conversando con...

Peter Steger e Ilaria Dinale intervistano Viacheslav Kupriyanov

Viacheslav Kupriyanov (Novosibirsk, Russia, 1939) è uno scrittore freelance, membro dell’Unione degli Scrittori Russi e Serbi. Laureatosi nel 1967 all’Istituto delle Lingue Straniere di Mosca, ha pubblicato numerosi libri sia in poesia che in prosa. È uno dei principali autori di poesia in verso libero dell’intera Russia. Ha vinto svariati premi anche a livello internazionale: proprio in Italia si è aggiudicato il Premio per la Poesia Internazionale di Gonnesa nel 1986; ricordiamo poi l’European Literature Prize (Jugoslavia, 1988), il “Branko-Radicevic-Prize” (Serbia, 2006), il Bunin-Prize, (Russia, 2010), il “Mayakovsky-Prize” (Mosca, 2011), la nomina a “Poet of the Year 2012” (Russia), il premio “European Atlas of Poetry” (Serbia, 2017), lo Yugra-prizes, Khanty-Mansijsk (Russia, 2018) e i Naji Naaman literary prizes, (Giappone-Libano, 2018).

In vista della partecipazione di Viacheslav Kupriyanov al Festival europeo della poesia ambientale, riportiamo su Insula europea l’intervista che il suo traduttore in tedesco Peter Steger ha realizzato lo scorso 23 dicembre, in occasione dell’ottantesimo compleanno del poeta.

Con quale stato d’animo accogli questo compleanno?

Non ritengo che questo mio compleanno abbia una particolare importanza, e il pubblico più competente è d’accordo con me. Ma sono felice che il filososo Valerij Lysenko mi abbia dedicato, nella «Nezavisimaja gazeta» un lungo articolo: Ironičeskij optimizm eschatologii Vjačeslava Kuprijanova (L’ottimismo ironico dell’escatologia di Vjačeslav Kuprijanov).

Non parliamo del pubblico più competente, ma tu hai degli amici fidati che hanno molto da dire su di te, e senza bisogno di un’occasione per farlo. E non solo a proposito della tua ironia!

Il mio amico Valerij Lipnevič ha scritto, nella rivista «Družba narodov»: «… Parlare di Kuprijanov poeta, traduttore, critico, prosatore, non è ancora parlarne. Tutto questo non è che il confine di un qualcosa di più grande, che si manifesta con lentezza e costanza. Kuprijanov offre un nuovo tipo di pensiero, un nuovo carattere, del quale la società e la cultura ha necessità ormai da tempo».  «Un nuovo tipo di pensiero»  –   è stato lusinghiero leggere queste parole, ma io parlerei piuttosto della ricerca della possibilità di individuare un pensiero in letteratura. Nel migliore dei casi, in me è stata trovata una «speculazione del cuore» (definizione del critico A. Urban). Io provo a individuare qualcosa che si possa opporre ai danni dei mass-media, a questa continua minaccia di catastrofi mondiali, da una parte, e dall’altra all’adescamento instancabile verso una vita superficiale.  E non c’è alcuna mobilitazione contro le minacce reali! Le forze non sono equilibrate.  Ma ecco un esempio – tre versi di un mio caro amico scomparso, Vladimir Burič: «Si taglia la lingua – / scriverò i miei pensieri sullo steccato / usandola come un pennello».

La gente legge sempre di meno e capisce sempre di meno ciò che è scritto. Perché succede anche da voi, dopo tutto eravate il paese con più lettori al mondo, non è così?

Eravamo il paese con più lettori, ma non un paese dalla vita facile. Da noi i mass media erano poco sviluppati. E il poeta era diventato un medium sui generis, che sostituiva con la sua attività pubblica il colore ancora mancante dei mass media visivi: l’assenza di una attrattiva forte. All’interno di questo effetto di popolarità, i poeti pop del tempo erano una specie di «partito d’opposizione» in una società monopartitica. Ma quando si fece avanti il colore aggressivo della televisione, l’uomo medio si diede prigioniero senza combattere. Il passato dialogo delle «dume del potere» con la società (per quanto confuso) si è perso, e un nuovo possibile dialogo non nasce: il legame tra chi ha da dire e chi ha da chiedere si è indebolito. Se i rappresentanti più importanti del governo offrono un dialogo, il «popolo» non sa cosa chiedere – a quale polso portare l’orologio o come distinguere il kefir dallo yogurt. Incoerenza di popolo e potere! Io non so persino come inserire, in questo contesto, la parola poetica. Incoerenza della poesia e del popolo! La caduta d’interesse verso la poesia, in Russia, dal mio punto di vista equivale alla perdita dell’identità culturale nazionale. Il paese vive come privo della cultura della propria lingua.

