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I volti della Via Francigena. Carlo Pulsoni intervista Fabio Dipinto

 

Il 6 ottobre uscirà nelle sale il docufilm “I volti della Via Francigena” di Fabio Dipinto (Torino 1989). Dopo una Laurea Triennale in Comunicazione e la Specialistica in Cinema e Televisione, Dipinto vive diverse esperienze come videomaker e montatore video presso il Teatro alla Scala, la Triennale di Milano e il Bobbio Film Festival. Ispirato dalla concezione cinematografica del maestro Werner Herzog, sulla quale sviluppa la tesi di laurea, decide presto di dedicare la propria vita al documentario per soddisfare l’irrefrenabile desiderio di raccontare storie vere. Attualmente si sta occupando di un documentario relativo alla psicologia del volontariato a contatto con casi limite per scoprire e conoscere a fondo l’animo umano.

Diversamente dal Cammino de Santiago, fonte di ispirazione di tanti film, la Via Francigena è certamente meno nota al pubblico medio. Come nasce l’idea di girare un film documentario su questo percorso?

Tutto nasce nel 2012, anno in cui con la mia attuale compagna, ho intrapreso il Cammino di Santiago. Era un periodo particolare della mia vita: avevo bisogno di una dimostrazione e durante quel mese accadde davvero qualcosa di unico e magico… Venendo alla Via Francigena e, quindi, all’oggi, devo dirti che la scorsa primavera sono entrato in contatto con un gruppo di persone che di lì a poco avrebbero aggiornato volontariamente la segnaletica del famoso percorso. Parlando con loro è nata l’idea di unirmi al gruppo per girare un documentario, creando dunque la giusta fusione tra le mie grandi passioni: il camminare e la cinematografia (d’altronde ho studiato cinema e televisione, con particolare riferimento al documentario). Era un’occasione troppo importante per farmela sfuggire: il 18 luglio, quindi, sono partito dal Colle del Gran San Bernardo per giungere a Roma il 2 Settembre. Durante queste sei settimane, ho intervistato molte persone che ho incontrato durante il Cammino e ho cercato di svolgere, nonostante avessi studiato usi, costumi e persone che vivono costantemente questo itinerario, un documentario quanto più possibile “on the road”, andando alla scoperta di tutte quelle realtà che si presentavano di volta in volta. Ad esempio, mi viene in mente Danilo, il traghettatore del fiume. La Via Francigena è, infatti, uno dei pochi cammini che prevede l’attraversamento di un fiume che collega la Lombardia all’Emilia Romagna, e c’è, appunto, questa persona indicata a tal compito. Il mio ruolo è stato quello di cogliere in tutte le sue sfaccettature quest’universo multiforme di persone che vive la Via Francigena: ospitalieri, pellegrini. Una volta terminata l’esperienza, però, ho voluto cogliere tutti quegli aspetti che avevo trascurato e così ho deciso d’intervistare anche Paolo Caucci Von Saucken, Rettore della Confraternita di San Jacopo di Compostela, oltre a Joseph Roduit dell’Abbazia di Saint Maurice lungo la via Francigena in Svizzera. Tutte queste persone hanno, quindi, contribuito ad arricchire il film e, ad esempio, con Il Prof. Caucci abbiamo parlato della “lavanda dei piedi”. Nel film, infatti, si vede questo cerimoniale pre-cena, vissuto ad Abbadia Isola e a Radicofani in cui l’ospitaliere lava i piedi al pellegrino. La mia esperienza è stata quella di un vero pellegrino, dal momento che mi sono ritrovato a camminare con tutta l’attrezzatura (cavalletto, reflex, microfoni) e con un tandem d’appoggio utile a portare i miei vestiti.

Oltre al maggior numero di persone, quali sono, secondo te, le differenze salienti tra il Cammino di Santiago e La Via Francigena?

Il Cammino di Santiago è un Cammino legato alla condivisione, all’umanità, mentre la Via Francigena è un Cammino più indicato a persone che hanno voglia di stare a contatto con la natura, con il silenzio per vivere un’esperienza intima e selvaggia. La Via Francigena è, infatti, un Cammino molto più selvaggio, rustico, difficile rispetto al Cammino di Santiago, per via delle asperità del terreno, fatto spesso di sali-scendi. Non trovi poi molti punti di accoglienza o di ristoro come nel Cammino di Santiago. Il mio consiglio è, quindi, di spingere le persone ad intraprendere La Via Francigena, poiché si troveranno a vivere un’esperienza unica, diversa, più intima e selvaggia in cui, alla fine, tutto apparirà come qualcosa di magico.

Nel film proponi una serie di interviste a pellegrini, ospitalieri, esperti del cammino. Sono persone che hai incontrato lungo il percorso?

