Memorie d'oltreoceano

Politica e lettura in Messico. Luigi Giuliani intervista Paloma Saiz Tejero

Vi sono traiettorie personali che uniscono le generazioni, che dànno un senso a una storia collettiva, che riempiono di significato parole come letteratura, cultura, politica, parole che per molti vanno perdendo il loro senso. La traiettoria vitale di Paloma Saiz Tejero è una di queste. Figlia di esiliati repubblicani spagnoli – crebbe fra le migliaia di rifugiati politici che il Messico accolse a braccia aperte nel 1939, alla fine della Guerra Civile -, Paloma Saiz è un’attivista culturale che ha dedicato la propria vita alla diffusione della lettura in un paese di grandi contrasti sociali come il Messico. Nel 2009, dopo aver ricoperto per due anni la carica di direttrice dell’importante Fiera del Libro dello Zócalo, la grande Plaza de la Constitución del centro di Città del Messico, Paloma venne licenziata. Quel licenziamento rispondeva a un tentativo di progressiva emarginazione dei settori più radicali della vita politica messicana. Ma poche altre volte un licenziamento ha prodotto risultati così positivi: da allora Paloma ha fondato la Brigada para leer en libertad, associazione di cui è attualmente coordinatrice, e, assieme al suo compagno, il romanziere Paco Ignacio Taibo II (anch’egli figlio di esiliati spagnoli), ha recuperato e ampliato le attività già intraprese nel suo precedente incarico. L’associazione è oggi un esempio di attivismo culturale e politico per tutta l’America Latina. L’abbiamo intervistata all’interno del Festival Encuentro di Perugia (4-8 maggio 2016) dedicato alle letterature di lingua spagnola.

Parlaci degli inizi dell’associazione.

La Brigada para leer en libertad è un gruppo formato da una quindicina di persone che in realtà nacque da un licenziamento operato dalla Segreteria alla Cultura del governo di Città del Messico. A quelle persone che lavoravano ai programmi di diffusione della lettura si è unito in seguito un altro gruppo che già da tempo svolgeva delle attività simili. Tutti insieme decidemmo di fondare un’associazione civile. In verità in quel momento ci sembrava una sfida quasi impossibile perché non avevamo un centesimo.

Di che anno stiamo parlando?

Di sei anni e mezzo fa, ossia del 2009. Abbiamo cominciato nel gennaio 2010 decidendo non solo di dedicarci alla diffusione della cultura, ma di proporre anche un qualcosa che ci è sembrato subito importante: il recupero della storia del Messico. Volevamo raccontare alla gente normale, alla gente del popolo, la storia del nostro Paese, ma volevamo raccontargliela in maniera diversa, non come viene presentata nelle scuole. Abbiamo cominciato a tendere dei fili, a lavorare con una parte dei componenti del governo di Città del Messico, che allora era abbastanza di sinistra, ma non riuscivamo a lavorare con la Segreteria alla Cultura, il che era assurdo. Allora abbiamo deciso che avremmo continuato a organizzare le fiere del libro, perché già nella Segreteria avevamo avviato vari programmi di diffusione della lettura: uno rivolto ai poliziotti, e lo abbiamo chiamato Letras en guardia [Lettere in guardia], un altro ai pompieri (Letras en llamas) [Lettere in fiamme], un altro lo abbiamo sviluppato negli ospedali Sana, sana leyendo una plana [Guarisci, guarisci leggendo una pagina], un altro nella metro (Leer de boleto) [“Leggere col biglietto”, ma anche “Leggere di fretta”], un altro si chiamava Lee mientras viajas [Leggi mentre viaggi] ed era rivolto ai viaggiatori degli autobus extraurbani delle linee Messico-Puebla e Messico-Veracruz; e poi organizzavamo i tianguis de libros, mercatini del libro che si tenevano in periferia, i club del libro gestiti da volontari, un programma per ciechi e persone con gravi problemi di vista, le aste dei libri e la grande Fiera del Libro dello Zócalo. Pensavamo di dover continuare a svolgere più o meno la stessa attività. Decidemmo allora di continuare ad allestire le fiere del libro, che era ciò che potevamo continuare a fare con una certa facilità, e abbiamo recuperato alcuni programmi come Leer de boleto en el metro, che è stata un’esperienza molto significativa: in una linea della metro abbiamo distribuito circa 250.000 esemplari di un’antologia pubblica da noi, e la gente, dopo aver passato i tornelli dell’entrata, prendeva un libro, lo leggeva durante il tragitto e lo restituiva all’uscita. A partire da allora, con lo slogan Tómalo, léelo y devuélvelo [Prendilo, leggilo e restituiscilo] abbiamo messo in circolazione nella metro quasi cinque milioni di esemplari.

