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Il mio Fellini: per una memoria più accurata di Federico, non solo Cinema

Dunque è stata una grande passione non solo premonitrice per l’Autore più immaginifico e insuperabile che il cinema abbia avuto in questo scorcio di secolo e se posso osare, è tuttora un maestro insuperato dell’immagine, del fantastico, del sogno, dell’illusorio e di tanto altro che non è bene enumerare per non rischiare d’ingabbiarlo in una cornice improbabile e insopportabile anche per lui che è sempre e per sempre il Grande Regista Cinematografico, “e qualcosa in più”, aggiungo io per verità e anche per un di più di conoscenza personale che risale alla fine degli anni Sessanta ed è arrivata fino agli anni Novanta. Io l’ho conosciuto e visto per aver curato editorialmente i volumi che racchiudono l’avventura scenica, le sue previsioni e i suoi scarabocchi d’artista per cast e scene, creati durante qualche cena o al tavolino di un bar dai suoi pennarelli inquieti. Lui prevedeva i personaggi, le scene di Satyricon (nel volume per la Milano Libri Edizioni Federico A.C.) e di Amarcord (sempre per MLE Federcord), impressi su fogli e foglietti fino a tovaglioli di carta o menù di ristoranti e trattorie. Ritratti di fuori di un mondo suo, deformato di dentro. Alla fine degli anni Sessanta/Settanta. Fantasie ghignanti ripetute in sequenze ossessive: si veda Vernacchio, il Vernacchio che poi è diventato “umano”, ovvero un personaggio del film.

Perché i problemi ‒ dopo la distribuzione dei suoi scarabocchi visionari ‒ erano poi dei suoi collaboratori: trovare nel mondo tra Rimini e Cinecittà i personaggi, gli interpreti più simili a quei disegni, anche traendoli dalla gente comune. Nei fumetti invece sarà tutta un’altra storia, e anche un’altra passione… quella originaria, che il Maestro portò anche nel cinema. Siamo nel cuore del 1989, nelle pagine della rivista CortoMaltese, il mio mensile di fumetti viaggi avventure. Fellini e fumetto. Anche dopo tutti quei film di successo “Magia e mistero”, in un binomio perfetto. Fellini e fumetto… ormai ritenuto impossibile, ma vero e non per magia.

Piange il telefono? Perché Fellini era capace di stupirti con una semplice inaspettata telefonata. Dove trovava il tempo per tutto questo sé stesso dilagante alla ricerca compulsiva di contatti, di rete personale e ante litteram, di realizzazione? Da cosa nasceva questa quasi ansia di esserci dovunque e comunque? Fellini insicuro? Fellini solo? O semplicemente Federico? In molti l’hanno sondato, non c’è notizia di qualcuno che l’abbia capito.

Divertimento d’Artista? Forse. Maschera? Di certo una grande frenesia di riuscire a trovare, catturare ciò che lui, Autore e regista di quel tale film aveva visto con gli occhi dell’immaginazione o in sogno o altrove, oppure sebbene celato dentro un altro film da realizzare o anche mai realizzato. Ci vorrebbe un suo doppio a raccontarci.

Andiamo per curiosità distinte. Ma come si fa a parlare di un tale genio visionario per spicchi di creatività come si fa nei sondaggi con torta e percento e colori…? Non credo di esserne io in grado. Mi fa da scudo il suo gusto per lo sberleffo delle immagini catturate e create in pezzi di carta, quasi frammenti di idee, che gli capitavano sotto il pennarello. Ho visto schizzi suoi di suoi personaggi per Satyricon: facce particolari su carta gialla, sagome grasse o aguzze o marchingegni e paesaggi, scene del film che lui abbozzava per chi poi doveva ricercarne il cast e ricostruire e realizzare le sue invenzioni sceniche. Ho ancora alcuni brandelli di carta da macellaio (chi se la ricorda? Giallo paglierino acceso, ruvida e resistente) di un tempo e pezzi di tovaglioli di carta o di tovagliette con abbozzi di protagonisti o comparse, tracciati da lui mentre “vede” il cast, i luoghi. Regali a me che però stanno svanendo anche se conservati con cura al riparo buio di una carta nera fotografica. E purtroppo non più recuperabili: unici e irripetibilmente miei. Ancora per poco. Effimero il mondo di carta? Effimero il tratto del pennarello. Lo guardi, lo ripari. Dura un nulla e poi svanisce… ricordate il famoso “Tratto Pen? Non era ancora stato inventato… lo dicevano i pubblicitari dalle pagine anche di linus dopo la metà dei Settanta (ormai non più così formidabili per molti specifici motivi).

