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Paperino, i mille volti umani di un papero

«Colleghi e amici, quando per caso vengono a sapere che io leggo volentieri le storie di Paperino, ridono di me, quasi fossi rimbambito. Ridano pure. Personalmente sono convinto che si tratta di una delle più grandi invenzioni narrative dei tempi moderni»: così parlò Dino Buzzati. Nella prefazione all’Oscar Mondadori Vita e dollari di Paperon de’ Paperoni, volume del 1968 che ebbe una capitale importanza nello sdoganamento del fumetto in un’Italia ancora ciecamente avvinta alla rassicurante distinzione tra cultura “alta” e “bassa”, lo scrittore veneto confessò tutto il suo spassionato amore per i paperi disneyani. Non si trattava soltanto di una semplice comparsata in un libro pubblicato dal suo editore, ma di un’effettiva analisi, precisa e chirurgica, dell’importanza che alcuni tra i più importanti personaggi della nona arte avevano avuto nella formazione di almeno due generazioni di lettori. Erano del resto passati pochi anni da Apocalittici e integrati di Umberto Eco, il primo studio italiano in cui le forme narrative popolari venivano trattate con la dignità che meritavano, fumetti compresi.

Paperino, si diceva.

1.Il model sheet di Paperino per il suo debutto in The Wise Little Hen (1934)
1. Il model sheet di Paperino per il suo debutto in The Wise Little Hen (1934)

All’inizio degli anni ’30 del secolo scorso quello di Walt Disney è un nome ormai affermato nella Hollywood della Golden Age: il suo personaggio di punta, Topolino, è una stella al pari di Charlie Chaplin e Clark Gable, membro di diritto dell’olimpo cinematografico come mostrato nel cortometraggio Mickey’s Gala Premier del 1933. Parallelamente, gli Studios Disney producono un’altra serie di successo, le Silly Symphonies: brevi corti d’animazione senza un protagonista fisso attraverso i quali gli animatori possono mostrare l’arte di cui sono capaci con animali buffi, riduzioni di favole classiche, racconti visivi in cui il sonoro e il colore la fanno da padrone. In uno di questi episodi, The Wise Little Hen, fa il suo debutto ufficiale Donald Fauntleroy Duck, il nostro Paperino. È il 9 giugno 1934, una di quelle date che possiamo retoricamente considerare “storiche”, per quanto il marinaretto si faccia notare unicamente come un personaggio fannullone e scanzonato dalla voce, quella di Clarence “Ducky” Nash, inconfondibilmente incomprensibile. Eppure, pochi mesi dopo, lo ritroviamo nello spettacolo messo su da Topolino e i suoi amici nel corto Orphan’s Benefit. Da lì in poi questo papero bisbetico, intrattabile, collerico, starnazzante si sarebbe imposto come uno dei principali protagonisti del cosmo disneyano e, per estensione, della cultura popolare globale.

2.Donald Duck Finds Pirate Gold, la prima storia a fumetti di Paperino nei comic book americani (1942)
2. Donald Duck Finds Pirate Gold, la prima storia a fumetti di Paperino nei comic book americani (1942)

A quella cinematografica si affianca ben presto una produzione a fumetti sempre più consistente (e influente). Nel 1935 è con Topolino nelle pagine a colori degli inserti domenicali dei giornali e The Case of the Vanishing Coats è la prima storia non basata su gag in cui Paperino ricopre un ruolo centrale. Successivamente, dopo una manciata di apparizioni nelle storie a strisce di Floyd Gottfredson, nel 1936 il papero diventa titolare di una rubrica a fumetti fissa nelle cosiddette Sunday pages, per poi conquistare, nel 1938, la ribalta delle strisce quotidiane grazie alle trovate narrative di Al Taliaferro, il primo grande “padre” del personaggio. Nel frattempo, Paperino continua ad appassionare le folle con una sua serie d’animazione e raggiunge Topolino tra i grandi divi del cinema: in The Autograph Hound viene celebrato da colleghi come Shirley Temple, Groucho Marx e Katharine Hepburn. Ma è nel Vecchio Continente che assurge al rango di protagonista di storie avventurose ben lontane dalla sequela di copiose gag slapstick di Taliaferro o dei corti animati: il 1937 è l’anno di Paolino Paperino e il mistero di Marte, storia a puntate pubblicata sul settimanale Paperino e altre avventure della Anonima Periodici Italiani, e di Donald & Donna, apparsa sul britannico Mickey Mouse Weekly. In Italia e nel Regno Unito, dunque, parte una vera e propria epopea grazie a Federico Pedrocchi e William Ward, autori oggi ampiamente dimenticati. Il papero non è più soltanto un mezzo per strappare una risata piacevole ma fine a sé stessa: diviene un personaggio poliedrico. L’epoca pionieristica del fumetto Disney europeo si interrompe però bruscamente durante gli anni del secondo conflitto mondiale. La palla torna agli americani.