Tu non sei soltanto un poeta, ma anche un prosatore. Il «Frankfurter Allgemeine» ha scritto che nel tuo romanzo Syraja rukopis’ (Il manoscritto incompiuto) hai predetto la disgregazione dell’Urss. Quando lo hai scritto?

Scrissi il romanzo agli inizi degli anni Settanta, e non pensavo alla disgregazione dell’Unione Sovietica – è stata una coincidenza. Ma questo romanzo da noi è stato pubblicato a frammenti. Il libro in quanto tale è uscito solo in Germania, in tedesco. In russo non esiste.

Il tuo romanzo è stato studiato in alcune nostre università. A Potsdam, sembra sia stato inserito nel corso intitolato «L’antiutopia letteraria russa» il tuo romanzo Vaše Zveropodobie (La Vostra somiglianza alle bestie)? Ti consideri un «antiutopista»?

Nella vita, io spero sempre nel meglio. In breve, sono un utopista. In letteratura sono un idealista critico. Delle volte mi definiscono un autore di fantascienza, altre volte un autore di satira. Chi non si accorge dell’assurdo nella vita, lo trova nella mia poesia e nelle mia prosa.

Forse, la tua opera più assurda è il romanzo su un poeta, Bašmak Empedocle. In Germania ha avuto addirittura due ristampe. È vero che il modello del «poeta Pomereš’enskij» è Evgenij Evtušenko, come ha affermato il «Frankfurter Allgemeine»?

C’è un episodio divertente legato a questo, raccontato a proposito di Evtušenko da Vitold Dombrovskij, traduttore mio e suo, in polacco. Evtušenko ha negato che ciò sia vero, cosa sostenuta dalla sua sincerità soltanto. Ma di modelli reali ne avevo molti, anche se ne avevo di più d’invenzione. L’accademico Ju. V. Roždestvenskij ha scritto nella prefazione: «Il testo di Vjačeslav Kuprijanov … si presenta come una storia della letteratura contemporanea in breve». E V. Lipnevič ha notato in «Novyj mir»: «Kuprijanov è capace di cogliere e delineare qualcosa di piuttosto serio e significativo – un tipo di realtà anticulturale nell’ambito della cultura».

Nel volume tedesco Letteratura del XX secolo, il professor Lauer parla del tuo romanzo nel capitolo dedicato all’opera di Evtušenko. Ma non scrive di te, innanzitutto come fondatore della tradizione del «verso libero russo». Ma da voi il verso libero è stato poi accettato? Dopo tutto, da noi e in tutta Europa quasi nessuno scrive «in rima».

Io scrivo anche in modo tradizionale, «in rima», senza considerare se la rima esista ancora. Ma del mio verso libero, e di quello di V. Burič, ora si parla nei manuali di letteratura russa per l’undicesima classe. Non vengono però riportati esempi evidenti, «antologizzati». Gli insegnanti non sanno su cosa basarsi. Ho sentito che gli impiegati del Ministero della Pubblica istruzione si sono espressi contro la nostra presenza nei programmi scolastici, perché … non ci hanno mai visto in televisione. Ormai da noi il verso libero è accettato, ma alcuni lo giudicano come accadde in una vecchia conversazione di Nazim Hikmet con Nikolaj Glazkov: Glazkov: «Mi sembra che i versi senza rima siano come una donna senza capelli»… Hikmet rispose: «Ma immagina, fratello, una donna che abbia capelli ovunque!» Glazkov: «Vero…».

Ma in quei tempi, ti ritieni un poeta sovietico o un poeta russo?

È più importante chi mi considerasse cosa. Ricordo sempre una frase di Robert Frost – «dire di sé – sono un poeta, è come dire: sono bello!» Adesso tutti sono bellissimi. Ma io sono un traduttore, e innanzi tutto dal russo al russo. Nell’Associazione degli scrittori il primo dirigente era Ju. N. Verčenko, un impiegato molto gentile ma severo, forse un generale del KGB. Un giorno disse: «C’è la disposizione di non mettere in rilievo il poeta Kuprijanov». Cioè di non promuovere la sua opera. Nella Associazione degli scrittori mi hanno accettato solo come traduttore, e questo a causa dello scandalo dei miei articoli di critica su Evtušenko e Voznesenskij.

