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Dio nella letteratura del ’900

I 110 anni dalla nascita di Charles Moeller (1912-1986), teologo e critico letterario belga, ci offrono l’occasione per ricordare un autore che non può e non deve essere dimenticato. Moeller, professore di filosofia presso l’Università Cattolica di Lovanio, ha collaborato al Concilio Vaticano II svolgendo un ruolo decisivo nella stesura dello schema XIII, La Chiesa nel mondo, che ha poi dato vita alla costituzione Gaudium et Spes. È stato Segretario della Segreteria per l’Unità dei Cristiani e, su incarico di Paolo VI,  Rettore dell’Istituto Ecumenico di Gerusalemme. È l’autore di due grandi opere.

La prima, Sagesse grecque et paradoxe chrétien, pubblicata nel 1948, è un libro splendido, che ha come interlocutore ideale la gioventù francese, disorientata e priva di certezze, quale emergeva dall’immane tragedia della guerra. A essa, poggiante su un umanesimo distrutto, ben espresso dall’esistenzialismo in auge, Moeller proponeva il “paradosso” cristiano quale umanesimo assolutamente nuovo. Il metodo seguito era, in analogia a quanto aveva fatto Romano Guardini nei suoi studi su Hölderlin, Dostojewski, Rilke, di far risultare la verità cristiana rapportandola alla rappresentazione dell’uomo propria dell’opera artistico-letteraria. Omero e i tragici, Eschilo, Sofocle, Euripide da un lato e i moderni Shakespeare, Racine, Dostojewski dall’altro erano le grandi voci di un coro chiamate a evidenziare tanto i conflitti irrisolti dell’animo greco (il tema del male, del dolore, della morte, ecc.) quanto il modo in cui l’avvenimento cristiano muta l’orizzonte della drammatica nei tragici moderni. Attraversato dall’enigma della morte lo spirito greco oscilla, secondo Moeller, tra un’adesione profonda alla vita e alla terra e un rifiuto delle medesime quale vuota apparenza. Questo dissidio tra amore della “carne” e nostalgia di una pienezza in un aldilà, viene a risolversi solo con il cristianesimo. Solo qui viene realizzato ciò che i greci sognavano: «salvare il reale visibile e trasfigurarlo». Solo la risurrezione della carne consente al cuore di riconciliarsi con la terra senza rinnegare il desiderio di infinito che lo abita. Il dissidio greco torna, non superato, in quella parte della letteratura contemporanea che si rifiuta alla speranza cristiana.