Ma torno a Fellini. Mentre pensava a una trama, lui subiva interferenze visionarie che lo spostavano su altri temi e nasceva l’idea di un altro film da fare. Urgente. Nascevano nuovi tipi per nuovi cast. E così accadde per i suoi progetti fumettistici, ma anche quelli si possono definire film in cui le immagini sono «come farfalle in bacheca infilzate per catturarne per sempre la bellezza» (cito a memoria le parole del Maestro). Infatti, anche nella storia del viaggio di Mastorna che per l’ingombrante interferenza della superstizione e dell’intenzione negativa di un mago che gli aveva predetto la morte quasi collettiva (Autore, Regista, Produttore) se lui, Fellini, l’avesse comunque realizzato, accadde che nessun produttore cinematografico neanche amico, lo volesse mai produrre. E lui Federico Fellini ci è riuscito più tardi con me e grazie all’arte fumettistica di Milo Manara! Sì. Proprio lui, l’Autore con Silverio Pisu sceneggiatore, già da molti anni nella mia storia minuscola editoriale. Si veda Lo scimmiotto che appassionati lettori di fumetti, e qualcosa in più, conobbero non su linus bensì sulla sua costola avventurosa Alterlinus nata agli inizi degli anni Settanta. E soprattutto lo si rilegga dal 1983 dopo molti anni della mia vita editoriale, anche su CortoMaltese, mensile nato dalla mia creatività e per la stima e amicizia di Hugo Pratt, dove sul primo numero osai pubblicarne Tutto ricominciò con un’estate indiana senza avere una scorta di almeno 40/60 tavole per i numeri successivi. Scorta che, se ci fosse stata, non io ma Sergio Bonelli Editore avrebbe potuto pubblicarla al posto mio e insieme alla rivista CortoMaltese. Chissà come sarebbe andata? E per me fu una sfida che vinsi per la mia tenacia decisiva che ripagò tutti con il grande successo della rivista sia per la collaborazione inedita e responsabile dei due grandi Pratt e Manara. Ma di questo avrò modo di raccontarvi non qui dove importante è ora parlare di lui, Federico Fellini. Non sul grande schermo ma sempre sulle pagine di CortoMaltese. Cambia l’Autore del racconto, ma è lo stesso l’Autore dei disegni: Milo Manara. Cambia il luogo dell’azione che scende al sud e si addentra in luoghi della mente e in altrove di fantasmi dell’inconscio che sotto il titolo Viaggio a Tulum racconta il temuto Viaggio di Mastorna. Ne sono più che certa… Ricordo perfettamente perché lo pubblicai. Sfidai razionalmente l’inquietudine che mi aveva preso interrogandomi senza risposta sul perché un genio come Fellini visionario e libero si lasciasse insidiare da previsioni superstiziose, secondo me al più fasulle, di un sedicente mago forse al tempo seducente? Era una moda? Anche Agnelli, Gianni Agnelli, ne era stato soggiogato… Forse lui, Federico, non ci credeva, ma alcuni piccoli segnali che mai l’avrebbero impressionato avranno scaramanticamente influenzato i suoi amici produttori troppo fragili, che avrebbero dovuto farsene carico e che si ritrassero alla proposta… La paura del destino avverso, della morte “vaticinata”!?! Ma di chi? Dell’autore, ovvero del regista o del produttore autore secondario ma imprescindibile? Ecco la sfida: il Viaggio di Mastorna gliel’ho potuto realizzare io. Avevo creato la rivista CortoMaltese (“mensile di fumetti viaggi avventure” recitava il suo sottotitolo) negli anni Ottanta e allora quale luogo migliore e più appropriato per il “viaggio” mai realizzato? Sempre che lui lo volesse realmente realizzare. Questo non mi è stato chiaro allora e neppure oggi lo è. Troppi i tentativi! Troppe le tentazioni abbandonate, tanti i dubbi. Soprattutto troppi gli interpreti o testimoni di cui ho potuto leggere molto e a volte non capire nulla delle variegate e dissonanti e fantastiche e solipsiste interpretazioni avanzate persino dai troppi colleghi giornalisti e sedicenti amici che pretendevano di aver capito il mistero della sua vita creativa. Io mi baso su ciò che ricordo e i miei ricordi nessuno li ruba. Sono miei e basta. Lo avevo conosciuto negli anni Settanta quando collaborai alla redazione di Federico AC il volume di Milano Libri Edizioni che riguardava l’immaginifica costruzione del suo Satyricon e poi più tardi nel 1974 alla redazione di Federcord con pensieri e riflessioni sempre conditi con i suoi disegni, apparenti scarabocchi caricature e fantasie di personaggi e luoghi di Amarcord.