Tu vieni continuamente tradotto in altre lingue. Non potrebbe essere che ciò dipenda proprio dal tuo verso libero?

Così è stato all’inizio degli anni Settanta. Allora i miei versi vennero tradotti per la prima volta in lettone, armeno, polacco, tedesco. Dai primi degli anni Duemila i miei nuovi libri sono usciti in Armenia, Belgio, Brasile, India, Serbia, Romania, Giappone e Germania. Adesso vengono tradotti anche in cinese e in persiano. Sono libri che spesso accompagnano o seguono premi. Così è stato per il premio «Poeta dell’anno 2013» in Russia, con la raccolta Ničto čelovečeskoe (Il niente umano), che, a dire il vero, è stato stampato in pochi esemplari, e perciò quasi nessuno lo ha visto. Volčij zov (Il richiamo del lupo) è apparso in Serbia nel 2017 con il premio «Atlante europeo della poesia, e in Giappone nel 2019 con il «Naji Naaman Prize».

Dopo l’uscita di un estratto, Lučšie vremena (Tempi migliori) per «Molodaja gvardija» nel 2003, l’editrice BSG-Press ha pubblicato un grosso volume, una raccolta di più di 600 versi liberi – Protivorečija, opyty soedinenija slov posredstvom smysla (Contraddizioni, esperimenti di incontro di parole per mezzo del senso).  Io considero ogni mio libro il risultato di un caso fortunato. Ma adesso nel caso si è infilato il libero mercato. Lo stato guarda al libro come a una merce, non diversa dalla carta igienica. E si è aggiunta questa pandemia, che ha colpito e colpirà ancora il mercato editoriale. Ma sono felice di essere riuscito, malgrado tutto, a far entrare il mio Contraddizioni come  una realtà letteraria, nella storia.

***

A completare questa meravigliosa conversazione, abbiamo provato ad affrontare insieme all’autore il tema dell’ambiente, spesso presente nei suoi componimenti.

Che cosa significa per lei, in veste di poeta, l’ambiente?

L’ambiente per me è una sfera pluridimensionale, che racchiude in sé non solo il rumore della città, che copre la voce del poeta, o il rumore del bosco, nel quale la voce del poeta è ascoltata dagli alberi, ma non è ancora ascoltata dagli uomini; racchiude anche la cultura che ha bisogno di essere protetta, le voci dei saggi e dei poeti che giungono dalle profondità dei secoli passati, e le parole degli amici sui problemi del nostro tempo. Il rumore delle informazioni, all’interno del quale è necessario distinguere la musica della verità. Il futuro ci circonda con nuove speranze e con nuove minacce. Anche la storia – come credeva Friedrich Hölderlin – crea, nella nostra memoria di poeti. La storia ci circonda con i nostri errori futuri. «Tutto è intorno a me / e io sono dappertutto».

Ritiene che la poesia ambientale possa avere un ruolo sociale?

Bisogna cercare di dimostrare le parole di Leibniz, secondo le quali questo è il migliore dei mondi possibili, ma non ridicolizzandole, sull’esempio di Voltaire. Tuttavia, non è possibile farlo senza ironia:

In un mondo

di un tempo,

per salvare i boschi,

intorno ai boschi

iniziarono a costruire steccati.

Solo quando tutti gli alberi

diventarono assi

per quegli steccati,

decisero che finalmente

i boschi erano al sicuro.

In un mondo

di un tempo.

La poesia possiede un significato sociale quando custodisce e alimenta il mezzo vivo della lingua madre. «Con la nostra lingua / come con le ali / voliamo / uno incontro all’altro». Persino una semplice poesia d’amore promette un sorriso, alla società, parlando di come essa possieda un futuro. La poesia ammonisce, predice, spesso fa persino paura. L’Inferno di Dante – ecco una composizione poetica sull’ «ambiente» che ci avvolge.

Sulle carte del mondo

il tempo cancella i confini

dei sacri imperi.

Sono eterni

i tratti di Inferno e Paradiso,

visti sulla terra

dal vecchio Dante.

L’intervista è stata realizzata in collaborazione con Sapereambiente

 

L'autore

Ilaria Dinale
Ilaria Dinale
Ilaria Dinale si è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” con una tesi dal titolo “Scritture poetiche e narrative nei social network. Panorami italiani”. Presso il medesimo ateneo attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Linguistica.

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