Nel primo dei sei volumi dell’altra grande sua opera, Litterature du XX siècle et christianisme, tradotta in italiano da Vita e Pensiero, dal titolo Il silenzio di Dio, la «fedeltà al mondo» viene espressa mediante le figure di Camus e di Gide mentre il rifiuto, l’ombra sulla realtà, è presente nelle tendenze “gnostiche” di Aldous Huxley e Simone Weil. Ancora una volta solo nel cristianesimo l’antitesi può essere superata. Esso afferma che il mondo è salvo in quanto è trasfigurato. Tale trasfigurazione non sopprime la materia, né la personalità. Julien Green, Graham Greene, Bernanos documentano la difficile strada della fede, speranza, carità in un mondo velato dal dolore e dalla corruzione, il sì al finito nella luce dell’infinito. Fede, speranza e amore – le tre virtù teologali – costituiscono pure il tema dei successivi volumi dell’opera in una forma per cui esse si situano in continuità e al contempo in rottura con la fede, l’attesa, l’amore puramente umani. Il secondo volume, La fede in Gesù Cristo, vede come interlocutori Sartre, Martin du Gard, H. James, Malègue. Il terzo, La speranza degli uomini, espressa da Malraux, Kafka, Vercors, Sciolokov, Maulnier, Bombard, Sagan, Reymont, prepara, non senza una chiara discontinuità, il quarto, La speranza in Dio Padre, i cui autori: Anna Frank, Miguel de Unamuno, Gabriel Marcel, Charles Du Bos, Fritz Hockwälder, Charles Péguy, «hanno decifrato i segni della seconda virtù teologale in una umanità straziata dal dolore e abbrutita dalla morte». Parimenti il volume quinto, Gli amori umani, con saggi su Françoise Sagan, Brecht, Saint-Exupéry, Simone de Beauvoir, Paul Valéry, Saint-John Perse, doveva aprire il campo al sesto e ultimo volume sull’amore di Dio, l’«amore dello Spirito Santo», che uscirà postumo nel 1993 con il titolo Esilio e ritorno, dove tratta di Marguerite Duras, Ingmar Bergman, Valery Larbaud, François Mauriac, Gertrud von le Fort, Sigrid Undset.  La prospettiva dei volumi era chiara: mostrare mediante un approccio non astratto quale quello della letteratura, il soprannaturale come compimento, impossibile all’uomo, dell’umana natura. Tra cristiano e umano non v’è abisso che il mistero dell’incarnazione non abbia già superato. Fuori da questo incontro vi sono due possibili interpretazioni cristianamente riduttive: «gli umanisti, i quali elaborano un ordine umano chiuso su se stesso; e gli escatologisti, i quali trovano che la cultura, davanti alla prospettiva della fine dei tempi, non ha importanza alcuna». Entrambi, scrive Moeller, «affermano che la cultura cristiana non conta solo che gli uni preferiscono, segretamente, una storia puramente profana, gli altri invece, una storia di contenuto puramente religioso, ma tanto gli uni che gli altri sono infedeli all’incarnazione di Dio nella storia». Essere fedeli a essa significa assumere, nella fede, la totalità dell’umano. Di qui il grande amore di Moeller per Péguy, come di un testimone profetico del regno futuro, regno «carnale-spirituale», «temporale-eterno». «Nel mio Paradiso – scriveva Péguy – ci saranno le cattedrali di Chartres… ci sarà tutto». E ancora, come per puntualizzare: «Nel mio Paradiso ci saranno delle cose». Le cose, spiegava Moeller, «sono le parrocchie, i villaggi, i campi di grano, in una parola il vero regno di Dio, celeste e terrestre».

Un’affermazione che manifestava, appieno, il suo realismo, la sua passione per la realtà, il suo modo di sentire il cristianesimo: come resurrezione della carne e non già come fuga idealistica dal mondo.  Nel gennaio del 1979 ho avuto l’occasione di incontrarlo. Un amico doveva intervistarlo per il settimanale “Il Sabato” e mi chiese di accompagnarlo in via della Conciliazione, a Roma, dove si trovava. Ricordo che gli rivolsi una domanda su Simone Weil alla quale rispose: «Debbo dire che il capitolo su Simone Weil del primo volume di Letteratura e cristianesimo non è un buon capitolo. La reattività, con cui l’ho pensato e scritto, mi ha impedito di comprendere il profondo significato della Weil. Ho scritto in modo reattivo, perché in certi ambienti culturali e religiosi del Belgio e della Francia di quel tempo non vi era sufficiente coscienza del pericolo gnostico e dualista di alcuni testi della Weil. Oggi non vi è più questo pericolo nel leggere la Weil e, se si confrontano la prima e la settima edizione, si scorgono i mutamenti che vi ho apportato». Si trattava di una rettifica importante che consentiva di non contrapporre la Weil all’amato Péguy. Quando lo incontrammo, nel 1979, gli chiedemmo dei suoi progetti futuri. Ci rispose che stava lavorando al sesto volume di Letteratura e cristianesimo, che uscirà postumo, e poi ad un libro sul «metodo di lettura del passato» e, da ultimo, ad un testo su Proust. Instancabile e generoso fino alla fine ci ha lasciato pagine indimenticabili sulla letteratura classica e sulla grande letteratura del ‘900.

L'autore

Massimo Borghesi
Massimo Borghesi è professore ordinario di Filosofia morale presso il Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione, dell'Università di Perugia.

Si è laureato in filosofia all’Università di Perugia, nel 1974, con una tesi su Hegel guidata dal prof. Armando Rigobello. Dopo la tesi si è trasferito a Roma dove tuttora risiede. Dal 1984 al 1992 è stato ricercatore in filosofia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma-Tor Vergata e successivamente, dal 1992 al 1996, professore associato di Storia della filosofia morale presso la Facoltà di Magistero dell'Università di Lecce. Ha insegnato, dal 1981 al 2007, Estetica, Etica, Teologia filosofica, presso la Pontificia Università S. Bonaventura in Roma dove è stato, dal 2000 al 2002, direttore della “Cattedra Bonaventuriana”. Dal 2008 al 2017 ha insegnato Filosofia e religione presso la Pontificia Università Urbaniana. E’, dal 2019-21, coordinatore del Dottorato di ricerca in Etica della Comunicazione, della Ricerca Scientifica e dell’Innovazione Tecnologica, presso l’Università di Perugia.