Ricordo -‒ e mi ripeto lo so ‒ che mi diede un moto di ribellione la rivelazione che un genio come Fellini non si sottraesse alle “veggenze” pro o versus quel viaggio, veggenze di un mago di moda ai tempi e anche a lungo sopravvissuto al Federico spaventato o recitante le sue paure da suggestione indotta… Credo anche condite con una certa dose di autosuggestione o autocompiacimento o di assoluta geniale “tattica” o altro forse di più comprensibile oggi, con cui ha giocato e creato le sue opere sia per il mondo dei fumetti, di cui era appassionato fin dai suoi primi personali albori, sia per il suo cinema. Sembrava e lo capisco bene, che avesse in corpo una sorta di cupio dissolvi mascherata da presente desiderio opposto di realizzare ciò che aveva immaginato e anche viceversa, subito dopo. Un gioco delle parti che lo provocava a non andare fino in fondo.

Lo stesso accadde con l’impossibile Viaggio di Mastorna. Ogni minimo segnale di realizzazione veniva vanificato. Una maledizione? Timore e coraggio in prima linea? Desiderio di fare ciò che sembrava proibito dalla profezia del mago? Infantile. Magia dello schermo? Indubbia. Allora proviamoci col fumetto e mi sono trovata felicemente coinvolta. Non credo, come è chiaro, nei maghi e nelle loro previsioni ma credo in ciò che penso, in ciò che sento e ho io le mie visioni e credo nelle mie emozioni che sempre mi hanno guidato nelle mie scelte. Così è partito da CortoMaltese, la mia creatura avventurosa, il famoso viaggio “proibito” con le immagini evocative di Milo Manara. Quasi un film. Una lunga storia a fumetti, con puntate dense e anche turbolente, piene di accadimenti e personaggi e luoghi e Fellini sempre presente o intuibile dalla sciarpa, dalla sagoma fuggente e dal desiderio di esserci.

Ho riconosciuto un Federico Fellini diverso, sensibile, attento alle vicende umane, curioso degli sviluppi della sua creatura ormai nota anche ai lettori di CortoMaltese. Timori finalmente condivisi? Tuttavia ricordo i suoi dubbi, le sue incertezze che rivelava venendomi a trovare a sorpresa in redazione. Arrivi inattesi che mettevano in agitazione il signor Trombetta custode di via Rizzoli 2 il cui figlio stava intraprendendo la carriera teatrale… e chissà mai… Fellini dalla Serra?…

Se “leggere è un’avventura” così recitava la pubblicità creata con Anna Maria Testa per l’uscita del mio mensile CortoMaltese, Viaggio a Tulum fu senza dubbio un momento magico, avventuroso, intenso, divertente, a volte drammatico nella sua storia. E nella mia. Di questo percorso custodisco un segreto gentile che mi ha fatto apprezzare ancora di più l’umanità di Fellini e il suo grande rispetto per il lavoro e per la vicenda umana dei suoi collaboratori e collaboratrici anche occasionali ma pur sempre tutti per lui importanti allo stesso grado.

Anche, grazie a Milo Manara e forse, anzi “parecchio”, complice Vincenzo Mollica, Fellini era approdato sulle pagine dell’Ammiraglia ‒ nome che adottavo nell’editoriale, definizione impropria delle mie conversazioni mensili con i lettori. I miei lettori di CortoMaltese. All’epoca erano proprio tanti.

