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Il buio dell’anima e la luce

Una poesia alta, ardua e molto coinvolgente la poesia dell’antologia di José Tolentino Mendonça, tradotta per noi da Teresa Bartolomei.  Estranei alla terra è il titolo, la cui origine sta nelle liriche Penne (“Attraverso la terra l’amore/ ci rende estranei alla terra”) e Compassione, nei cui versi torna il tema dell’amore “estremo” che allontana dalla terra: “lascia che l’amore ti renda uno straniero nel mondo”. È titolo di una raccolta poetica che parla dell’esistenza e dell’altrove, di ciò che è connaturato alla poesia: l’essenza del reale, la verità e l’assoluto, quella dimensione che, con Proust, ci porta verso il tempo allo “stato puro”, verso un altro tempo rispetto a quello terreno, al tempo universale.

Nel caso della poesia di Tolentino vi è una dimensione d’assoluto intrisa di spiritualità profonda, che tutto abbraccia; abbraccia la vastità universale, presente nei versi di Ziw: “La vastità avanza attraverso ciò di cui parliamo / evoca ciò che il tempo suggerisce / con messaggi apparentemente senza senso”. Sono i messaggi della vita quotidiana, uno squillo di telefono, altri piccoli segnali, ma “attraverso un varco torna a noi l’ignoto //un milione di lanterne di carta scintillanti/ sopra il fiume/ e l’anima ripete la domanda eterna”. Il prefatore Alessandro Zaccuri accosta questa vastità alla largeness di alcuni versi di Walt Whitman, riconoscendo al poeta di essere “guerrigliero, apostata, fuorilegge”, visibile solo nei suoi versi, senza biografia. Lo confessa lo stesso poeta in una breve audace prosa Poetica (Cos’è una poesia): “Una poesia segue le premesse della guerriglia urbana. Non rivela mai identità e indirizzi. Stabilisce che i punti di incontro non vengano messi per iscritto, solo memorizzati. Elimina dai suoi archivi nomi legali o illegali e ogni sorta di informazione biografica, mappe e piani. Non permette a nessuno di conoscere la totalità degli elementi in campo”.

Poesia dunque come luogo d’incontro con qualcosa che è segreto e contiene il mistero del vivere, l’oscurità che è dentro di noi, ma anche lo slancio verso la luce e verso la verità. È chiaro che la verità della poesia di Tolentino è la verità che non appartiene alla terra, se è vero, con le parole dello stesso poeta, che la poesia può rivelare l’inesprimibile, può far deflagrare il vuoto dentro di noi (La spazzatura del mondo), può accogliere in sé l’ansia di perfezione e di purezza.  Tuttavia la poesia non esclude le impurità che appartengono alla terra. E sono queste purezza e impurità a rendere così affascinante e intensamente umana la poesia di Tolentino, in un rapporto che si esprime attraverso immagini di natura e di vita, sempre molto visive e pittoriche, attraverso metafore accese e vive e slanci verso la luce che conduce all’ideale e all’eterno. Si legga la poesia Il mare, che sembra racchiudere la felicità e l’ingenuità dell’infanzia nel “tentativo di ritrovare il mondo”, ricerca vana davanti al peso dell’eternità stessa, rappresentata da una metafora carnale molto incisiva e forte: “l’eternità cadeva su di noi/ con tutto il peso della sua carne”. Ma si ascoltino questi versi che parlano dei lampi e dei bagliori che possono ispirare il poeta, ma soprattutto dell’attesa e della luce che illumini l’unica verità, non quella menzognera dell’uomo, ma la sola vera:

La stagione impossibile

Una poesia si esprime in frasi spezzate
linee di corrente in collisione, esplosioni irrisorie
ma è in attesa di qualcosa
di abbastanza luminoso
qualcosa
al di là dello scorrere stremato dei torrenti
che verso l’alto elevi
la stagione impossibile
il momento in cui la lingua degli uomini
non può più mentire

Ombra e luce convivono nei versi, che dicono la fragilità e l’affanno del vivere, ma anche il conforto della bellezza (“soltanto la bellezza può scendere a salvarci, La spazzatura del mondo) e il sostegno della mano che aiuta nella solitudine, nell’oscurità, nel cammino difficile della vita (La strada bianca); in una lirica tra le più perfette, del “passo dell’angelo”, che scenda nella notte dell’animo. Quante relazioni e incontri, che suscitano vicinanza e nei quali riconoscersi e distanziarsi dagli idoli del nostro tempo! Poeti e mistici, Giovanni della Croce, Flannery O’Connor, Santa Teresa e Adélia Prado, e amici come Tonino Guerra. La lirica Ostia ci colpisce particolarmente, perché dopo un incipit che ci accompagna da Fiumicino a una zona popolare periferica, chiude, con uno stacco improvviso e con poche ma essenziali notazioni – “un terreno recintato /un cartello piantato lì come per caso” – con la morte di Pasolini. Non un commento su questa morte, ma proprio per questo e per l’accamparsi casuale del luogo descritto, la morte appare tragica e ineluttabile. Infine sono i versi della Teoria della frontiera a farci sentire che Mendonça non dimentica gli umili e i sofferenti; sono le poesie della sezione Sans -papiers a condurci al “mondo come nutrimento luminoso” (Il nutrimento luminoso), ad una poesia del “corpo” che racchiude senso umano e “radiante potenza”, sì che “ogni corpo è sempre senza speranza / e tuttavia, la speranza solo ai corpi appartiene”.

gabriella.palli@tiscali.it

 

 

 

 

 

L'autore

Gabriella Palli Baroni
Gabriella Palli Baroni laureata in Lettere Classiche a Pavia, allieva di Lanfranco Caretti, perfezionata a Chicago e a San Diego sul pensiero scientifico rinascimentale e su Machiavelli, vive a Roma. Scrittrice e saggista, è studiosa di letteratura dell’800 e del 900 ed è critica di letteratura contemporanea. Collaboratrice di «Strumenti Critici», «L’Illuminista», «Il Ponte» e di altre riviste italiane e straniere, si è dedicata in particolare ad Attilio Bertolucci, del quale ha curato il Meridiano Mondadori Opere, le prose Ho rubato due versi a Baudelaire, gli scritti sul cinema e sull’arte, e a Vittorio Sereni, del quale ha curato i carteggi con Bertolucci (Una lunga amicizia. Lettere 1938-1983, Garzanti 1993) e con Ungaretti Un filo d’acqua per dissetarsi. Lettere 1949-1969, Archinto, 2013). Ha inoltre pubblicato l’antologia Dagli Scapigliati ai Crepuscolari (Istituto Poligrafico dello Stato 2000) e Tavolozza di Emilio Praga (Nuova SI, 2008). È autrice di saggi sulla poesia di Amelia Rosselli e ha collaborato al Meridiano L’opera poetica, uscito nel 2012 e al numero monografico XV, 2-2013 di «Moderna» (Serra, 2015). Nel 2020 ha pubblicato di Attilio e Ninetta Bertolucci, Il nostro desiderio di diventare rondini. Poesie e lettere (Garzanti).