Sì, sono tutte persone che non solo ho incontrato lungo la magica esperienza del Cammino, ma che sono anche andato personalmente a intervistare poiché non volevo trascurare quegli aspetti psicologici, storici e per certi versi anche più spirituali che spingono le persone a camminare. Alla fine mi sono ritrovato ad avere circa 40 ore di girato che ho dovuto scremare e tagliare per giungere alla durata del film: 50 minuti circa. Come potrai capire, non è stata un’operazione semplice: durante il viaggio avevo intervistato più di 40 persone e di queste ne ho utilizzate solo 25. Ovviamente si trattava di persone di tutte le età, dai più giovani a quelli alla prima esperienza ad altre con chilometri e cammini sulle spalle; una di queste, ad esempio, è stata Enrico Brizzi, narratore, psico-atleta, appassionato di Cammini che ha fornito un racconto molto appassionante di quella che è la sua percezione del Camminare e della Via Francigena.

Uno dei grossi problemi della Via Francigena è l’’assenza di un percorso “ufficiale” unanimemente riconosciuto. Ci puoi descrivere il percorso che hai fatto?

Sono partito il 18 luglio dal Colle del San Bernardo e sono arrivato a Roma il 2 Settembre. Ho attraversato città come Aosta, Ivrea, Vercelli, passando attraverso la Pianura Padana, per arrivare, passato il fiume, a Piacenza. Da qui mi sono diretto verso le colline emiliane attraversando il passo della Cisa fino ad arrivare a Lucca. Da questa incantevole città abbiamo affrontato la Via Francigena attraverso la Toscana in cui ci siamo imbattuti in alcuni paesaggi mozzafiato: da quelli desertici a quelli ricchi di vigneti o colori davvero forti. La Toscana è una regione con un tratto davvero entusiasmante, ma come d’altronde lo è L’Emilia, il Piemonte, la Val d’Aosta. Ogni regione offre sfumature diverse: si affronta, ad esempio, la montagna, per giungere poi a risaie, campi di grano, enormi distese di colline… ognuna la si affronta con un passo diverso anche se devo ammettere che le maggiori difficoltà s’incontrano tra il Passo della Cisa e la salita di Radicofani che ti lascia davvero senza fiato…arrivarci è un’emozione, ma farlo con le proprie gambe è difficile! Da Radicofani poi sono sceso nel Lazio ed anche qui ho incontrato posti incantevoli; penso, ad esempio, alla Madonna del Parto di Sutri, il lago di Bolsena, Viterbo. Arrivare a Roma è un’emozione unica che si può vedere nei titoli di coda del film, grazie a quanto ripreso dal mio amico Andrea che ha voluto immortalare questo momento. Si può, quindi, vedere come viaggiavo e in quali condizioni ho girato questo film..un’opera sospesa tra la più totale incoscienza e la speranza di voler creare qualcosa di buono, fine che spero di aver raggiunto.

Mi auguro che questo tuo film possa sensibilizzare il recupero di questa via antica. A quale pubblico pensi per il tuo film?

Mi piace pensare di non avere un pubblico in particolare, quanto piuttosto di rivolgermi a tutti: dai bambini a quelle persone avanti con l’età che grazie al camminare riescono sempre a trovare qualcosa. Camminare è un’esperienza per tutti e che può dare a tutti qualcosa: un significato, la soluzione di un problema, la risposta a qualche domanda. Camminare è assolutamente un’esperienza dura, faticosa, traumatica, specialmente i primi giorni quanto tutto appare assurdo e privo di significato, ma poi, una volta “ingranato il passo giusto”, si entra in una dimensione parallela e magica che non vorresti finisse mai. La mia speranza è che il film possa essere la scintilla per tutte quelle persone che vogliono provare a camminare, hanno sempre desiderato farlo, ma per timore o altro, hanno lasciato stare.

Hai qualche episodio curioso da raccontarci avvenuto durante le riprese del film?

Ero a Lucca il giorno di Ferragosto. La sera dovevo scaricare i dati su un hard disk di quanto girato fino a quel momento. Inserisco la scheda della Reflex, ma formatto inavvertitamente l’hard disk. Puoi immaginare lo sconforto e la disperazione provata per aver cancellato il lavoro fatto… ho pensato di abbandonare tutto, tornare a casa poiché la fatica del cammino unita a quella del lavoro, gestito in totale autonomia, iniziavano a farsi sentire. Ecco però avverarsi una di quelle che chiamano “la magie del Cammino”: grazie ad Internet vengo a sapere che i dati si possono recuperare non trascrivendo l’hard disk e così il giorno di Ferragosto, inizio a contattare diversi informatici. Uno di questi, Roberto Ferroni, mi ha risposto subito invitandomi a portare l’hard disk per vedere il da farsi. La soluzione a questo problema, mi ha dato una spinta in più per concludere questo lavoro che, a poco a poco, sta prendendo sempre più delle svolte inaspettate.

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