L’Italiano fuori d’Italia

Carlo Pulsoni intervista Kosuke Kunishi

Ha conseguito il dottorato di ricerca in letteratura italiana presso l’Università di Kyoto ed è stato borsista presso la Japan Society of Promotion of Science (2009-2012). Si occupa principalmente della critica letteraria di Benedetto Croce, motivo per cui tra il 2010-12 ha svolto la sua ricerca a Napoli sia presso l’Istituto Italiano per gli Studi Storici che in quello per gli Studi Filosofici. Attualmente insegna lingua e letteratura italiana all’Università di Kyoto.

Cosa ti ha spinto a studiare l’italiano e a scegliere in seguito di dedicare la tua vita all’insegnamento di quella lingua e della sua cultura?

Per rispondere a questa domanda devo ricordare un episodio della mia adolescenza: quando avevo sedici anni, decisi di andare in Italia per frequentavi un anno di liceo. All’epoca, c’era in me il desiderio di vedere e conoscere un altro mondo totalmente diverso dal mio … avevo insomma voglia di andare all’estero e di viverci per un periodo non troppo breve. La scelta dell’Italia, invece, è stata quasi casuale. Ero un bastian contrario (e lo sono tutt’ora) e non volevo andare negli Stati Uniti a imparare l’inglese come molti giapponesi facevano o dicevano di fare. Qualunque fosse la motivazione iniziale, di fatto ho passato un anno in Italia e questa esperienza mi ha capovolto la vita. D’allora in poi, sia pure in modo variato, ho sempre avuto la voglia di conoscere più approfonditamente la cultura italiana. E diventare insegnante d’italiano era il miglior modo con cui avrei potuto continuare lo studio della cultura italiana e nello stesso tempo guadagnarmi da vivere. Del resto io non ho mai avuto l’impressione di “studiare” l’italiano, perché l’ho sempre praticato.

Qual è la situazione dell’italiano nel tuo Ateneo e in genere in Giappone, considerato che, a giudicare dai dati presenti in rete, la comunità italiana è assai ridotta?

Fra le lingue europee, l’inglese è quella dominante in assoluto nell’ambiente accademico. Se il francese e il tedesco, le lingue considerate più importanti dopo l’inglese, formano il secondo gruppo, l’italiano si colloca nel terzo gruppo, forse insieme al russo e allo spagnolo. Nella mia università c’è il dipartimento della “letteratura” italiana e questo è un fatto abbastanza particolare. In ogni caso, non credo che la grandezza della comunità italiana abbia molta influenza sulla situazione dell’italiano nel mio Ateneo né in genere sulla sua diffusione in Giappone.

Vi sono rapporti di collaborazione tra la tua cattedra e l’Istituto Italiano di Cultura?

Sì, ci sono dei rapporti di collaborazione, ma non credo siano molto importanti.

Quali sono, a tuo avviso, le motivazioni che spingono oggi uno studente giapponese a studiare l’italiano?

Sono abbastanza variegate. Nella mia università ogni studente deve scegliere due lingue straniere. In tal caso, uno potrebbe scegliere l’italiano, per una preferenza senza motivi precisi sulle altre lingue. Dopo tutto, i giapponesi, in generale, hanno una buona impressione della cultura italiana per via della musica, della cucina, dell’arte, della storia, dell’abbigliamento, del calcio, del cinema e così via.

Nei tuoi corsi ci sono anche italiani di seconda generazione?

Nei miei corsi credo che non ce ne siano (in realtà non escludo la possibilità che ce ne sia uno, di cui nome e faccia sono giapponesi ma che ha un parente italiano). Tuttavia ho sentito da qualche mio collega che ne ha già avuti alcuni.

Quali sono gli autori italiani più letti o più richiesti nel tuo corso?

Come ho detto di sopra, non ci sono molti dipartimenti della “letteratura” italiana nel mio paese. Al loro interno si leggono, ad esempio, Dante, Petrarca, Boccaccio, Leopardi, Manzoni, Pirandello e Calvino.

Sono letti in italiano o in giapponese?

Sono letti in italiano, quando si tratta di un corso di letteratura italiana.

Quanto e chi arriva invece tra gli autori contemporanei, anche in traduzione?

Parlando degli intellettuali giapponesi, in generale, e non degli studenti universitari, direi che Umberto Eco, Giorgio Agamben e alcuni altri filosofi sono abbastanza letti. Per quanto riguarda la letteratura, citerei il nome di Primo Levi oltre a quello di Calvino, già menzionato. Fra gli storici, direi che Carlo Ginzburg è relativamente conosciuto.

Suggeriresti qualche nome di autore contemporaneo che ti augureresti venisse tradotto in giapponese?

Non saprei rispondere a questa domanda, dato che non seguo la letteratura contemporanea italiana. Quanto ad altri tipi di produzione artistica, mi augurerei che vengano tradotte alcune opere della canzone e cinematografia italiana. Mi vengono in mente i cantautori, De André, De Gregori, Dalla e Battisti, e i registi Paolo Virzì e Gabriele Salvatores. Ma un’eventuale traduzione di queste opere non credo che porti un gran successo, perché le belle opere spesso riflettono la realtà di quel paese o di quella regione e risultano perciò poco comprensibili a chi la ignora.

Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License