L'italiano dei nuovi italiani

Erinda Islami intervista Gëzim Hajdari

Ho scritto in mezzo ai rovi e sugli alberi nudi, fra i monti sparuti della mia terra matrigna; ho scritto sui dirupi e lungo i torrenti. Fare il contadino della poesia vuol dire rispecchiarsi negli occhi della mucca, vuol dire guadagnare il piatto quotidiano col sudore della propria fronte, ricostruire il tempio della parola distrutta dagli eunuchi del minimalismo sterile. Vuol dire scrivere sul proprio corpo e con il proprio corpo, scegliere l’esilio invece di servire il potere. Se in Albania ho svolto vari mestieri lavorando come operaio, in Italia ho lavorato come pulitore di stalle, zappatore, manovale, aiuto tipografo. Chi è nato contadino, nasce già poeta.