sue modificazioni. Al centro del pensiero poetico di Sica è la poesia, amica nelle sue forme – “melodie di boschi” o “carte più e più vive, più e più musicali” (Poesie scortecciate) -; donatrice di vita oltre la morte -“araba fenice d’oro” (La Fenice) – ; confortatrice e fraterna; nutrimento di parole; luce e passione. La poesia ha passione sviluppa il tema che Vittorio Sereni aveva affrontato in forma dubitativa: La poesia è una passione?, chiedendosi se lo scrivere versi poteva essere sterile e  privo di vera forza comunicativa. Nella lirica ambientata a Milano, Gabriella Sica riecheggia Poeti in via Brera (Stella variabile), citando e insieme variando. Così  il “fiammeggiava” di Ungaretti “sulla porta / della Galleria Apollinaire” diviene “il fiammeggiante Sant’Ambrogio”, mentre il sarcastico “(Frattanto / sul marciapiede di fronte / a due a due sottobraccio tenendosi / a due a due odiandosi in gorgheggi/ di reciproco amore, sei ne sfilavano sei)” si trasforma in “I poeti che sono al di là e al di qua/ sui marciapiedi opposti camminano lenti/ (come re o eroi) per la via stretta lastricata/ di tessere d’oro e lamine sottili”, sottolineando, ancora con Sereni, il “ sangue” necessario alla poesia, ma facendo suoi il fuoco, il sogno e  “i battiti le gonfie le pulsanti/vene e le correnti alte dell’aria”, di quell’aria che è simbolo e figura della sua arte trasparente e “ariosa”.

gabriella.palli@tiscali.it

L'autore

Gabriella Palli Baroni
Gabriella Palli Baroni laureata in Lettere Classiche a Pavia, allieva di Lanfranco Caretti, perfezionata a Chicago e a San Diego sul pensiero scientifico rinascimentale e su Machiavelli, vive a Roma. Scrittrice e saggista, è studiosa di letteratura dell’800 e del 900 ed è critica di letteratura contemporanea. Collaboratrice di «Strumenti Critici», «L’Illuminista», «Il Ponte» e di altre riviste italiane e straniere, si è dedicata in particolare ad Attilio Bertolucci, del quale ha curato il Meridiano Mondadori Opere, le prose Ho rubato due versi a Baudelaire, gli scritti sul cinema e sull’arte, e a Vittorio Sereni, del quale ha curato i carteggi con Bertolucci (Una lunga amicizia. Lettere 1938-1983, Garzanti 1993) e con Ungaretti Un filo d’acqua per dissetarsi. Lettere 1949-1969, Archinto, 2013). Ha inoltre pubblicato l’antologia Dagli Scapigliati ai Crepuscolari (Istituto Poligrafico dello Stato 2000) e Tavolozza di Emilio Praga (Nuova SI, 2008). È autrice di saggi sulla poesia di Amelia Rosselli e ha collaborato al Meridiano L’opera poetica, uscito nel 2012 e al numero monografico XV, 2-2013 di «Moderna» (Serra, 2015). Nel 2020 ha pubblicato di Attilio e Ninetta Bertolucci, Il nostro desiderio di diventare rondini. Poesie e lettere (Garzanti).