Ma torniamo a lui, a Fellini “fumettista”. Chiaro perché non potevo circoscrivere la mia narrazione a un particolare della sua creatività? Capisco che invece avrei dovuto limitarmi alla farfalla infilzata in bacheca, ma nella mia memoria ritrovo e riconosco un Fellini unico inscindibile nella sua tumultuosa e fragile creatività, irripetibile in supposti talenti di oggi. Unica. Tutti sono altri da lui. Ricordo una sera durante la pubblicazione di Viaggio a Tulum, che ritornata a casa dalla redazione, trovai il mio compagno storico, Alberto, ora mio marito, con un’aria misteriosa. «Lo sai chi ti ha cercato al telefono e ha parlato con me a lungo e sapeva il mio nome?». Certo che non lo potevo sapere, non ero e non sono una “Maga Magò”. In breve. Aveva chiamato Fellini cercando di me, Fulvietta, e aveva conversato simpaticamente con lui, Alberto, a cui aveva subito chiesto di non preoccuparsi del tempo… «Alberto, possiamo parlare tranquillamente quanto vogliamo aspettando Fulvietta, la sto chiamando dal telefono di Andreotti». Entrambi, Fellini e Alberto con un forte legame con Rimini che era la loro città. Ma che c’entrava Andreotti con Fellini? Anche Andreotti un fan di Federico? Sempre bizzarrie d’Autore? Oppure da mediocre detective, trame di Vincenzone Mollica che amava ordire senza farsi scorgere? Ma… Andreotti?…

«L’intreccio si infittisce». Cito da Snoopy. Perché Snoopy? Proprio lì volevo arrivare per raccontare qui l’incontro di due giganti a Roma in occasione della mostra dedicata a Charles M. Schulz, il papà della squadra dei Peanuts, Linus, Snoopy, Charlie Brown, Lucy, Piperita Patty solo per citarne alcuni. Autore che formò, informò e fece sorridere generazioni di tutti i tipi e a ogni latitudine. Compresa la mia. E chi li fece conoscere i Peanuts a Giovanni Gandini editore e fondatore di linus? L’avvocato internazionalista e amico Ciccio Mottola che terrorizzato dagli aerei e volando spesso tra Milano e Nuova York usava la lettura per non prendere il tranquillante allora in voga, il Perequil. E quella volta a New York, siamo all’inizio degli anni Sessanta, io ero allora iscritta ad Architettura, ma me lo hanno racçontato poi sia Gandini sia Ciccio Mottola che, nella storica libreria Forbidden Planet, lui, Ciccio, aveva comperato alcuni tascabili pubblicati da Holt & Reinehart di un certo Charles M. Schulz e che non dormì per tutta la notte in aereo e si divertì moltissimo tutto preso dalla lettura dei Peanuts. Il volo fu un istante. E Linus, Snoopy e tutta la squadra dei Peanuts insieme a Sparky « -il nome confidenziale per gli amici amici dell’autore Charles M. Schulz- » divennero patrimonio della cultura anche italiana. Prima con la pubblicazione pre-“linus” (1963) del volume Arriva Charlie Brown! tenuto a battesimo da una prefazione di Umberto Eco, tradotto da Bruno Cavallone. Poi l’idea, la Grande Idea, di Giovanni Gandini: fare una rivista mensile di fumetti e di altro il cui titolo scelto proprio da lui per risonanza latina, per psicologia e per cultura del personaggio (oggi fa più figo character) fu linus reso magistralmente in grafica da Salvatore Gregorietti artista in famiglia, cognato di Giovanni Gandini.

In edicola presto esplode la copertina verde militare che fa da sfondo a un Linus tenero, in maglietta rosata, pollice in bocca e piccola coperta morbida da accarezzare per tranquillizzarsi. Quella che diventerà presto parte del nostro linguaggio: l’ormai famosa “coperta di Linus”. Era l’aprile 1965. Ma è tutta un’altra storia.

Fellini quell’anno realizzerà Giulietta degli spiriti.

«L’intreccio s’infittisce» mi viene da riprendere in prestito da Snoopy-scrittore di romanzi e intrighi letterari. E Fellini, lo ricordo perfettamente, incontrò Sparky nel 1992. A Roma. L’occasione? Una grande mostra che collaborai a organizzare con Prospettive, per i primi quarant’anni della striscia più letta al mondo. Un grande doveroso omaggio alla mente e alla matita che la creò per nutrire la nostra fantasia, il nostro senso dell’umorismo e il nostro linguaggio. Si trovarono nelle sontuose sale dell’hotel Hassler con strepitosa vista su Roma dall’alto di Trinità dei Monti. Non credo che si accorsero di nulla. Ciascuno immerso nella tremenda magia dell’incontro, bloccato dalla propria timidezza e impacciato quanto basta, guardava sorpreso e interrogativo (ciascuno nella propria lingua) il Grande Vicino.