E' membro del consiglio scientifico della rivista Studium, dove coordina la sezione “Filosofia on-line”. E’ consulente della rivista Humanitas. Revista de antropología y cultura della Pontificia Universidad Católica del Cile. Fa parte del Comitato Scientifico del Centro Internazionale Studi su Pascal (CISP) dell’Università di Catania. E’ membro del Comitato Scientifico ed Editoriale del Nuovo Giornale di Filosofia della Religione.È membro, dal 2006, del Comitato editoriale delle Edizioni Studium, dove dirige la Collana filosofica “Interpretazioni”. È stato membro, dal 1984 al 2002, del comitato di redazione della rivista Il Nuovo Areopago; dal 1984 al 2012 della rivista internazionale 30 Giorni; editorialista, dal 2005 al 2011, del quotidiano L'Eco di Bergamo.

Relatore in molti convegni, in Italia e all'estero,  i suoi volumi sono tradotti in varie lingue.

Nel 2013 ha ricevuto il premio Capri-San Michele per il volume Augusto del Noce. La legittimazione critica del moderno edito da Marietti.

Nel 2017 ha pubblicato il volume Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale, Jaca Book, Milano 2017, cui sono seguite le traduzioni in lingua inglese, spagnola, portoghese, polacca, croata, tedesca.

E' autore delle seguenti monografie: La figura di Cristo in Hegel, Studium, Roma 1983; Romano Guardini. Dialettica e antropologia, Studium, Roma 1990 ( 2° ediz. 2004); L’età dello Spirito in Hegel. Dal Vangelo “storico” al Vangelo “eterno”, Studium, Roma 1995; Posmodernidad y cristianismo, Encuentro, Madrid 1997; Il soggetto assente. Educazione e scuola tra memoria e nichilismo, Itacalibri, Castel Bolognese (RA), 2005 (Edizione spagnola, Encuentro, Madrid 2005; UCSS, Lima 2007); Secolarizzazione e nichilismo. Cristianesimo e cultura contemporanea, Cantagalli, Siena 2005 (Edizione spagnola, Encuentro, Madrid 2007); L’era dello Spirito. Secolarizzazione ed escatologia moderna, Studium, Roma 2008; Maestri e testimoni, Edizioni Messaggero, Padova 2009; Augusto Del Noce. La legittimazione critica del moderno, Marietti, Genova-Milano 2011; Critica della teologia politica. Da Agostino a Peterson. La fine dell’era costantiniana, Marietti, Genova-Milano 2013; Senza legami. Fede e politica nel mondo liquido: gli anni di Benedetto XVI, Studium, Roma, 2014; Luigi Giussani. Conoscenza amorosa ed esperienza del vero. Un itinerario moderno, Edizioni di Pagina, Bari, 2015; Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale, Jaca Book, Milano 2017; Hegel. La cristologia idealista, Studium, Roma, 2018; Romano Guardini. Antinomia della vita e conoscenza affettiva, Jaca Book, Milano, 2018; Modernità e ateismo. Il dibattito nel pensiero cattolico italo-francese, Jaca Book, Milano 2019; La terza età del mondo. L’utopia della seconda modernità, Studium, Roma 2020; Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e ospedale da campo, Jaca Book, Milano 2021(Edizione inglese, Liturgical Press, Collegeville [Minnesota] 2021, Edizione spagnola, Encuentro, Madrid 2022); Il dissidio cattolico. La reazione a Papa Francesco, Jaca Book, Milano 2022.

Per un approfondimento del suo pensiero si cfr l’intervista a Serena Meattini: Il libro su Bergoglio e la mia formazione intellettuale, in <>, 27-02-2019 (http://www.insulaeuropea.eu/2019/02/27/il-libro-su-bergoglio-e-la-mia-formazione-intellettuale-serena-meattini-dialoga-con-massimo-borghesi/).