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Lo stile oracolare degli algoritmi: non motivato, con scarse capacità semantiche e ambizioni penal-predittive

L’immagine di copertina è di Enrico Pulsoni

Il lavoro trae origine da una lettura delle Operette Morali di Giacomo Leopardi il quale, già nel febbraio del 1824, scriveva in merito alla tecnologia e alla sua pretesa di poter sostituire gli esseri umani. Leopardi non svalutava affatto le scoperte scientifiche e tecnologiche; semmai egli rinunciava all’eccessivo entusiasmo che la visione ottimistica del suo tempo riversava sul progresso scientifico.

Tuttavia, sembra che per gli anni a venire, gli esseri umani, debbano abdicare di fronte agli algoritmi: entità oracolari la cui valenza, specie in alcuni settori, è tutta da dimostrare. A dirla tutta la loro applicazione in ambito penale (pericolosità sociale, recidiva e determinazione della pena) ha già sollevato violente discriminazioni che, forse, sono fonte di ulteriori disagi per una società che non ha bisogno di mostrare il suo lato peggiore.

Lo stile oracolare degli algoritmi

 

 

L'autore

Umberto Fiore
Laureato in Economia e Commercio presso l’Università di Napoli Federico II e in Scienze della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Siena; già cultore della materia presso le cattedre di Diritto Pubblico, Diritto Pubblico dell’Economia, Contabilità di Stato e Diritto Tributario. Autore di pubblicazioni in materia di diritto tributario.