Schulz esordì con un «I wonder why…» ‒ che continuava – tradotto ‒ «Non mi capacito che un genio come lei, artista straordinario e Maestro di un’Arte speciale, sia qui con me per conoscermi. Io artigiano solitario della matita…non sono nulla di fronte al suo di genio…» e Fellini, con la sua vocina romagnola ricca di sfumature affettuose, gli rispose con la gentilezza e soprattutto l’umiltà che spesso destabilizzava l’interlocutore, ma che nella circostanza era sincera e lo si percepiva chiaramente. «Sono io ammirato davanti alla sua grande sensibilità e senso delle cose. Io sono solo uno che fa bene ciò che sa fare». Cito a memoria. Io c’ero e c’era pure Vincenzo Mollica con la Rai discreta a registrare. Non è stato un incontro segreto, ma un vero e proprio vertice, un irripetibile momento che per un attimo ha reso orgoglioso di esserci Sparky, e Fellini, credo, felice di aver incontrato un artista artigiano come lui che lo ammirava e che lui a sua volta ammirava sinceramente. E tutto ciò sotto il cielo di Roma, la sua Roma. La Roma di Fellini (1972)… A cui quella volta non dedicò neppure uno sguardo. In quel momento aveva accanto un eroe di quel mondo del fumetto che faceva parte importante e preziosa della sua storia d’artista.

Alla fine dell’incontro Sparky mi prese sottobraccio, lo ricordo perfettamente, tremava per l’accadimento. Lui, abituato alla quiete della sua Santa Rosa. Oggi quasi distrutta dai terribili incendi susseguitisi in California proprio nella Napa Valley. Dove resta in piedi il Museo dedicato a lui, Sparky e al suo mondo illuminato dalla fama. È purtroppo distrutto lo chalet di sapore svizzero tutto in legno chiaro che era il suo studio dove la sua vita creativa si svolgeva metodica e ordinata giorno dopo giorno, striscia dopo striscia. Tremava timoroso dicevo, di tutto quell’altrove e di tutto quel clamore romano. Ricordo che mi confessò sottovoce d’essere stato felice, era stato bene con noi tutti. Orgoglioso di un successo che lo meravigliava davvero e lo destabilizzava perché “immeritato”. E sempre con un filo di voce ‒ «Però, cara Fulvia, non vedo l’ora di essere a casa, nel mio studio, davanti a una striscia bianca dei miei Peanuts». Il segreto di un però vale spesso un Perù. Quello stesso segreto che ha accompagnato fino a questi anni tormentati la timidezza e fragilità ma nella stessa misura il grande riserbo e la generosità umana di Fellini, non a tutti nota. Ci ho riflettuto durante tutta la pubblicazione del suo viaggio impossibile diventato possibile, sul mio CortoMaltese. Segreto gentile che io custodisco come impegno personale di lealtà verso un collaboratore straordinario che a pieno titolo potrebbe entrare in quella storica rubrica di “Selezione del Reader’s Digest”: Una persona che non dimenticherò mai. E io ‒citando da Hugo Pratt ‒ «due o tre cose che so di lui» le potrei ricordare e anche le potrei raccontare. Ma ‘non datur’!… L’ho promesso. Forse un domani, chissà, mi sentirò di farlo.

In quei lunghi anni di attesa desiderante, e davvero crudeli, di quel film ‘rischioso’ da realizzare per la colpevole mortifera predizione del sedicente seducente (ahimè) mago Roll, Federico Fellini ha fatto film. che lo hanno ricompensato, ripagato alla maniera grandiosa e magniloquente del cinema. Gli hanno consentito infatti una messe di Oscar hollywoodiani, compreso quello alla carriera, però cinematografica… Sempre quel però che vale un Perù… ma che lui non avrebbe mai voluto: l’Oscar alla carriera, appunto. Come la parola “Fine”, “the end” in fondo al film: prima che il buio della sala si dissolva insieme alla magia di ciò che ti avvolge da dentro lo schermo, per rimbalzarti nella vita e nella sua quotidianità non sempre esaltante. Meglio molto meglio il sogno.