3.La locandina originale del film I Tre Caballeros (1944)
3. La locandina originale del film I Tre Caballeros (1944)

Gli anni ’40 consacrano d’altro canto il successo internazionale di Paperino e il suo “superamento” dello stesso Topolino. Una delle interpretazioni più classiche dei due principali personaggi disneyani vedrebbe nel Mickey Mouse dell’anteguerra la metafora del New Deal rooseveltiano, successivamente appannato da un inesorabile imborghesimento. Al contrario, Paperino rappresenterebbe tutte le contraddizioni del secondo Novecento, incarnando l’archetipo dell’uomo comune. Questa lettura è vera solo in parte per quanto riguarda il Topolino dei fumetti, è tuttavia indicata per il papero: il primo è la persona giusta per salvare la situazione in una missione pericolosa contro i nazisti, è l’icona per eccellenza degli Stati Uniti, l’eroe che interviene direttamente nella Storia; Paperino può invece permettersi di folleggiare con i suoi amici nel film I Tre Caballeros (1944), apparentemente un caleidoscopio di colori, musica e folklore sudamericano, in realtà una manovra di sottile politica estera volta a rinsaldare l’“amicizia” tra Washington DC e l’America Latina. È Paperino il testimonial giusto, non Topolino: qualcosa sta cambiando.

Incassato un Oscar grazie al corto satirico Der Fuehrer’s Face, Paperino vive la sua epoca d’oro anche negli albi a fumetti, diffusissimi tra i ragazzi. Ad esclusione della parentesi europea dell’anteguerra, è finalmente protagonista di avventure anche nella sua homeland. Nel 1942, nel nono albo della collana Four Color della Dell Comics, viene infatti pubblicata una lunga storia di 64 pagine destinata a cambiare lo status quo: Donald Duck Finds Pirate Gold, sceneggiata da Bob Karp, collaboratore di Taliaferro, e disegnata da due dipendenti degli Studios Disney, Jack Hannah e Carl Barks.

È grazie soprattutto a quest’ultimo che Paperino diventa un personaggio centrale nel mondo del fumetto americano e, successivamente, mondiale. Barks, noto tra i fan prima come “the Good Artist” e poi acclamato come “the Duck Man”, raccoglie il testimone dagli autori delle strisce sindacate e crea un mondo coerente attorno a quella manciata di situazioni preesistenti: Paperino aveva già una fidanzata e tre nipotini, guidava un’iconica automobile e abitava in una villetta standard degli infiniti suburbs statunitensi, ogni tanto riceveva visite da un cugino grasso e sonnolento o da una nonna catapultata dalla campagna, ma tutti questi elementi facevano soltanto da corredo alle gag dei quotidiani e raramente avevano riscontro nei corti animati. Sulle pagine della testata “ammiraglia” delle pubblicazioni americane, Walt Disney’s Comics and Stories, e nella suddetta Four Color, Barks conduce una personale svolta autoriale grazie alla quale diventerà uno dei più grandi fumettisti del XX secolo.

4.Sulla copertina di Four Color 386, il primo albo dedicato a Zio Paperone, Carl Barks riunisce i protagonisti delle sue storie in un’immagine decisamente eloquente (1952)
4. Sulla copertina di Four Color 386, il primo albo dedicato a Zio Paperone, Carl Barks riunisce i protagonisti delle sue storie in un’immagine decisamente eloquente (1952)

