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L’eco-ansia: tra presente e futuro

L’immagine di copertina è di Enrico Pulsoni

I termini “ansia climatica” ed “eco-ansia” sono oggi usati per descrivere un disagio psicologico che deriva dalla conoscenza e/o dall’esperienza legata al cambiamento climatico e ambientale e dai rischi associati. Fondamentale chiarire subito che l’eco-ansia va distinta dalla paura da cambiamento climatico.

L’eco-ansia non è, ad oggi, riconosciuta come patologia psicologica anche se, molti studiosi, ipotizzano che possa diventare la malattia del secolo.

Negli ultimi anni, i media hanno riportato una crescente preoccupazione riguardo al cambiamento climatico, influenzando molte persone. L’eco-ansia è alimentata da diverse ragioni, tra cui la minaccia reale e concreta del cambiamento climatico e l’incertezza, soprattutto tra i giovani, riguardante il futuro dell’ambiente. Il sintomo principale dell’eco-ansia è un disturbo d’ansia generalizzato, con la possibilità di episodi legati ad attacchi di panico, ansia da separazione e tutte le manifestazioni legate alla depressione e “distress”, angoscia e ansia per il futuro. Purtroppo, tali sintomi possono avere risvolti negativi nella vita quotidiana come, ad esempio, la tendenza nelle giovani coppie a non avere figli per paura del futuro che li aspetta, o pensieri negativi sul futuro economico, sociale: questi sintomi iniziali si possono trasformare in patologie vere e proprie. Il cambiamento climatico genera ansia per il rischio imminente e l’incertezza riguardo ai potenziali danni futuri. L’ansia da clima può colpire chiunque sia consapevole del problema. A tale condizione è legata un’ansia da perdita di luoghi, di cose personali e di valore, della quotidianità e delle abitudini. L’eco-ansia si basa sull’incertezza legata ad un qualcosa che non possiamo controllare del tutto, ovvero la natura.

Venendo all’ansia climatica, include sia risposte automatiche che riflessioni di ordine superiore e controllate. Tuttavia, l’ansia può diventare clinicamente significativa quando diventa difficile da controllare e interferisce con la capacità di una persona di affrontare la situazione. L’ eco-ansia può generare tre meccanismi di risposta tipici di ogni specie animale: la fuga, il restare immobili, e l’affrontare il pericolo. Questo permette di comprendere che l’ansia climatica non dovrebbe essere automaticamente patologizzata, poiché rappresenta una possibile risposta adattativa e di avvertimento alla minaccia. Le risposte emotive al cambiamento climatico sono fortemente influenzate dal contesto socio-culturale in cui l’individuo vive. Inoltre, la lontananza o la vicinanza di eventi legati al cambiamento climatico, possono generare risposte diverse negli individui. Anche i media svolgono un ruolo rilevante nel creare percezioni diverse del rischio, come ho avuto modo di dire nell’intervista L’eco-ansia, come e perché ci riguarda da vicino. I media e i social network devono pertanto promuovere l’aderenza ai valori biosferici, stando molto attenti alla diffusione delle “fake news”, che generano solo confusione e potenziale ansia, riguardo alle tematiche ambientali e climatiche.

Proprio per la fragilità degli argomenti legati al cambiamento climatico, è importante adottare una divulgazione e mitigazione corrette riguardo a tali argomenti. È fondamentale informarsi sul cambiamento climatico da fonti affidabili ed equilibrate; bisogna essere consapevoli che agire individualmente ha un impatto collettivo, e che la collettività genera azioni di sensibilizzazione importanti e necessarie per combattere il cambiamento climatico. Resta fondamentale il fatto di non farsi sopraffare dalla moltitudine di opinioni e informazioni, a volte errate, ma cercare di essere presenti e concentrati sulle azioni che si possono intraprendere nel presente, senza soffermarsi troppo sul futuro. Infine, è importante condividere le proprie emozioni con amici, familiari e/o terapeuti che possono aiutare a sconfiggere eventuali ansie e/o paure legate al cambiamento climatico. La lotta al cambiamento climatico richiede una trasformazione strutturale, sociale e politica e ogni piccolo passo avvicina ad una soluzione. Inoltre, è essenziale attuare nella ricerca un approccio transdisciplinare, poiché l’eco-ansia rappresenta una problematica complessa e non risolvibile da una sola disciplina. La cooperazione e la collettività permetteranno di affrontare le problematiche presenti e future legate al cambiamento climatico in modo più efficace, non solo per la ricerca, ma anche per il nostro personale benessere mentale.

giarettori@yahoo.it

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L'autore

Giacomo Rettori
Laureato in Scienze e Tecnologie Naturalistiche ed ambientali presso l’Università degli Studi di Perugia, attualmente svolge l’ultimo anno del Dottorato di Ricerca in Etica della Comunicazione, della Ricerca Scientifica e dell’Innovazione tecnologica. Il suo lavoro riguarda le tematiche legate all’impatto del cambiamento climatico nel passato, nel presente e nel futuro, dal punto di vista naturalistico-geologico e socio-psicologico. Ha svolto servizio come docente di scuola secondaria di secondo grado per la Classe A-50, Scienze naturali, chimiche e biologiche. È iscritto all’Albo degli Agrotecnici e Agrotecnici Laureati di Arezzo, Grosseto, Perugia, Siena e Terni ed è Membro del CIRIAF (Centro Interuniversitario di Ricerca sull'Inquinamento da Agenti Fisici). Ha ottenuto un master in “Didattica e competenze nelle discipline scientifiche “e ha svolto stage, tirocini e corsi di formazione anche presso Università estere come l’Università degli Studi di Ginevra (Svizzera) e l’Università di Tehran e Arianzamin Research Centre (Iran).