Per Fellini erano importanti gli amici, i collaboratori, gli artisti e anche da “grande” non si è mai dimenticato di loro. Ricordo in occasione della presentazione a noi in Milano Libri Edizioni di un amico autore di un manoscritto a dir poco strambo anche nel titolo: Analasunga. E ricordo il suo modo circospetto, tra il reticente e l’affettuoso. Per aiutarlo, aveva disegnato e immaginato i tipi, gli interpreti consapevoli o ignoranti, raccontati nel romanzo dall’amico Alberto Perrini, con una sorta di slang dialettal-popolare inconsueto. La copertina buia come una sala cinematografica durante la proiezione, su cui svetta una bambinaccia sgangherata, sinuosamente irridente e proterva, affiancata da un simil boss grasso e ignudo con inseparabile gigantesco toscano fumante. Lo pubblicammo anche per il valore aggiunto dal presentatore illustre e non di meno per le illustrazioni, le caricature divertenti, davvero insolite, di Fellini. E credo ora, come allora, anche per la qualità seduttiva del sottotitolo manoscritto che cito fedelmente, errori compresi: «romanzo d’amore con ammazzati, scannati, carcerati, torturati, apestati, congiurati, mitragliati, cazzottati, fidanzati, penzionati, sposati e altre belle attrazzioni».

Eppure non si prevedeva un film da quel romanzo, popolare forse per l’uso di un linguaggio limitante allora, tra il dialettale e l’ignorante tra il criminale e lo sgrammaticato, ma in totale molto divertente e fortemente visivo. Oggi assai in voga nel cinema italiano.

L’autore fa una raccomandazione già dalla copertina, tutta in maiuscolo, che vi copio:

QUESTO ROMANZO È CONTROINDICATO E, DICIAMOLO PURE, RIGOROSAMENTE VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI, AI MAGGIORI IMMATURI AGLI INCOLTI E AI NEVROTICI (E PSICOTICI) OSSESSIVI A CAUSA DI IMPONENTI RIMOZIONI SESSUALI CON LA RELATIVA CARENZA DI SENSE OF HUMOUR

Anche questo gesto di amicizia era tipico del Fellini che ho conosciuto: aiutare un amico anche creandogli le illustrazioni (suorine, bambinacce, zotici, Pipposòlo, e badessa e monacona …) per un improbabile libro da pubblicare con Milano Libri Edizioni nel 1973 dal titolo Analasunga. Pubblicato.

Il suo modo di fare cinema, per me comprende inscindibilmente anche il ‘suo’ mondo disegnato, colorato, slabbrato, a volte ridicolizzato nella caricatura a volte crudele e spesso, a suo modo affettuosa, che lo vede Maestro Visionario del raccontare anche a fumetti, proprio come nel cinema. Un film i cui frame sono i quadretti che rappresentano quasi una sequenza per ogni tavola. Il movimento immobile del fumetto risulta un continuo fermo immagine che consente al lettore una scelta di approccio al racconto più meditata e con la possibilità di tornare indietro, impossibile ancora oggi nel buio della sala cinematografica. Dove la pellicola continua a scorrere e raccontare anche se ti sei distratto un solo attimo.

Nel fumetto non c’è la voce ma tu lettore ascolti una tua voce interiore.

Non c’è la musica: tuttavia tu riesci a sentire un ritmo, a seguire le onde sonore dell’emozione, della fantasia, che ne sono la partitura musicale tua personale.

Per questo io ringrazio Fellini idealmente dal ponte dell’Ammiraglia ‒ sebbene anche quest’ultima non ci sia più dall’assenza di Hugo Pratt ‒ che lo ha accolto a bordo con orgoglio e semplice, complice e sincera ammirazione.

È stata un’esperienza indimenticabile per i tanti motivi che ho cercato di testimoniare e raccontare oggi dopo tante voci dissonanti fiorite intorno a un nome che per me ha rappresentato l’amico e collaboratore che mai avrei potuto immaginare. L’Ammiraglia è stata punto di attracco di molte visioni del viaggio immobile, del racconto di molti altrove e “altroquando” tutti di straordinaria forza evocativa. Sulla sua tolda a costruirne il percorso un equipaggio temerario e io ne sono stata il Comandante orgogliosamente.

