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Alla scoperta della lupa bianca. Dialogo con Brais González

Entrevista en galego

Brais González (Vigo, 1987). Pianista di livello e compositore attento a diversi generi musicali, dalla musica classica al jazz, passando per il folk, l’elettronica e l’improvvisazione, Brais González è una presenza ormai nota dei festival europei di musica. Oltre ai premi ricevuti e ai lavori pubblicati, la sua curiosità lo ha portato a esplorare nuovi progetti, come quelli in collaborazione con altri musicisti, tra cui Trío Bórea o Caspervek, e a dialogare con altre discipline artistiche come il cinema, il teatro o la poesia. Nell’ agosto di quest’anno ha partecipato al Festival delle Nazioni di Città di Castello – la cui ultima edizione era dedicata alla musica dello Stato spagnolo – mettendo in scena la sua prima pièce operistica,  Loba branca (Lupa bianca), basata su una leggenda galega della Serra do Courel.

Tra tutti i luoghi in cui ti sei esibito, perché l’Italia per mettere in scena in anteprima la tua prima composizione operistica? Cosa ha significato per te? 

Mi hanno incaricato di scrivere un’opera (la mia prima in assoluto) proprio dal paese in cui è nato questo genere e che continua a esserne un punto di riferimento è quasi un sogno che diventa realtà. Oggigiorno, le possibilità di esordire con un genere come l’opera sono molto poche. Penso che sia un sogno per qualsiasi compositore, proprio perché molto difficile da realizzare. Prendo questo bellissimo incarico ricevuto dal Festival delle Nazioni come un vero regalo.

L’opera si basa su una leggenda galega, una delle tante che vede come protagonisti dei lupi e delle lupe. Queste ultime, è questo il caso, spesso rivestono il ruolo principale di capibranco, o persino di regine. In alcune interviste hai spiegato che la scelta era in parte dovuta ad alcune questioni tecniche relative ai requisiti che l’opera doveva soddisfare per poter partecipare al festival. Quali sono state le ragioni della tua scelta?

In effetti, i limiti dettati dai punti presenti nell’elenco proposto dal festival per realizzare l’opera sono stati la spinta che mi ha portato a scegliere la leggenda della Loba Branca (Lupa Bianca). Fin dall’inizio, sapevo che l’opera avrebbe dovuto avere due soliste e un coro, e che dovesse essere basata su un tema, racconto o leggenda tradizionale della mia terra d’origine. È veramente difficile trovare delle leggende popolari in cui uno dei due personaggi protagonisti non sia un uomo. La leggenda della Loba Branca mi offriva una storia poco conosciuta, con due personaggi femminili (la lupa e la strega) e la possibilità di integrare il coro in veste di branco dei lupi e abitanti del villaggio.

Oltre a questo, O Courel è per me da anni una posto molto speciale. Ho una zia che vive e lavora a Folgoso do Courel. Lungo gli anni, le volte in cui le ho fatto visita, ho scoperto una terra assolutamente magica e un luogo che conserva l’autenticità che, purtroppo, in Galizia è andata perse a causa del turismo e della globalizzazione. D’altro canto, il problema del lupo è all’ordine del giorno non solo dalle nostre parti, ma anche nel resto della Spagna settentrionale (e che io sappia, anche in alcune regioni d’Italia). La leggenda della lupa bianca mi è sembrata un buon modo per riflettere sul conflitto tra uomo e ambiente in un contesto rurale.

Infine, gli animali sono una delle mie grandi passioni. Non avrei potuto immaginare un tema migliore che quello dei lupi della Serra do Courel.

La leggenda originale rimanda a un testo relativamente breve. Com’è stato adattarlo a un formato nuovo come l’opera, alla sua estensione? Cosa hai aggiunto di personale al testo?

Come giustamente dici, il testo originale della leggenda è abbastanza breve. Ho dovuto fare un grande lavoro di adattamento narrativo per trasformarlo in un’opera di maggiore formato come Loba Branca (circa 90 minuti). Devo sottolineare che io non sono uno scrittore. In tutta la mia vita, ho scritto solo un paio di racconti e una dozzina di poesie. Per cui, per me, la più grande sfida è stata quella di essermi dovuto trasformare per alcuni mesi in un drammaturgo per poter scrivere un libretto che risultasse solido e desse una cornice narrativa all’opera. Era la cosa che più mi preoccupava. In molte pièce d’opera non si preoccupano molto per la parte narrativa, ma si concentrano maggiormente sulla ricerca costante di artifici vocali e sulla resa alla parte musicale. A me interessava che l’opera avesse delle fondamenta basate su una narrativa ben strutturata, con sufficiente tempo per lo sviluppo convincente dei personaggi principali nell’arco drammatico.