Parliamo della scelta dei testi. Che tipo di testi mettevate in circolazione?

Della selezione dei testi per le antologie mi occupavo io. Erano racconti, poesie, e persino opere teatrali di un solo atto: tutti molto brevi in modo che la gente potesse leggerli lungo il tragitto, e se non ci riusciva sapeva che il giorno dopo e per tre mesi quell’antologia sarebbe rimasta a disposizione nella metro, per lasciare dopo il posto all’antologia seguente.

Letteratura messicana, latinoamericana o letteratura universale in traduzione?

In quel caso abbiamo scelto solo letteratura messicana, e le prime nove antologie contenevano solo autori che vivevano a Città del Messico, perché volevamo che la gente li scoprisse. Più tardi abbiamo allargato la scelta ad altri scrittori, e anche a qualche autore straniero che ci ha ceduto i diritti di alcune sue opere.

Vediamo qualche altro programma. Come era quello rivolto ai poliziotti?

Era il programma Letras en guardia. Abbiamo parlato con il comando della polizia di Città del Messico e abbiamo preparato delle antologie ad hoc che sono state distribuite a circa quindicimila poliziotti, antologie che contenevano racconti incentrati sul tema della giustizia.

Anche i poliziotti si portavano i libri a casa, li leggevano e li restituivano?

No, se li tenevano: glieli regalavamo. Abbiano fatto la stessa cosa con i pompieri in modo che potessero leggere nel tempo libero, e a entrambi i gruppi è piaciuta l’esperienza. Poi ogni quindici giorni tenevamo degli incontri in cui si discuteva dei libri che avevano letto. Poi abbiamo lanciato il programma di lettura negli ospedali, rivolto ai pazienti nelle sale d’attesa che facevano la fila per le visite mediche. Tenevamo lì delle antologie da usare come quelle della metro, da restituire prima di andar via. E avevamo il programma per i non vedenti e per le persone con problemi di vista, con libri sia in braille sia stampati ad inchiostro, tutte iniziative che più tardi avremmo recuperato come associazione civile. Dato che non avevamo soldi, all’inizio ci siamo concentrati soprattutto sulle fiere del libro e sui tianguis perché era ciò che potevamo proporre più facilmente alle autorità con cui lavoravamo. Era chiaro per noi, inoltre, che se volevamo che la gente leggesse era necessario abbassare il prezzo dei libri. Decidemmo allora di fondare la casa editrice che porta lo stesso nome dell’associazione, Brigada Para Leer En Libertad. Be’, in realtà non si tratta davvero di una casa editrice perché i libri li pubblichiamo per regalarli.

Avete solo dei finanziamenti pubblici o contate anche su dei contributi privati?

Siamo appoggiati anche da alcune associazioni private. Una di esse è un’associazione tedesca di sinistra, l’Associazione Rosa Luxemburg, che ci aiuta e in cambio ci chiede solo di pubblicare un minimo di dieci libri all’anno e di tenere dei corsi di formazione politica, che poi è quello che facciamo tutti i giorni, e quindi per noi non è uno sforzo andare incontro alle loro richieste. Fra gli enti pubblici che ci sostengono c’è il governo di Città del Messico e i governi di alcuni Stati messicani, ma ci sono anche delle scuole e delle università. In questi sei anni come associazione civile abbiamo pubblicato finora 145 titoli, e abbiano regalato più di mezzo milione di libri. Abbiamo pubblicato 70 riedizioni, e alcuni di quei libri hanno avuto un successo impressionante. Organizziamo di continuo dibattiti, circoli letterari, presentazioni di libri in luoghi aperti, perché vogliamo che non vi assista solo un pubblico invitato.

In che misura i media messicani si fanno eco della vostra esperienza? Ottenete una visibilità importante?

Sì, assolutamente. Ora abbiano molta visibilità e moltissima gente scarica video e libri dalla nostra pagina web. Sanno perfettamente chi siamo.

Parliamo ora della questione edizioni su carta vs. edizioni digitali. Voi pubblicate in entrambi i formati, vero?

