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«Grattare il cielo / è ciò che resta a chi non creda più / che un cielo esista». La scoperta di una poesia inedita di Eugenio Montale

L’immagine di copertina è di Enrico Pulsoni

Dai fascicoli miscellanei del Fondo Montale, al Centro Manoscritti dell’Università di Pavia, è recentemente emersa una poesia inedita, di speciale interesse. Si tratta di un dattiloscritto, con correzioni manoscritte del poeta; il tema è un unicum all’interno della produzione montaliana, con la presenza importante di un nuovo paesaggio marino, non più quello ligure – che, come è noto, ispirò Montale sin dalla prima raccolta, Ossi di seppia –, ma quello campano, della Costiera amalfitana. La scoperta trae origine dallo studio sugli autografi delle poesie dell’ultimo Montale, compiuto in vista dell’edizione commentata integrale di Altri versi, in prossima uscita, a mia cura, per la casa editrice internazionale Agorà&Co (Sarzana-Lugano).

La breve, preziosa, lirica è datata 8 marzo 1975:

I grattacieli

Pare che prima o poi
anzi prima che poi
sugli Aliscampi che splendono
tra Amalfi e Vietri si vedranno enormi
grattacieli e già sorge dalla cintola insù
l’intellighenzia, con suoi alti piati.
Ma saranno sprecati; grattare il cielo
è ciò che resta a chi non creda più
che un cielo esista.

L’occasione del testo è del tutto peculiare, come è possibile comprendere meglio confrontando le stesure alternative. Il dattiloscritto testimonia infatti, come ha notato Alberto Casadei, alcune ‘prove’ o ‘attacchi variati’, in tutto quattro, cassati da Montale con due tratti di biro blu: la stessa penna che aggiunge il titolo all’inizio dell’ultima versione, considerata definitiva, e la data in calce. Cascami del processo di scrittura – non più utili all’autore, che lavora di lima soltanto sulla redazione finale –, le stesure precedenti sono importanti per il critico, poiché agevolano l’interpretazione del contesto storico.

La prima ‘prova’ si presenta in questa forma:

Elena vorrebbe che mi opponessi
con tutte le mie forze all’imminente
scomparsa della splendida costiera
da Amalfi a Vietri dove già sorge un grattacielo
e altri ne seguiranno

Nella seconda, il tema è ulteriormente rielaborato:

Sorgono grattacieli
tra Amalfi e Vietri, un reputato
Eden e la cara Elena
vorrebbe io sorgessi
dalla cintola insù come un Demostene
per ordinarne la demolizione.

Montale intende qui condannare la costruzione di uno dei più celebri ecomostri della storia d’Italia. Sulla scogliera a picco sul mare, «tra Amalfi e Vietri», fu eretto, tra il 1968 e il 1971, l’Hotel Fuenti, o Amalfitana Hotel («dove già sorge un grattacielo»).

Lo scempio suscitò l’indignazione degli ambientalisti italiani, riuniti attorno all’associazione Italia Nostra, prime fra tutti Elena e Alda Croce, figlie del filosofo Benedetto; soltanto dopo una lotta trentennale, nel 1999, l’albergo fu finalmente distrutto. L’interlocutrice femminile – la «Elena» della prima e seconda stesura del testo – è senza alcun dubbio Elena Croce, fondatrice di Italia Nostra (1955): un nome che non compare mai nell’Opera in versi. Il poeta si era già schierato a più riprese contro il ‘Mostro di Fuenti’, insieme ad altri influenti intellettuali «difensori della Riviera amalfitana». Nell’Archivio di Elena Croce presso la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce è stato possibile rintracciare una lettera, datata 27/I/1975 – dunque di poco precedente I grattacieli –, che aiuta a fare luce sulle circostanze di composizione, verosimilmente legate alla nascita, nel gennaio del 1975, del Ministero dei Beni culturali e ambientali.

Dal punto di vista letterario, è interessante notare come nei Grattacieli il contesto storico contemporaneo venga riletto in chiave dantesca: la «splendida costiera», «Paradiso terrestre», diviene, dopo la costruzione del ‘mostro’, uno scenario infernale, metaforicamente rappresentato dalla necropoli francese citata nel nono canto dell’Inferno: gli Alyscamps o «Aliscampi». Il riferimento di Montale è estremamente specifico, oltrepassa la generica dialettica paradiso/inferno, bene/male, e rimanda alla veste architettonica dell’Hotel Fuenti, «ripugnante, cimiteriale», così come fu descritta da Antonio Cederna – un altro degli intellettuali ambientalisti impegnati nella difesa della Costa d’Amalfi – in un icastico articolo sul «Corriere della Sera». La metafora degli ‘avelli’ richiama una memorabile immagine dantesca, quella di Farinata degli Uberti, che emerge dal sepolcro «da la cintola in sù» (If X 33), sintagma che Montale riprende testualmente dalla Commedia. Il richiamo al girone degli eretici aiuta a comprendere meglio i versi finali, dove la smania capitalistica di «grattare il cielo» è messa in relazione alla incapacità di credere che «un cielo esista», con uno dei giochi di parole cari all’ultimo Montale: ai magnati della contemporanea società dei consumi, come ai peccatori «che l’anima col corpo morta fanno» (If X 15), manca la fede e la capacità di rispettare ciò che è sacro.

