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Pasolini lettore dei “Lusíadas”

Le celebrazioni per il Centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini coincidono con quelle dei 450 anni dalla prima edizione dei Lusíadas (1572). Questa coincidenza non si rivela casuale, dal momento che Pasolini fu un lettore del poema di Luís de Camões, nella traduzione di Antonio Nervi, e questa lettura lo accompagnò lungo tutta la sua vita.
Questo libro (Camoens, Luigi, I Lusiadi, Traduzione di A. Nervi, Milano, Edoardo Sonzogno Editore 1882 [“Biblioteca universale”, 11-12]), come gran parte dei suoi manoscritti e disegni, si trova al Gabinetto G. P. Viesseux di Firenze. La sua lettura risale all’adolescenza di Pasolini. Rimase così impressa nella sua memoria che, nel 1970, nella prefazione all’antologia di versi intitolata Poesie, egli ricorda: “A tredici anni fui poeta epico (dall’Iliade ai Lusíadas)”. Poesie è un’antologia personalissima, strutturata nell’ultima decade di vita del compianto autore. La prefazione autobiografica che l’accompagna coglie momenti del suo percorso biografico ai quali conferisce un valore particolare, rendendo la memoria di Os Lusíadas estremamente significativa.
A tredici anni Pier Paolo vive a Cremona. Trascorre le sere ai margini del Po con il fratello e gli amici, costruendo fortezze di canne e sognando avventure.
La famiglia Pasolini si sposta di zona in zona secondo i trasferimenti del padre, ufficiale dell’esercito. Da Cremona passano a Scandiano, Bologna e, ancora, a Parma. Con la famiglia si trasferisce di casa in casa anche la traduzione dei Lusiadi.
A Casarsa il volume dei Lusiadi passa sugli scaffali di legno brunito che coprono le pareti della cucina. Pier Paolo sistema il suo scrittoio in questa parte della casa, e chi passa per la strada lo vede sempre immerso nei suoi libri, seduto al tavolo di marmo. I mobili erano stati fatti costruire dal padre, nella caserma, ricorrendo alla mano d’opera dei soldati esperti di falegnameria. Quando la forza aerea alleata arriva in Friuli, l’abitazione si trova in pericolo, data la sua vicinanza alla stazione dei treni e a un ponte sul Tagliamento. Madre e figlio si rifugiano in un tugurio isolato nei campi. Con l’aiuto di un amico, Pier Paolo riesce a trasportare i libri, tra cui I Lusiadi, con una carretta.
Nel gennaio del 1950 Pasolini, accusato di condotta immorale, fugge rapidamente a Roma accompagnato dalla madre. La biblioteca di Casarsa, già incompleta, arriva a Roma nel 1951, con il padre. Rimane nella periferia romana a nordest, località Ponte Mammolo, in una casetta ancora in costruzione. Da Ponte Mammolo passa per i due appartamenti di Monteverde Vecchio, quello di via Fonteiana e quello di Via Giacinto Carini, sempre ordinata negli scaffali neri. È con il trasloco all’EUR, nel 1963, che gli scaffali cambiano di colore. Pasolini acquista un appartamento a via Eufrate e fa fare nuove scaffalature di legno chiaro, figlie del moderno funzionalismo. Arrivano al soffitto, ricoprendo le pareti del suo appartamento e i corridoi della casa. I Lusiadi sono là. Non fanno parte di quel gruppo di libri di cui Pasolini deve disfarsi per far fronte alle difficoltà economiche che lo affliggono quando viene a Roma, né di quelli che sposta alla Torre di Chia (Terni), e che si perderanno per la gran parte.
Se dovessimo chiederci quale spazio abbia occupato il Portogallo nei vastissimi orizzonti dell’universo di Pasolini, non avremmo molto da segnalare, a parte il volume finora menzionato. Pasolini era un viaggiatore entusiasta. Nel decennio del 1960 intraprende una serie di viaggi che lo conducono, tra l’altro, in Africa e in Estremo Oriente. Non sembra però essersi troppo interessato alla situazione della Penisola Iberica.  Nel luglio del 1974, in un’intervista a Il Mondo in cui accenna alla tendenza verso l’imborghesimento di una nuova forma di totalitarismo, prevede, en passant, che entro cinque anni il “fascismo consumistico” avrebbe mutato radicalmente la società portoghese, ponendo fine alle ingenue speranze rivoluzionarie.
Da ricerche svolte in archivi portoghesi e italiani, non sono emersi corrispondenti portoghesi, in un’età in cui i carteggi erano il principale mezzo di comunicazione.
Durante la vita dell’autore, furono pubblicati in Portogallo solo due romanzi, Uma vida violenta, nel 1965 (trad. José Manuel Calafate e João da Fonseca Amaral, Portugália) e Vadios, ‘I vagabondi’, nell’anno seguente (trad. Virgílio Martinho, Ulisseia). La prosa del primo Pasolini, con il suo soffio di realtà, era affine evidentemente al programma di questi editori. Quanto alla produzione saggistica e alla poesia di Pasolini, solo dopo la sua morte sono uscite traduzioni in portoghese: nel 1977 Últimos escritos (trad. Manuel Braga da Cruz, Centelha; rec. António Pedro Pita, Boletim Zoom. Associação Académica de Coimbra, 1997) e nel 1978, Pasolini, poeta (ed., trad. Manuel Simões, Plátano) e As cinzas de Gramsci (trad. Egito Gonçalves, Inova).
(Traduzione di Roberto Gigliucci)

