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Un artista e il suo paese

Pietro De Laurentiis (Roccascalegna 1920 – Roma 1991) è stato un enfant prodige, se così vogliamo chiamare il talento naturale e precoce, quando si dice di qualcuno che è nato per quel mestiere, con il lapis in mano. La sua biografia induce a pensare questo. Il primo talent-scout lo incontrò in modo casuale, e subito si accorse delle sue doti di ritrattista spontaneo, felice di disegnare soggetti tratti dalla cerchia familiare e da figure del paese, i manufatti (un uomo di paglia usato come “spaventapasseri”) e gli animali della corte rurale (gallo, bue, maiale) che il lavoro dei campi gli offriva quale repertorio di raffigurazioni negli anni Trenta del secolo scorso.
Il trasferimento da Roccascalegna a Roma significò la possibilità per Pietro (mi prendo la licenza di usare il nome proprio di De Laurentiis per averlo conosciuto di persona per via di una lontana parentela e dall’essere chi scrive originario dello stesso paese) di perfezionarsi nel disegno e formarsi all’Accademia di Belle Arti. Siamo negli anni della seconda guerra mondiale, con l’Italia ancora impelagata negli slogan dello “Stato etico”. Non tutto sarà da buttare, com’è comprensibile, di quel Ventennio in cui molte opere di architettura nella capitale erano state realizzate: per esempio il Foro Mussolini, ribattezzato poi Foro Italico.
Per la committenza pubblica l’architetto Luigi Walter Moretti (1907-1973) era all’epoca uno dei più stimati, con diversi incarichi portati a termine durante il regime ed altri affidatigli nel dopoguerra. Con l’Architetto l’Artista (così chiamato a volte nel testo che segue per evitare ripetizioni) stabilirà un sodalizio trentennale, dagli anni Quaranta ai primi anni Settanta. Un arco di tempo nel quale passano molti nodi della storia d’Italia, dalla ricostruzione al boom economico, come a dire dalla civiltà contadina a quella industriale e consumistica.
Pietro è mancato nel 1991, poco dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda, al termine di quel “secolo breve” che in lui ha trovato un personaggio paradigmatico per esperienze vissute e battaglie condotte. Avrebbe avuto ancora molto da dirci e insegnare, anche lontano dalla cattedra di “Plastica ornamentale” a Valle Giulia. Il vuoto che ha lasciato – come per certi suoi calchi – lo rivela la pienezza dell’affetto che gli porta la sua famiglia, la quale attraverso le generazioni continua a volergli bene e si impegna, con orgoglio, a tenere viva la memoria della sua opera di alto valore per contenuti e per riflessione estetica, in grado di riassumere nelle sue realizzazioni quasi tutto lo spirito del XX secolo.
La foto dell’Artista nello studio di Villa Blanc, a Roma, quartiere Nomentano, si riproduce per gentile concessione dell’Associazione culturale Pietro De Laurentiis, © www.pietrodelaurentiis.it. Nel sito dell’Associazione si può avere una panoramica fotografica dell’intera produzione artistica, l’elenco delle mostre collettive e personali, delle commissioni pubbliche e private realizzate, una antologia dei suoi scritti (“testi autografi”), e la bibliografia della critica.
Chi scrive ha diviso l’opera dell’Artista in tre attività: il disegno, la scultura, la decorazione urbana e l’arredo sacro (almeno questa è la scansione che si è data al contributo che si offre). Il 2020 doveva essere riservato all’evento del centenario della nascita di De Laurentiis, ma sappiamo purtroppo che molti appuntamenti sono stati differiti all’anno seguente, che corrisponde anche ai trent’anni dacché Pietro ci ha lasciati.
Poiché un centenario chiama l’altro, e per avere il sottoscritto accumulato un minimo di conoscenza di dantistica, ho avuto piacere di omaggiare, nel corrente 2021, i 700 anni dalla morte di Dante con i 100 anni della nascita di Pietro, o viceversa – insomma tra artisti non mette conto badare a formalità.
Lascio pertanto al paziente lettore il piacere (se tale lo riterrà) di scoprire in cosa e in quali episodi del sacrato poema, si possa trovare un aggancio con il cursus figurativo dell’Artista. Che le arti, come le Muse che le rappresentano (etimologicamente “coloro che meditano, che creano con la fantasia”), debbano fare gruppo e dialogare tra di loro, ce lo ha mostrato la vita e l’opera di Pietro De Laurentiis, il quale da disegnatore e scultore ha insegnato alla Facoltà di Architettura; con un architetto entrò in simbiosi creativa e in amicizia personale. Luigi Moretti di questa ‘interoperabilità’ tra le arti e gli artefici era assai convinto, e forse nel suo proselitismo finì per rinforzare la stessa idea in Pietro. Non a caso, in occasione di un’antologia-omaggio pubblicata con le principali 50 immagini di architetture di Luigi Moretti (Roma, De Luca, 1968), nella strenna si trova una prefazione di Giuseppe Ungaretti, e un disegno di Giuseppe Capogrossi.
Quale miglior invito, dunque, a ripercorrere l’opera di Pietro De Laurentiis, affiancandola ad alcuni tratti della poesia di Dante? Entrambi, a modo loro, sono stati apostoli della fantasia poetica protesa Sempre a quel ver c’ha faccia di menzogna (Inf. XVI 124).

Un artista e il suo paese

L'autore

Rossano De Laurentiis
Lavora presso la Biblioteca Umanistica dell'Università degli studi di Firenze. Svolge attività di ricercatore indipendente, dopo aver conseguito la laurea in Lettere moderne, con una tesi di laurea di Storia dell'editoria. Dottore di ricerca in Scienze bibliografiche alla Università di Udine (XVII ciclo), con un progetto sulla figura di Guido Biagi e la biblioteconomia in Italia tra XIX e XX secolo, volume uscito per l'Associazione Italiana Biblioteche, Roma 2017. Dottore di ricerca in Filologia e Critica delle letterature antiche e moderne alla Università di Siena 1240 (XXVIII ciclo) con l'edizione del carteggio tra Ernesto G. Parodi e Pio Rajna (in corso di pubblicazione). La sua produzione scientifica è disponibile su https://unifi.academia.edu/RossanoDeLaurentiis .