L’immagine di copertina è il ritratto
eseguito da Leonetta Cecchi Pieraccini
A 50 anni dalla loro scomparsa, la Biblioteca nazionale centrale di Roma e la Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza Università di Roma ricordano Enrico Falqui e Gianna Manzini, valorizzando il patrimonio bibliografico, documentario e artistico conservato, rispettivamente, presso la Sala Falqui e l’Archivio del Novecento.
Vivace organizzatore della vita culturale romana, Enrico Falqui è stato uno dei più acuti e sensibili critici militanti del Novecento, distintosi prevalentemente come difensore della prosa d’arte e della tradizione, ma comunque aperto allo studio di esperienze letterarie per lui eslege: ne sono testimonianza le ricerche sul Futurismo. È stato, inoltre, un autorevole curatore di testi (su tutti, l’opera di Dino Campana) e antologie, che non poco hanno contribuito alla costruzione del canone contemporaneo. All’inizio degli anni Trenta si lega sentimentalmente alla scrittrice Gianna Manzini, la quale aveva mosso i primi passi nell’alveo della rivista fiorentina «Solaria», ricevendone un’importante influenza (principalmente nello stile) che ne avrebbe fatto un’originale autrice modernista, sulla scorta della lezione di Proust, Gide, Kafka e, soprattutto, di Virginia Woolf, di cui Manzini può considerarsi l’autentico corrispettivo italiano: ne sia segno già il primo romanzo Tempo innamorato (1928), che esibisce il proprio debito con quella linea.
Per la Biblioteca nazionale centrale di Roma l’acquisizione nel 1976 della biblioteca personale di Enrico Falqui, ma anche di Gianna Manzini, e nel 1982 l’apertura al pubblico della sala riservata intestata al critico hanno rappresentato il principale punto di avvio di quella politica di conservazione e valorizzazione di fondi letterari contemporanei che contraddistingue da anni la Nazionale romana.
Il Fondo Falqui, composto da oltre 33.000 volumi, costituisce una documentazione sistematica nel campo della letteratura moderna, e soprattutto del Novecento italiano, resa particolarmente preziosa dalla presenza di numerose prime edizioni, edizioni rare, libri d’artista, volumi con dedica autografa dell’autore e dalla ricchissima raccolta di oltre 500 testate di periodici letterari del XX secolo, alcuni dei quali particolarmente rari come le riviste giovanili del Ventennio, e da quella di oltre 40.000 ritagli di stampa su 720 autori. Fa parte del fondo anche un importante corpus di documenti relativi a Falqui e agli autori con cui ha collaborato.
La Biblioteca proprio quest’anno ha acquisito nuovi e significativi libri, manoscritti e opere d’arte, che erano conservati nell’abitazione del figlio Antonello Falqui, scomparso nel 2019, e che si sono riuniti al fondo già posseduto per la sua completezza.
Con l’occasione del Convegno alcune delle nuove acquisizioni saranno esposte per la prima volta in una sezione dedicata a Falqui e Manzini all’interno del museo Spazi900, presso la Sala Pier Paolo Pasolini. Insieme ai loro ritratti a firma di Franco Gentilini e Leonetta Cecchi Pieraccini, si potrà vedere il ritratto a matita e tempera del giovane critico del 1931 ca. firmato da Giorgio de Chirico. Tra le più significative riemersioni, a testimonianza dello stretto legame affettivo e letterario tra Falqui e Manzini saranno esposte alcune delle opere della scrittrice donate al critico: dalla prima opera donata nel 1935, Boscovivo – «Benvenuto dunque, caro Enrico» –, a Venti racconti, «ma il / più bello è il ventunesimo / il nostro, d’ieri d’oggi di domani. / Con amore / Gianna / Da casa. Novembre 1941». In mostra saranno presenti, inoltre, le pagelle del Liceo E.Q. Visconti di Falqui, la sua tessera di riconoscimento rilasciata da «Il Tempo» e alcune sue agende ricche di annotazioni, tra le quali l’ultima del 1974 scritta fino al 12 marzo, quattro giorni prima della scomparsa, con anche sue note sui contatti avviati con la Biblioteca per l’acquisizione della biblioteca personale.
La Sala Falqui si arricchirà, invece, di tre ritratti del critico: quello di Leonetta Cecchi Pieraccini del 1936, di Alis Levi del 1954 e di Giuseppe Serafini del 1956.
Per ulteriori informazioni si rimanda al seguente link.
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