Il testimone pavese è inoltre prezioso perché studiando il processo genetico alla base dei Grattacieli è possibile osservare in che modo lavorava l’ultimo Montale (la riproduzione fotografica e la trascrizione interpretativa sono pubblicate in un mio contributo sul terzo volume dei «Quaderni montaliani», cui si rimanda per una interpretazione esaustiva della poesia). Confrontando le diverse stesure, si può constatare come l’autore abbia rimaneggiato il testo in modo sostanziale, con l’eliminazione del riferimento a Elena e alla sua richiesta di intervento, presente nei primi due attacchi: una modifica volta a oscurare l’occasione-spinta, secondo l’usus montaliano. Intanto, lo stile progressivamente si innalza, nel passaggio da una soluzione formale quasi discorsiva a un dettato più musicale, con versi metricamente regolari e un fitto gioco di allitterazioni e rime. Il lessico va ad arricchirsi, con parole auliche o rare che penetrano nel testo, anche in corrispondenza con l’intensificarsi dei riferimenti danteschi. Filo rosso delle diverse versioni appare l’indicazione geografica, che, nella sua assoluta precisone, individua con esattezza il tratto costiero interessato dalle speculazioni edilizie; anche in questo caso, però, si può notare una modifica dalla prima stesura alla definitiva, con la preposizione da che diviene tra – correzione ribadita con un ultimo intervento manoscritto – al fine di determinare una allitterazione con «Vietri». L’allitterazione, in r e t, permea tutto il testo e riprende il tema dei «grattacieli», richiamando a livello fonosimbolico l’atto del «grattare».

Infine, è meritevole di attenzione che il primo verso, endecasillabo, della stesura iniziale, «Elena vorrebbe che mi opponessi», appaia somigliante a quello di un’altra poesia del ‘quinto Montale’: L’eroismo. Il legame tra i due testi è confermato da una coincidenza materiale. I grattacieli è infatti stata composta sul retro di un foglio che riporta, battute a macchina, le prime tre lasse di Verso Bisanzio, la traduzione di Sailing to Byzantium di William Butler Yeats, pubblicata nel Quaderno di traduzioni. L’altra pagina del dattiloscritto di Verso Bisanzio, quella descritta nell’apparato dell’edizione critica montaliana – che tramanda la quarta e ultima strofa del poema –, conserva sul verso una prima stesura dell’Eroismo, con l’incipit: «Clizia avrebbe voluto che mi ingaggiassi», che appare ancora più vicino a quello dei Grattacieli. Ad accomunare le due poesie è la presenza di una interlocutrice femminile (Clizia / Elena), che sollecita Montale all’impegno in una causa politico-sociale. Se nell’Eroismo Clizia «avrebbe voluto» che il poeta prendesse parte alla Guerra di Spagna (1936-1939), circostanza ormai distante nel tempo, legata alla temperie culturale delle Occasioni e della Bufera, nei Grattacieli Elena fa riferimento a una causa etico-sociale contemporanea, se non pionieristica: nell’epoca del miracolo economico non è più necessario combattere i totalitarismi, ma la società dei consumi e la distruzione del paesaggio e della natura che essa produce.

La modifica del primo verso, dunque, può essere spiegata tanto dalla decisione di cancellare il richiamo troppo specifico alla interlocutrice quanto dal desiderio, anche questo già documentato dalla critica montaliana, di introdurre una variazione rispetto all’altro testo, precedente, cui, con tutta probabilità, I grattacieli era destinato a fare da pendant. L’eroismo e I grattacieli sembrano costituire una serie sul tema dell’impossibilità di prendere parte attiva a lotte politiche o civili, motivo richiamato dall’incipit di Sailing to Byzantium. Se Montale resta, come da sua abitudine, lontano dal campo di battaglia, può però tentare altre strade per esprimere un impegno che sente come giusto e necessario, celebrando la forza volitiva della figura femminile (Elena / Clizia), che incarna quel prezioso coraggio che il poeta sa, suo malgrado, di non possedere.

ida.duretto.4m@kyoto-u.ac.jp

 

 

 

 

 

 

L'autore

Ida Duretto
Ida Duretto è professoressa associata di Letteratura italiana all’Università di Kyoto. Dal 2019 al 2021 è stata borsista di ricerca presso l’Istituto Italiano per gli Studi Storici (Napoli); ha conseguito il dottorato in Letterature e filologie moderne alla Scuola Normale Superiore (Pisa, 2020), ateneo dove ha compiuto l’intero corso di studi universitari. Nel 2018 è stata Visiting Student alla New York University, dove ha lavorato come Adjunct Professor nel Dipartimento di Italian Studies (Casa Italiana Zerilli-Marimò). È membro del comitato di redazione di «Italianistica» e del comitato scientifico internazionale di «R-EM Rivista Internazionale di Studi su Eugenio Montale». In prossima uscita la prima edizione commentata integrale, a sua cura, degli Altri versi montaliani (Agorà&Co, 2023), a seguito della pubblicazione della plaquette: Antologia da “Altri versi” (ETS, 2017).