Sì, quando pubblichiamo un libro la tiratura minima è di mille copie, anche se alcuni titoli devono aver raggiunto già i diecimila esemplari. Poi lo carichiamo subito in formato digitale sulla pagina web, e da lì chiunque può scaricarlo gratis. All’interno dei tianguis allestiamo sempre il Tendedero de Poesía [Stenditoio della Poesia] dove appendiamo con le mollette, come se fossero dei panni, dei fogli dai colori brillanti con su stampate delle poesie, e diciamo alle persone: “Leggetele e portate a casa quelle che vi piacciono di più”. E non hai idea di quanto questo piaccia alla gente. E in ogni fiera chiediamo di donarci dei libri, libri di cui poi facciamo una cernita per allestire delle biblioteche comunitarie in luoghi sperduti dove non ci sono libri o dove le scuole non hanno biblioteche.

Quando avete cominciato vi siete ispirati ad altre esperienze esistenti all’estero? Le vostre iniziative avevano dei precedenti?

Affatto. Sapevamo che da qualche parte c’erano delle esperienze simili, ma tutto il programma di diffusione della lettura cominciò con il programma Leer de boleto en el metro, il cui nome ha due significati: il boleto è il biglietto, ma de boleto in Messico vuol dire “di fretta”. Così è cominciato tutto, e a partire da quel momento da molte parti sono venuti a chiederci di spiegare come era il programma per provare a riprodurlo altrove. Per esempio, in Colombia hanno provato a imitare il Leer de boleto. Ci hanno detto: “A Bogotà non abbiamo la metro, ma il Transmilenio, un sistema di metro-bus di superficie”, e sono partiti con una collana di libri che hanno chiamato Libros al viento. L’idea era la stessa, ma lì non ha funzionato bene perché i libri li regalavano anche. E non puoi fare tutte e due le cose, regalare i libri ad alcuni e chiedere ad altri i restituirli.

Avete avuto esperienze simili al bookcrossing?

In Messico esiste il bookcrossing, che da noi chiamiamo trueque de libros [baratto di libri], e c’è anche il libro al aire [libro all’aria aperta], che consiste nel lasciare un libro in un parco in modo che qualcun altro possa trovarlo. Ci sono molte esperienze di questo tipo in Messico, ma, a quanto ne so, non ci sono precedenti alle nostre iniziative, e ancor meno esperienze di queste dimensioni.

Avete mai associato queste vostre esperienze a iniziative di scrittura creativa? Chiedete un qualche feedback per iscritto ai vostri lettori?

Una volta abbiamo indetto un concorso fra gli utenti della metro per stimolare la gente alla scrittura, e poi abbiano pubblicato un’antologia di quei testi. Abbiamo anche lanciato un programma chiamato Letras en rebeldía [Lettere in rivolta] che si rivolgeva alle sedici escuelas preparatorias [scuole di preparazione all’università] del governo di Città del Messico, in cui regalavamo un’antologia a ogni studente. Una volta al mese invitavamo gli autori dei testi dell’antologia a un incontro con gli studenti. Inoltre abbiamo organizzato dei laboratori letterari in ognuna delle scuole. Ma soprattutto organizziamo dei laboratori di formazione politica.

Con quali gruppi politici siete in rapporto?

Con MORENA, il Movimiento Regeneración Nacional, il nuovo partito sorto dopo lo spostamento a destra del PRD [Partido de la Revolución Democrática]. Ora il presidente di MORENA è Andrés Manuel López Obrador, l’ex-candidato alle elezioni presidenziali del 2012. Comunque non apparteniamo a MORENA, ma lavoriamo con tutti i movimenti di sinistra.

Le università mostrano interesse per ciò che fate? Che contatti avete col mondo accademico?

Sì, certo. Teniamo le nostre fiere in molte università, alla UNAM, alla UAM, in tutte le università di Città del Messico, anche se non possiamo parlare di un appoggio istituzionale al progetto in sé, ma di adesioni a livello individuale.

Credi che esista una maniera messicana di leggere? Credi che il lettore messicano si avvicini alla lettura in modo diverso, per esempio, da quello di un lettore argentino? Esiste una “messicanità” della lettura?

Ogni persona davanti a un libro legge in maniera diversa. E in Messico esiste così tanta disuguaglianza che la maggior parte della popolazione non ha accesso ai libri, non solo culturalmente ma anche economicamente. C’è ancora dell’analfabetismo, anche se non molto accentuato, intorno al 12-14 % della popolazione. Naturalmente ci sono dei programmi di alfabetizzazione, ma se una volta terminati i programmi non si dà alla gente del materiale di lettura quelle persone diventeranno degli analfabeti funzionali, potranno leggere un cartello per la strada ma non saranno capaci di leggere un libro.