Sia nelle storie brevi (le cosiddette ten-pager), sia nelle avventure di ampio respiro il Maestro dell’Oregon plasma pagina dopo pagina il carattere del nuovo Paperino. Affiancato da Qui, Quo e Qua, il papero comincia a girare il mondo e a far appassionare i lettori del dopoguerra che, fedeli, lo seguono in Egitto, al Polo Nord, in India, nell’Africa Nera, nel West, sulle Ande, nei Mari del Sud. Oppure, grazie all’esperienza maturata come gagman nel periodo di lavoro agli Studios, Barks si “limita” a far recitare i quattro pennuti in storie di vita quotidiana in una città che dal 1944 ha anche un nome: Duckburg, Paperopoli. Nel dicembre 1947 un’altra rivoluzione: Barks crea l’arcigno Paperon de’ Paperoni e introduce lo stereotipo dello zio ricco sfondato (e taccagno) nel mondo Disney. Ci vorrà ancora qualche anno perché il vecchio Scrooge McDuck diventi a sua volta protagonista indiscusso di una sua serie a fumetti, rinverdendo il clima avventuroso delle prime storie barksiane di Paperino. A questo punto, dai primi anni ’50, il cosmo paperopolese è definitivamente conteso tra due giganti, zio e nipote.

È una lezione che viene ripresa immediatamente da altri fumettisti americani ma, soprattutto, dagli autori che sotto la direzione di Mario Gentilini stanno costituendo la scuola dei cosiddetti “Disney italiani” sulle pagine di Topolino. Il Paperino all’italiana è quasi un personaggio parallelo rispetto al suo corrispettivo americano, e questo per un motivo molto semplice: la sua universalità permette una flessibilità pressoché totale ai gusti e alla sensibilità dei diversi paesi. Il “nostro” Paperino si trasforma così in una maschera della commedia dell’arte, come del resto anche lo stesso Paperone e tutti gli altri comprimari. Nelle mani di Guido Martina, il decano degli sceneggiatori italiani, vengono replicate situazioni decisamente familiari ai fruitori dei fumetti di casa nostra e ciò porta a una percezione nuova e quasi indelebile di questi personaggi attraverso storie classiche e parodie di capolavori della letteratura mondiale, dal Don Chisciotte all’Odissea.

5.Nei fumetti italiani il conflitto tra i personaggi assume dimensioni al limite dell’assurdo, come in Paperino e la spina di Zio Paperone, di Guido Martina e Luciano Bottaro (1956)
5. Nei fumetti italiani il conflitto tra i personaggi assume dimensioni al limite dell’assurdo, come in Paperino e la spina di Zio Paperone, di Guido Martina e Luciano Bottaro (1956)

I personaggi barksiani diventano dei caratteri. Paperino assume dei comportamenti nuovi, è pigro, incredibilmente sfortunato, perennemente squattrinato e in debito nei confronti di un acido arpagone come suo zio, viene vessato da quest’ultimo e, all’occorrenza, da una fidanzata petulante, da dei nipoti impertinenti, da un cugino fortunato e perciò insopportabilmente “vincente”. Non sono altro che le basi sulle quali lo stesso Martina creerà il primo alter ego di Donald Duck: nel 1969 «Paperino il perseguitato muore e… dalle sue ceneri nasce Paperinik, il diabolico vendicatore». L’idea ha rapidamente successo: vestiti i panni del papero mascherato, egli inizia a riparare i torti subiti fino ad allora nelle storie italiane.

Accanto alla sua personale rivalsa, Paperino continua tuttavia a condurre la propria vita di vicende più o meno quotidiane al fianco dello zio, dei nipoti, dei cugini. La stagione delle grandi avventure dei comic book americani è decisamente al tramonto, ma molte sono ancora le cose da raccontare. Gli altri autori italiani, in tal senso, stavano apportando da anni un contributo fondamentale alla ridefinizione del carattere di questo personaggio: Romano Scarpa ne aveva dato una sua personale visione seguendo le tracce di Barks e sfornando capolavori come Paperino e i gamberi in salmì (1956), Paperino e l’amuleto di Amùndsen (1956) e Paperino agente dell’F.B.I.! (1961); Rodolfo Cimino, Carlo Chendi, Luciano Bottaro, Abramo e Giampaolo Barosso, Giovan Battista Carpi, Giorgio Pezzin, Giorgio Cavazzano, Massimo De Vita e Marco Rota, per citarne solo alcuni, ne delineavano ulteriori sfaccettature, dal rapporto con i parenti alla capacità di superare molte umanissime difficoltà fino, incredibile dictu, a struggenti e proibite storie d’amore.