Qui oggi, sommessamente formulo una richiesta, o meglio una proposta al Ministro alla Cultura. Per la gloria rotonda e senza oblio di Federico Fellini.

Ma un Oscar serio del fumetto dovremmo inventarcelo, caro Ministro, intitolarlo proprio a lui, a Fellini alla sua capacità umana, tenacia creativa e grande fragilità. Sì. Sento già l’annuncio «Premio Oscar Federico Fellini all’Autore di fumetti…» ma Chi dei tanti?… La parola alla Giuria però… (il solito “però” che vale un Perù?).

E anche senza scegliere un anniversario particolare, è urgente secondo me istituzionalizzarlo: io lo darei all’autore (chi?) per l’opera (quale?). Se lo si dedicasse non proprio alla carriera, ma all’Artista, io un’idea l’avrei…e anche lui, Fellini, dall’altrove delle praterie del cielo o da dovunque abbia deciso di sognare, ne sarebbe soddisfatto…molto soddisfatto. E con lei caro Ministro anch’io non lo sarei di meno. Parola di Comandante!

fulvia.serra1@icloud.com

 

L'autore

Fulvia Serra
Fulvia Serra nasce a Roma e trascorre i primi anni dell'infanzia tra Grottacalda in Sicilia e Bellisio Solfare nelle Marche. Arriva a Milano nel 1949 dove completa gli studi dell'obbligo e il liceo Parini. Qui collabora alla Zanzara, si misura in attività sportive non proprio leggere (lancio del disco e corsa campestre). Non è una studentessa modello, ma eccelle in matematica, disegno e storia dell'arte, italiano e filosofia. Si iscrive ad Architettura, ma all'inizio del terzo anno deve abbandonare per un grave incidente di sci. Nel 1965 è ancora ingessata e incontra linus a Riccione: è Amore a prima vista e lettura. Appena smette il gesso e le stampelle alla fine del '67, decide di misurarsi in modo precario ante litteram (aiuto campagna abbonamenti di linus) con il mondo editoriale e Giovanni Gandini genio fondatore di linus, la assume. Da quel momento inizia la sua inconscia scalata professionale. Nel '68 passa ai libri come editor della società Figure che pubblica linus. Questi i primi titoli curati 'Il Teatro' di Arrabal, 'Il nuovo bambino' di Marcello Bernardi, 'La Principessa Angina' di Roland Topor, 'FedericoA.C.' di Liliana Betti con i disegni di Fellini per il Satyricon, accanto a raccolte di autori pubblicati nella rivista: Pogo di Walt Kelly, Li'l Abner di Al Capp, Valentina di Crepax e tanti altri. Subito dopo Serra entra in redazione dì linus la rivista mensile più prestigiosa non solo del panorama culturale milanese. Figure diventa Milano Libri Edizioni. Lei crea copertine che piacciono a Gandini per la scelta delle immagini e per i colori dissonanti. Pochi anni dopo Gandini si stanca del giocattolo linus e decide di vendere MLE che viene acquistata insieme a Fulvia Serra e Cettina Novelli dalla Rizzoli Editore e Oreste del Buono ne diventa il direttore. Era il 1972. Fulvia Serra viene nominata subito Art director (è stata la prima art director editoriale in Italia e poco tempo dopo, per una sorta di pari opportunità rovesciate, Carlo Rizzi ebbe la stessa nomina a Playboy sempre con Del Buono direttore responsabile), poi ebbe una qualifica eccezionale Art director e qualcosa di più, che a lei piaceva molto più del serioso professionale Caporedattore. Fino a quando Odibì scelse lei unica e la nominò praticante di linus per poter dopo esami diventare giornalista professionista. E così è stato. Serra aveva nel suo curriculum alcune medaglie da mostra e dimostra per aver contribuito alla realizzazione della sua testata inventata L'uno, ('il primo settimanale mensile') allegato di linus e alla ripubblicazione de 'La lettura' storico supplemento del Corriere della Sera. Indimenticabili quegli anni... Poi Odibì si dimise all'arrivo della P2 in Rizzoli, era il 1981 e da allora fino al 1995 Fulvia Serra diventa prima redattore capo responsabile e nel volgere di meno di un anno direttore di linus, di AlterAlter rivista di narrativa e sperimentazione grafica e dei libri Milano Libri ormai corposa collana del catalogo Rizzoli editore. Nel 1983 crea insieme