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Di Manzoni e della Spagna. Sulla traduzione spagnola dei “Promessi sposi”

La ricezione spagnola di Manzoni ha un che di anomalo e straniante, almeno per un lettore italiano che ne scopra le peculiarità. Va detto da subito che tra i romantici spagnoli già la Ventisettana riscosse un particolare successo, se si considera che la prima traduzione attestata del romanzo risale al 1833 ed è opera di Fèlix Enciso Castrillón; solo tre anni più tardi (1836) troviamo una seconda traduzione dell’opera manzoniana, a firma di Juan Nicasio Gallego. Tra i primi lettori dei Promessi sposi, anche il poeta José Manuel Quintana, che in una conversazione datata 1833 con il letterato lombardo Antonio Cazzaniga, afferma: «Questi Promessi Sposi mi hanno innamorato del loro autore».
In Spagna, però, a quanto pare, il romanzo giunse in un primo momento mutilo, censurato – e fin qui, era anche prevedibile – di tutte le taglienti critiche mosse da don Lisander al (mal)governo spagnolo sui territori italici occupati nel secolo Decimosettimo. Sebbene Manzoni con la sua sagace ironia, neanche troppo velata, intendesse colpire indirettamente – è argomento ben noto a qualsiasi liceale – il governo austriaco allora dominante il Lombardo-Veneto, pare che gli spagnoli non avessero apprezzato molto il paragone, che oggettivamente verteva a totale scapito della reggenza iberica su quelle terre. Ne conseguì che, i primi lettori dei Promessi sposi (che, per inciso, oggi si intitola Los Novios) ebbero tra le mani una versione mutila del testo, su cui Castrillón aveva lavorato espungendone nettamente i passaggi poco lusinghieri dedicati, in particolar modo, alla figura di don Gonzalo. Castrillón, nel testo che aveva titolo Lorenzo o los prometidos esposos, si trovò ad affrontare non pochi problemi politico-ideologici: nella Avertencia del traductor in apertura di romanzo egli stesso affermava di aver dovuto cassare specifici episodi come mero atto di prudenza personale: «mi sono preso la libertà di togliere qualcosa». Lo sventurato traduttore venne immediatamente contestato dal giornale «El Español» che, forte di una posizione ben più radicale, dichiarava espressamente un caloroso apprezzamento per l’originale italiano, non certo per la sua traduzione «infedele e mutilata». Da qui, si avvia un vero e proprio “botta e risposta” tra il traduttore – che accusa l’editore dell’imposizione dei tagli – e il giornale che contesta la scelta poco fedele alla verità storica dei fatti, effettivamente tanto cara all’autore lombardo.

Fin qui, nulla che non ci si potesse aspettare da un libro che – al di là di ogni irragionevole accusa patita nel corso dei decenni – risultava politicamente scomodo in un’epoca tanto complessa e controversa. Ciò che, invece, desta maggior stupore nel lettore italiano è la traduzione legata al carattere di don Abbondio: non un codardo, bensì un uomo troppo “buono” per poter rifiutare l’invito di bravi ad evitare il matrimonio tra Renzo e Lucia. Con buona pace dei manzonisti di ogni epoca, pare che la cattolicissima Spagna non digerisse facilmente l’idea di un esponente del clero che – per un mero atto di viltà – espone una giovane contadina al pericolo di uno stupro da parte del signorotto (spagnolo!) locale. Insomma, i Promessi sposi che arrivano in Spagna, nella prima metà dell’Ottocento, non rappresentano in alcun modo il romanzo manzoniano. Successive traduzioni, che qui sarebbe lungo elencare, conferiranno all’opera la sua veste primigenia, a dispetto della scrupolosa prudenza vantata da Castrillón e in favore di una traduzione più aderente al testo originale.