6.La rinascita di Paperino nelle vesti di Paperinik (1969)
6. La rinascita di Paperino nelle vesti di Paperinik (1969)

Nel corso degli ultimi tre decenni il mondo Disney ha goduto degli effetti di un’altra rivoluzione. La fase del cosiddetto “Rinascimento” avviata alla fine degli anni ’80 e la riscoperta dei paperi anche su altri media hanno riportato questi personaggi al centro della scena. Serie televisive, film d’animazione, merchandising, parchi a tema, fumetti: Paperino in primis gode nuovamente di un successo travolgente e, grazie alla giusta congiunzione astrale, viene ulteriormente rinnovato. Nel 1996 la sua controparte supereroistica subisce un’evoluzione destinata a fare storia: Paperinik diventa Pikappa nella fortunata serie PKNA creata da un team di affiatati autori italiani. Pochi anni dopo, nel 1999, il suo segmento è tra i più memorabili di Fantasia 2000, il film che chiude un decennio aureo per l’animazione Disney. Dopo il Duemila il successo pop di questo personaggio arriva a conquistare spazi nuovi, dai videogiochi ai meme sui social network.

Ma è nei fumetti, settore nel quale l’Italia è leader, che forse Paperino riesce a toccare il massimo delle sue potenzialità narrative. Nel corso degli ultimi anni abbiamo avuto Paperino Paperotto, la sua versione fanciullesca caratterizzata dalla giusta atmosfera nostalgica dell’infanzia, poi una ripresa del filone spionistico un po’ cialtrone al soldo dell’agenzia di suo zio, la P.I.A., poi ancora una riscrittura come agente segreto con toni ben più adulti in Double Duck nel 2008, per arrivare al ritorno di Pikappa su Topolino nel 2014 e addirittura a una versione teen nella serie Young Donald Duck nel 2019, oltre ovviamente alle storie di stampo classico. Inoltre, nel mondo dell’animazione Paperino sta facendo parlare ancora di sé con il recente reboot della serie cult DuckTales (2017), con l’eccentrico The Legend of the Three Caballeros (2018) e con i corti diretti da Paul Rudish (2013).

7.Lo struggente ricongiungimento di Paperino e Paperina dopo il diluvio universale in Fantasia 2000 (1999)
7. Lo struggente ricongiungimento di Paperino e Paperina dopo il diluvio universale in Fantasia 2000 (1999)

Chi è allora, oggi, Paperino? Francesco Artibani, uno dei più importanti sceneggiatori italiani contemporanei, ha usato a tal proposito una formula per certi versi azzeccata: “un papero, un universo”. Donald Duck può essere tutto e il suo contrario, senza tuttavia alcuna contraddizione. La sua versatilità è tale da poter narrare pressoché qualsiasi cosa rientri nei canoni narrativi ed estetici disneyani. Può essere al contempo un’icona pop più accattivante dello stesso Topolino, un personaggio dei fumetti declinato in mille maniere diverse in Italia, nel Nord Europa, in Brasile, un attore cinematografico che può vantare una stella sulla hollywoodiana Walk of Fame, una vittima a sua volta del merchandising, un papero buffo e starnazzante. Ma soprattutto Paperino è l’emblema di un’umanità radicale e profonda, il vero motivo di un successo pluridecennale: «Come si spiega che ottiene sempre la nostra indulgenza? Il motivo, secondo me, è molto semplice. […] specchiandoci in lui, nel segreto del nostro animo ci riconosciamo, ma nello stesso tempo ci sentiamo migliori». Parola di Dino Buzzati.

d.delgusto@gmail.com

L'autore

Davide Del Gusto
Davide Del Gusto è nato ad Avezzano nel 1991. Laureato in Storia della civiltà cristiana presso l’Università Europea di Roma, è attualmente dottorando in Storia, Antropologia, Religioni presso Sapienza Università di Roma, curriculum di Storia Medievale. Si occupa principalmente di storia del territorio, con particolare attenzione alla formazione delle reti monastiche e signorili nell’Abruzzo dei secoli centrali del Medioevo. Ha collaborato con Società Geografica Italiana ed è nel comitato operativo del GREAL, il laboratorio di geografia applicata dell’Università Europea di Roma. Da sempre appassionato di fumetti, animazione, cinema e tutto ciò che, semplificando, rientra nella cultura pop, collabora da anni con l’Associazione Papersera, la principale community italiana dedicata al fumetto Disney.