Interventi

Chi ha i siti più brutti dell’Occidente?

 

Adeguare le nostre biblioteche di conservazione agli standard di quelle di Berlino, Madrid, Londra, Parigi, dove ad agosto migrano gli studiosi italiani che se lo possono permettere, non è un obiettivo realistico: non ce la faremo mai, non avremo mai né quei soldi né quella lungimiranza. Ma potremmo fare un po’ di maquillage a basso costo.

Se uno apre il bel sito internet della Biblioteca Nazionale di Madrid trova in alto a destra un «Benvenuto» in sei lingue: spagnolo, catalano, basco, portoghese, inglese, francese. Cliccando su ciascuno dei sei «Benvenuto», il sito cambia lingua: non è tradotto davvero tutto quello che si trova sulla homepage in spagnolo, ma l’essenziale sì, e in realtà anche più dell’essenziale: i non ispanofoni possono così farsi un’idea precisa sia di come funziona la biblioteca sia di ciò che nella biblioteca accade, al di là della consultazione dei libri (film, mostre, visite, conferenze). Nel sontuoso sito della Biblioteca Nazionale di Parigi le lingue sono nove più il francese: ci sono, tra le altre, l’arabo, il cinese, il giapponese, l’italiano (con traduzioni, mi pare, perfette). Dieci lingue sono la solita esibizione di grandeur, si capisce: nei siti delle altre biblioteche del mondo non si trova niente del genere. Almeno l’inglese, però, lo si trova sempre, e non solo nelle grandissime sedi (Berlino, Monaco, Copenaghen) ma anche in quelle più periferiche: Budapest, Lisbona, Belgrado, Zagabria, Rangoon. Questo significa che – poniamo – senza conoscere il croato, da casa mia, io posso fare comodamente una ricerca tra i fondi della Biblioteca Nazionale di Zagabria, capire quali documenti o libri ci sono, quali servizi vengono offerti al visitatore, se è il caso o no di prendere un aereo per andare a Zagabria per controllare meglio.

Ora, se si passa dal sito della Nazionale di Parigi o di Berlino o di Buenos Aires al sito della Nazionale di Firenze (o di Torino, o di Roma, o di Napoli: ma Firenze è la peggio), l’impressione non è tanto quella di scivolare dal Primo Mondo al Secondo, o al Terzo (anche perché il sito della National Library of Myanmar è meglio dei nostri), quanto di fare un salto indietro nel tempo di una decina d’anni, e dal mondo di Grand Theft Auto 5 al mondo di Space Invaders. Per una qualche misteriosa ragione (età media dei dirigenti, cresciuti col Commodore 64 in cameretta? Non si trovano i mille euro necessari per un restyling?), i siti internet della gran parte delle istituzioni pubbliche italiane (università, istituti di cultura, biblioteche) fanno pena, sia per la funzionalità sia per la grafica. È come se il famoso gusto italiano si fosse, per principio, tenuto lontano da questo campo d’applicazione. Solo che è un campo d’applicazione cruciale, se non altro perché potenzialmente visibile da parte di tutti gli esseri umani provvisti di una connessione internet.

Rifare questi siti? Vasto programma! Ci vorranno delle commissioni, dei decreti, delle gare d’appalto… Roba di anni. Intanto si potrebbe cominciare a fare, diciamo in un mese, quello che hanno già fatto a Rangoon, Beirut, Hanoi, e cioè dotare i siti delle nostre biblioteche nazionali di traduzioni in inglese delle voci e dei servizi più importanti. Perché la situazione attuale, per quanto riguarda l’inglese, è la seguente: Nazionale di Firenze, niente. Nazionale di Napoli, niente. Alla Nazionale di Torino sono più sottili: c’è, in alto a destra, una scritta «Italiano», ma se uno ci clicca sopra scopre che è l’unica lingua possibile, perché «Inglese» non c’è. A Roma infine, come sempre, geniali: se si clicca «Inglese», Biblioteca Nazionale Centrale di Roma diventa giustamente National Central Library of Rome, ma tutto il resto (orari, cataloghi, ecc.) rimane in italiano – anzi non tutto: c’è anche Site map, Credits, Contact (che tradurrà, non bene, Contatti), ma se uno ci clicca sopra entra in pagine scritte in italiano, o bianche, o ritorna inopinatamente alla homepage (che ha questo comodo, ben memorizzabile URL: bncrm.librari.beniculturali.it; British Library: bl.uk; Nazionale di Parigi: bnf.fr).

PS. Per questo tipo di servizi ci sono delle agenzie apposta: evitiamo il fai da te, la telefonata al figlio del conoscente che ha fatto l’Erasmus a Galway.

(l’articolo è stato precedentemente pubblicato su “Il Sole 24 ore” del 1 Febbraio 2015)
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L'autore

Claudio Giunta
Claudio Giunta
Claudio Giunta insegna Letteratura italiana all’Università di Trento. I suoi ultimi libri sono un saggio sulla scrittura (Come non scrivere, Utet 2018), un libro su Tommaso Labranca (Le alternative non esistono, Il Mulino 2020) e un reportage sulla città di Togliatti (Togliatti. La fabbrica della Fiat, Humboldt Books 2020).