Fino a poco tempo fa, nella tradizione gallega è rimasta viva – come repertorio ancora trasmesso oralmente, non solo come repertorio preservato – numerose narrazioni e leggende popolari, come questa della lupa bianca, che convivevano con canzoni, ritornelli, ninne nanne o canti di lavoro, proverbi e scioglilingua. Infatti, nel corso della tua carriera hai attinto alla tradizione e alla mitologia proprie della Galizia e a molte altre influenze artistiche, non solo musicali, provenienti da luoghi molto diversi. Come riesci a far convivere questa diversità?

Le leggende, la mitologia e la fede sono sempre presenti nella mia opera. Mi piace utilizzare tutte queste influenze, che per me sono la base stessa dell’essenza umana e ci mettono in connessione con qualcosa di molto atavico di noi stessi. Può sembrare che queste influenze siano molto diverse tra loro. A prima vista, le differenze tra una leggenda del Courel e una storia della mitologia baltica sono evidenti. Tuttavia, ho sempre vissuto preoccupandomi di più dell’essenza che della forma delle cose. E alla fine il bello di tutte queste storie e tradizioni è che, a prescindere dal luogo del mondo da cui provengano, diventano punti di collegamento degli archetipi che sono presenti in tutte le culture.

Come valuti la ricezione della loba branca in Italia? Ci sono state barriere linguistiche o culturali?  

Al contrario, mi ha sorpreso molto scoprire che anche in Umbria, negli ultimi mesi, ci fossero stati alcuni problemi con i lupi nelle zone rurali. Un compositore assiste sempre con una certa preoccupazione alla prima messa in scena di un suo nuovo lavoro, sapendo che l’approvazione del pubblico è indispensabile per sentirsi soddisfatti. Mi ha reso molto felice vedere che la storia abbia coinvolto molto il pubblico di Città di Castello e che la gente abbia capito il messaggio di rispetto per la natura e per noi stessi che ho cercato di mostrare nell’opera. 

Al di là del testo, qual è stata l’ispirazione per la parte musicale?

Già in altre occasioni mi hanno fatto domande riguardo all’ispirazione e lo stile musicale dell’opera. Forse non sono la persona migliore per poter parlare della mia stessa musica. Quello che posso dire è che, fin dall’inizio, ho avuto molto chiaro che volessi che Loba Branca suonasse come per me suona O Courel. Ogni volta che penso a quella terra, penso a un bel luogo, ma terribilmente duro. La bellezza di O Courel non è una bellezza gentile, non è una bellezza da cartolina o da souvenir. È una bellezza austera, seria… la bellezza dell’immensità, la bellezza dell’inverno.

Durante le prime prove, molti musicisti mi hanno fatto notare che la partitura di Loba Branca non fosse affatto facile. Ero soddisfatto. Non volevo che Loba Branca fosse facile da interpretare. Volevo che la bellezza si raggiungesse con una certa difficoltà. Allo stesso modo, i momenti luminosi nell’opera arrivano sempre dopo quelli più bui. Dopotutto, molto spesso, la vita è così.

 

Dopo questa esperienza, hai intenzione di comporre altre opere?

Magari. Purtroppo non dipende solo da me. Ho trovato nell’opera un veicolo esaustivo per esprimere le mie idee musicali e narrative. Spero che si ripresenti l’occasione di poter comporre un’altra opera!

Spesso ti esibisci in giro per il mondo, specialmente in Europa. Quale sarà il percorso di Loba Branca?

In questo, ciò che mi tormenta è riuscire a portare Loba Branca in Galizia. Anzi, mi piacerebbe poter presentare Loba Branca nel Courel. La strada è lunga, ma fortunatamente sembra che si stiano compiendo i passi giusti affinché ciò possa accadere in un futuro non troppo lontano.

(Traduzione di Giulia Luci)

L'autore

Inma Otero Varela
Inma Otero Varela
Inma Otero Varela (Carral, 1976) è attualmente professoressa di Lingua e letteratura galega nelle scuole superiori. È stata lettrice di galego nell’Università “La Sapienza” di Roma dal 2003 al 2008. Collabora come critico letterario in “Grial” e “Novas do Eixo Atlántico*. Ha pubblicato studi sulla narrativa galega in svariati volumi e riviste scientifiche (“Critica del Testo”, “Anuario de Estudos Literarios Galegos”, “Boletín Galego de Literatura).

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