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Visione dal vero nella poesia di Francesco Dalessandro

Camminando (Walking) è il titolo di un’opera sull’arte del passeggiare e vagabondare liberi nella natura di Henry David Thoreau, scrittore del Rinascimento americano, e Camminando è il titolo dell’ultima raccolta in versi di Francesco Dalessandro, che conosce l’arte del flaneur nella città di Roma e in altri luoghi visitati come l’Abruzzo montano. Suo L’osservatorio, che, pubblicato nel 2011 per i tipi di Moretti & Vitali Editori, anticipa questa condizione dello spirito e dello sguardo che inquadra e racconta, nello scorrere del tempo, «fili / di storie».

Dell’Osservatorio aveva scritto Attilio Bertolucci, per una presentazione della prima parte alla Galleria “La Nuova Pesa” di Roma il 6 febbraio 1990, notando che il poeta « non parla d’altro, con mite ossessione, bene e male che di Roma» e aggiungendo ch’egli enumera «le stagioni, le ore, i luoghi della sua vita quotidiana, con tanti nomi della topografia cittadina, entrati nel “verso liquido” che fluisce naturale, accogliendo ogni cosa, dall’ingorgo stradale alle ore “tutte d’incanto”, con un’imparzialità che è giusta, giustissima nel poeta […]di questo lunghissimo, echeggiante assolo che ci prende dall’incipit al finale in minore». Giudizio questo assai partecipe e affine da parte di un grande poeta del quotidiano, che aveva saputo cantare nella Camera da letto la sua città di Parma e la sua autobiografia sognata nel corso degli istanti e del continuum del tempo. Ma anche Gianfranco Palmery nella medesima occasione sottolineava «la classica precisione descrittiva e nomenclatoria» e «un senso del paesaggio, ritornato vivo, nuovo -intenso e essenziale – molto italiano…», mentre Giancarlo Pontiggia, che firmava il risvolto di copertina, indicava la «tessitura lunga e paziente, labirintica e amorosa» della scrittura che, simbolica e reale, molto visiva, fluisce e disegna.

Nella nuova raccolta, più composita, Camminando (Il Labirinto, Roma 2023), riconosciamo lo stesso dono poetico del registrare  il mutevole e il  transeunte che si sa effimero, ma che si vuole fermare, con Bergman, grazie al «proiettore  dell’anima», nell’assoluto della parola vera: «Ma tu altrove mio sguardo, sorpreso / il cuore da un severo ammonimento /da un dolce abbandono mentre stanco/ mi riposo, tu volgiti e guarda / lontano al celeste orizzonte / dove in lunga carovana/ forse gli anni vedrai / smarrirsi e svanire come quelle / nuvole passeggere, guarda indietro/ alla valle ondulata alla valle/ inviolata e serena, alle serena/ adolescenza …». In questi versi, dall’andatura fluida e dolcemente modulata, lo sguardo del poeta diviene sguardo del cuore, che nelle «nuvole passeggere» si proietta nel passato e lo ripensa e lo rivive, muovendo dalla concretezza del presente allo spazio e al tempo della immaginazione o della memoria  epifanica. Ma altrove è la città che riappare, è il «silenzio / aguzzo dell’anima» a svelare, con Enrico Pulsoni, in esergo («Il silenzio svela l’ombra»), «l’ombra e le sue / spire avvolgenti il Pineto» di un’altra estate (Lingua di fuoco), mentre la memoria, ricordata nel suo perdersi e ritrovarsi  di alcuni versi di Bertolucci dalla Capanna indiana, si fa guida Nel silenzio di un ricordo a chi adolescente, attardato, si perde tra i monti, accompagnato da immagini d’aria e di luce, di nubi leggere e d’azzurro «feroce», di «pareti / di bianchissima roccia», di soli miti e «bianchissimi cirri migranti»,  di «nicchie e gradini», che, sulla via del ritorno alla casa, richiedono piede fermo e prudente. Realtà e visione sono i due poli della poesia di Dalessandro, che sa trasferire la quotidianità, «le buste /coi panini le bibite la frutta / e un dolce», in emozione e in una visionarietà che appare nella lirica di Alessandro Ricci, posta in apertura: «Visionario egotista sfidi il tempo / banale della logica e deliri / affanni e desideri quando scrivi / delle grazie perdute o del silenzio // della parola».

Che la memoria sia il tema centrale della riflessione poetica di Francesco Dalessandro si osserva anche nella prima parte intitolata Gli anni di cenere, aperta da un’epigrafe da Herta Muller: «La verità del ricordo scritto dev’essere inventata». Ma invenzione e realismo sono anche di Attilio Bertolucci e suo è il ricorso alla memoria involontaria, grande maestra di poesia epifanica e di evocazioni, di rinascite e di soste, di luce e di buio. Per queste ragioni il poemetto Gli anni di cenere e ancor più, La brace dei giorni e Uno scoglio nel vivo del naufragio coniugano queste componenti, ricuperando il passato al presente, vivo nel tracciare percorsi di formazione erotica e poetica. Si può così generare in un rapporto amoroso l’identificazione tra una figura femminile, che ha voce di musa, e la poesia, vocazione e approdo nel corso degli anni. Ed è la poesia «che ci ospita e ci detta / (o sussurra all’orecchio) / qualche parola un verso / (forse appannato specchio / d’amore)» (Madrigale (di materia opaca e impura), ad essere guida e compagna del poeta che, accogliendo nella Mente silenziosa (il silenzio è costante simbolica nei versi) ogni vibrazione dell’essere, con Rita Jacomino, pur delirando, nel suo «libro d’amore […] salva la tenerezza, la sensualità, la gioia di vivere».

gabriella.palli@tiscali.it

 

L'autore

Gabriella Palli Baroni
Gabriella Palli Baroni laureata in Lettere Classiche a Pavia, allieva di Lanfranco Caretti, perfezionata a Chicago e a San Diego sul pensiero scientifico rinascimentale e su Machiavelli, vive a Roma. Scrittrice e saggista, è studiosa di letteratura dell’800 e del 900 ed è critica di letteratura contemporanea. Collaboratrice di «Strumenti Critici», «L’Illuminista», «Il Ponte» e di altre riviste italiane e straniere, si è dedicata in particolare ad Attilio Bertolucci, del quale ha curato il Meridiano Mondadori Opere, le prose Ho rubato due versi a Baudelaire, gli scritti sul cinema e sull’arte, e a Vittorio Sereni, del quale ha curato i carteggi con Bertolucci (Una lunga amicizia. Lettere 1938-1983, Garzanti 1993) e con Ungaretti Un filo d’acqua per dissetarsi. Lettere 1949-1969, Archinto, 2013). Ha inoltre pubblicato l’antologia Dagli Scapigliati ai Crepuscolari (Istituto Poligrafico dello Stato 2000) e Tavolozza di Emilio Praga (Nuova SI, 2008). È autrice di saggi sulla poesia di Amelia Rosselli e ha collaborato al Meridiano L’opera poetica, uscito nel 2012 e al numero monografico XV, 2-2013 di «Moderna» (Serra, 2015). Nel 2020 ha pubblicato di Attilio e Ninetta Bertolucci, Il nostro desiderio di diventare rondini. Poesie e lettere (Garzanti).