a Hugo Pratt e lo ha diretto fino a quando lui ci fu (1993), CortoMaltese 'rivista mensile di fumetti viaggi avventure'. Così recitava il sottotitolo. Grande successo editoriale. Se Bonelli avesse avuto da Pratt la garanzia di una scorta di almeno 60 tavole, sarebbe stato lui l'editore di CortoMaltese ma non l'ottenne e Serra cominciò a pensare, creare, ragionare con autori super e con una Rizzoli amministrativa immersa in budget previsioni e proiezioni con il progetto che già apprezzava e mentre Gregorietti preparava la sua risposta grafica perfetta. Anche lui non sbagliò una mossa, e con Anna Maria Testa insuperata autrice della campagna più accattivante sia per immagine sia per messaggio: "Leggere è un'avventura!" (Al centro di raggi arcobaleno l'icona del bel marinaio). Manifesti che sbocciarono sulle pareti di stazioni e metropolitane, sui muri per le strade e sulle pagine dei numerosi periodici aziendali e amici. Il successo fu immediato grazie alla bella squadra e alla selezione accurata dei contenuti tutta opera della redazione e di Serra autodefinitasi, negli editoriali dal titolo Percorsi, Comandante dell'Ammiraglia. E così è stato per 10 anni importanti. Nel 1986 crea e realizza insieme a Charles Schulz e lo ha diretto per qualche anno con altro e tanto strepitoso successo, Snoopy, sottotitolo: mensile di fumetti, giochi, natura, attualità, frutto di numerosi incontri a Santa Rosa (Ca.) con il grande papà dei Peanuts. La scelta di cederne la direzione la irritò non poco. Tra i collaboratori scelti c'era Giovanni Gandini e il personale scopo di Serra di farne un mezzo di apertura a futuri lettori di linus cadde come corpo morto cade. Ma l'intento sindacale di non concentrare troppe testate sotto un'unica direzione la costrinse a scegliere e fu molto difficile. Doloroso. Tuttavia con le esperienze di linus, CortoMaltese, Alter, la Lettura, Snoopy, Serra ha ormai conquistato un vasto pubblico di giovani lettori italiani di ogni età nel mondo, i Muppets, Batman e i Supereroi DC America. Ronin di Frank Miller, Lynn Warley tradotto da Carlo Oliva. E molti altri Autori di cui già allora le opere prefiguravano ed erano secondo Serra, 'i' o 'le' graphic novel. Al tempo non era neppure chiaro l'articolo determinativo per la definizione. E fu dibattito tra Crusca e vulgata. Ma un giorno nel marzo del 1995 ci fu un colpo di scena come nella vita spesso succede. Rizzoli decise di vendere la compagina che faceva capo a Serra ad altro editore. Ma Serra non volle farne parte per dissonanze politiche. Abbandonato e abbandonata dal Gruppo RCS Serra si prese un sabbatico. Poi ha diretto G la Rivista del Giallo e suo era il titolo, per l'edizione Il Minotauro che la ingaggiò. Ritmo rivista di jazz nata nel 1944 per AdJ, e 'Milo curiosi si sa' per piccoli artisti e lettori taglia 3/6 anni appassionati del coniglietto Milo televisivo pluripremiato al suo apparire in tivù e prodotto da Gertie. L' Autrice Gabriella Giandelli era collaboratrice di alteralter diretto da Fulvia. Ora Serra si occupa come socia di Gertie insieme al fratello Franco delle scelte della produzione di cartoni animati sia serie, sia lungometraggi, o cortometraggi che riflettono l'impegno costante e la cura del segno e del modo del linguaggio che sono la cifra che caratterizza le creazioni non solo animate di Gertie. Negli anni Serra ha collaborato con il Corriere della Sera, il Manifesto, Musica jazz, Amica per la quale ha curato per qualche tempo la posta dei lettori, divertendosi molto, con Glenadt Italia del gruppo Rizzoli per cui è stata anche responsabile della regia del periodico Superman. Oggi sempre come socia scrive sceneggiature per una serie Rai di Gertie; collabora con il periodico salgariano IlCorsaroNero diretto da un simpatico grande esperto di Salgari e non solo, Claudio Gallo che l'ha invitata e conosciuta come relatrice ospite ad alcuni interessanti convegni a Rovereto di Trento organizzati con grande professionalità dall'Accademia degli Agiati.