L'autore

Rita Marnoto
Rita Marnoto è Professore Ordinario presso la Facoltà di Lettere e il «Colégio das Artes» dell’Università di Coimbra. La sua area di ricerca include la Letteratura Italiana, i rapporti tra la Letteratura Portoghese e la Letteratura Italiana, la Traduzione e gli Studi Interdisciplinari, con riferimento a varie epoche e vari autori. Ha dedicato la sua carriera allo sviluppo degli studi di Italianistica in Portogallo e alla promozione dei rapporti italo-portoghesi sul piano accademico, organizzativo e in merito all’istituzione della docenza. Ha pubblicato più di venti libri, tra saggi critici, edizioni di testo e curatele, e più di cento articoli in riviste specializzate. Spiccano le sue ricerche sul petrarchismo in Portogallo, che segnano un punto di svolta negli studi sulla materia, dato l’approccio dinamico alla luce del quale è identificata la sua interrelazione sia con il sostrato della poesia iberica e la vocazione ultramarina del Portogallo del Quattrocento e Cinquecento, sia con i circuiti del petrarchismo europeo, sia con il campo più vasto della diffusione dei grandi autori italiani (1997, 2015). Si è ugualmente occupata di Machiavelli (2004); della forma canzoniere (2007, 2008); di Marco Polo (2008); di epica (2008, 2015); di narrativa sentimentale (2013); di trattati di corte (2013, 2014); di retorica (2014); e di metrica (2016). Nell’ambito del Neoclassicismo, a partire dallo studio dell’Arcadia romana e dei «lumi» italiani, ha riformulato e chiarito l’intreccio storico del Neoclassicismo portoghese, al quale ha dedicato vari articoli (2004, 2008, 2011) e il volume História crítica (2010). Nel campo della letteratura italiana contemporanea ha studiato A. Tabucchi, I. Calvino, L. Pirandello, M. Rigoni Stern, U. Eco, ecc. Nel dominio inter-artistico, ha identificato e storicizzato l’attività dei gruppi futuristi dei decenni 1910 e 1920 operanti a Coimbra e formati da studenti della UC e ha pubblicato i loro testi, mostrando come il secondo Modernismo portoghese non possa essere compreso ai margini di questo movimento (2009, 2016). Ha curato con Álvaro Siza Vieira il testo del diario di viaggio di Fernardo Távora, mettendo ordine ai quaderni manoscritti dell’architetto e chiarendone il significato (2012). Ha tradotto e studiato G. Bodoni (2001), dedicandosi inoltre alla traduzione specializzata dall’italiano al portoghese nell’ambito dell’architettura. Ha lavorato con vari gruppi di teatro nella drammaturgia di testi di autori italiani e ha tradotto I Giganti della Montagna di L. Pirandello per il Teatro Nazionale di São João (1997; messa in scena di G. B. Corsetti). Organizza annualmente a Coimbra il Festival del Cinema Italiano 8 ½, l’evento di maggiore portata che si svolge in Portogallo in questo ambito. Ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui quello di «Grande Ufficiale della Repubblica» dell’«Ordine della Stella della Solidarietà Italiana», conferito dal Presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi. È Commissario delle Commemorazioni del V Centenario della nascita di Luís Vaz de Camões (2024-2025).