Mi interessa la caratterizzazione dei lettori e della lettura. Credi che ci sia un orizzonte di attesa, dei gusti particolari che definiscono i lettori a cui vi rivolgete, o hai l’impressione che sia in atto un’omologazione dei lettori in America Latina e in tutto il mondo? Pubblicate dei classici, dei romanzi polizieschi, dei romanzi rosa… che risposta ricevete dai lettori?

Dipende. Abbiamo un pubblico davvero ampio: non è solo un pubblico universitario o di adolescenti, o di persone della terza età, ma tutti questi insieme. Le nostre iniziative sono sempre aperte e hanno una dimensione di massa. Ma forse i più richiesti in questo momento sono i libri che parlano di lotte sociali, come per esempio due titoli di Luis Hernández Navarro sulla riforma della scuola, Cero en conducta e No habrá recreo, o un altro di Francisco Pérez Arce intitolato El principio, che racconta la storia del Messico dal terremoto del 1985 a quando la sinistra ha vinto per la prima volta a Città del Messico. E ovviamente pubblichiamo anche letteratura, alcuni libri di Paco [Taibo II], libri di scrittori prestigiosi in Messico che ci cedono i diritti di alcune loro opere ormai fuori catalogo. Noi facciamo il lavoro di editing e poi dobbiamo solo trovare chi ci finanzia i costi di stampa.

E cosa pensano di questa vostra attività le case editrici?

Con loro siamo in ottimi rapporti, perché in realtà non gli facciamo concorrenza. Magari qualcuno protesta perché non capisce como possiamo regalare dei libri, ma con la maggor parte di esse siamo in ottimi rapporti, anzitutto perché già lo eravamo prima della costituzione dell’associazione civile, quando organizzavamo la Fiera del Zócalo, e poi ci rispettano perché sanno che non abbiamo fini di lucro.

E l’associazione dei librai?

Anche con loro non ci sono problemi, perché alle nostre fiere possono partecipare i librai, le case editrici, i distributori, le librerie di seconda mano: noi non facciamo dei distinguo. Alcuni ci dicevano: “Non potrete convivere tutti insieme!”. E invece conviviamo, e tutti ci chiedono sempre dove e quando sarà la fiera seguente.

E i settori conservatori della società?

Quelli poi… C’è in atto una terribile campagna contro di noi. ll colmo è stato quando due anni fa ci hanno accusato di finanziare la candidatura presidenziale di López Obrador, una cosa ridicola, perché come potrebbe un’associazione senza fini di lucro, che non ha soldi, finanziare qualcuno! In un’altra occasione si sono inventati che Paco era uno dei dirigenti di un movimento sorto all’interno di una delle scuole politecniche, movimento di cui Paco sarebbe stato l’istigatore, e questo perché appariva in una foto scattata tre anni prima quando era andato in quella scuola a fare una conferenza.

Terminiamo questa chiacchierata con una domanda personale. In che misura la tua eredità culturale, il fatto di essere figlia di esiliati spagnoli, ha influito sul tuo impegno nel sociale e nella cultura? Vedi una continuità fra la tua storia familiare e le tue attività?

Io credo che la mia posizione politica sia stata segnata da quella dei miei genitori. Anche negli aspetti culturali, perché a casa nostra la lettura è sempre stata fondamentale, ed è qualcosa di cui oggi il Messico ha davvero bisogno. Come dice Paco, non siamo degli ingenui, siamo coscienti di ciò che stiamo facendo e di ciò che vogliamo fare.

Allora salutiamoci con il tradizionale Salud y república!

Ecco, oppure, come si diceva a casa mia quando ero piccola: Salud y revolución social!


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L'autore

Luigi Giuliani
Luigi Giuliani
Luigi Giuliani è professore associato di Letteratura spagnola dal 2014 presso l’Università degli Studi di Perugia. Ha vissuto per 25 anni in Spagna dove ha insegnato Teoria della letteratura e Letteratura comparata presso l’Universitat Autònoma de Barcelona e l’Universidad de Extremadura. Specialista di teatro barocco (edizioni critiche e studi su Lope de Vega, Lupercio Leonardo de Argensola, Juan de la Cueva, Cristóbal de Mesa), si è occupato (un po’ schizofrenicamente) di teoria della performance, critica testuale, poesia dialettale romanesca e narrativa italoamericana. Scrive regolarmente di baseball e letteratura sul sito www.baseball.it