Enrique Gil y Carrasco e il romanzo storico

Insieme all’ innumerevole quantità di traduzioni del testo manzoniano (la più recente è datata 2020) si annovera un romanzo risalente al 1844 intitolato El señor de Bembibre dell’autore castigliano Enrique Gil y Carrasco. Opera di Gil y Carrasco anche un romanzo di poco precedente, intitolato El lago de Carucedo, databile tra il 1839 e il 1840. Ironia della sorte, non risultano ad oggi traduzioni italiane dei due romanzi storici di ispirazione manzoniana. L’autore spagnolo, prendendo a modello sia Manzoni che Scott, nel Lago de Carrucedo narra la storia di un sacerdote, don Attanasio, che recupera un manoscritto, all’interno del quale si narra dell’amore tra Maria e Salvador, ostacolato da don Alvaro, signore del castello di Cornatel. Non manca il buon padre Osorio (frate dal passato quanto mai burrascoso), che cerca di intercedere in favore della giovane, discutendo personalmente con l’antagonista don Alvaro. Fin troppo chiari, anche ad un lettore poco attento, i riferimenti a Renzo, Lucia, don Rodrigo e padre Cristoforo, con l’unica differenza che il ritrovamento del manoscritto – attribuibile in Gil y Carrasco anche alla lettura di Cervantes – è qui, però, attribuito ad un sacerdote. Nel rovesciamento spagnolo, inoltre, è Salvador che, per mezzo di un voto, decide di diventare un frate. El señor de Bembibre è a sua volta incentrato su un matrimonio ostacolato poiché il padre della giovane protagonista vuole che ella sposi proprio il signore di Bembibre al posto del suo amato Alvaro. Anche Alvaro verrà ostacolato da un voto e di nuovo comparirà la figura del prelato aiutante dei due amanti, qui ravvisabile nell’Abad de Carracedo.

La peculiarità dei romanzi storici di Gil y Carrasco – considerato uno tra i massimi esponenti del Romanticismo spagnolo – riguarda principalmente il fatto che, al contrario di quanto accade con Manzoni nelle scuole italiane sin dal 1888, essi non sono oggi oggetto di studi scolastici ma restano appannaggio dei singoli studiosi, iberici e non. Impatta sul romanzo manzoniano, senza dubbio alcuno, il peso linguistico – oltre che storico-letterario – del romanzo nazional-popolare per eccellenza, in risposta ad un ostacolo di matrice storica, culturale e linguistica che la Castiglia, in pieno Ottocento, certamente non avvertiva al pari dell’Italia. La scarsa fortuna scolastica di Gil y Carrasco in patria, unita probabilmente al peso che le opere di Manzoni hanno ancora oggi (tanto forte da oscurare la fama di prove successive in ambito europeo) spiegherebbe anche l’impossibilità di reperire in traduzione italiana i suoi romanzi storici, che pure tanto sembrano avere da dire, probabilmente anche agli studiosi di Manzoni.
(Si ringrazia Marco Perez, Professore di lingua italiana presso la Universidad de Valladolid-Soria, per le preziose informazioni e i consigli di lettura riportati in questo articolo).

teresa.agovino@unimercatorum.it

Postilla bibliografica

Fèlix Enciso Castrillón, Lorenzo o los prometidos esposos, Cuesta, Madrid, 1834.
Antonio Cazzaniga, Molte frasche e Poche frutta, Milano, Chiusi, 1843.
Enrique Gil y Carrasco, El señor de Bembibre, Establecimento tipografico, Madrid, 1844. Edizione disponibile al seguente link in formato pdf
Lucio Basilisco, Debiti di Enrique Gil y Carrasco (1815-1846) verso il Manzoni, in «Quaderni ibero-americani», n. 38, ottobre 1970, pp. 103-106.
Enrique Gil y Carrasco, El lago de Carucedo, Paradiso Gutenberg, 2014. Edizione disponibile al seguente link
Alessandro Manzoni, Los Novios, Rialp, Madrid, 2020.
Maggiori informazioni sulla ricezione di Manzoni in Europa sono reperibili al link
Maggiori informazioni sulla vita e le opere di Gil y Carrasco, sono reperibili al seguente link

 

 

 

 

L'autore

Teresa Agovino
Teresa Agovino è dottore di ricerca in Letterature Romanze presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". È cultore della materia in Letteratura Italiana Contemporanea. È professore straordinario a t. d. di Linguistica Generale presso l'Universitas Mercatorum di Roma, e docente a contratto di Lingua e linguistica italiana presso la Scuola Superiore Internazionale di Mediazione Linguistica (SSML) di Benevento; di Linguistica Italiana e Generale presso UniPegaso. Ha pubblicato due volumi: Elementi di linguistica italiana (Sinestesie, 2020) ; Dopo Manzoni. Testo e paratesto nel romanzo storico del Novecento (Sinestesie, 2017). Si occupa di ricerca in Letteratura italiana del Novecento e Duemila. In particolare studia i riferimenti manzoniani contenuti all'interno della prosa contemporanea sino agli anni Duemila (principalmente in Camilleri e De Cataldo) e l'opera di Primo Levi. Di prossima pubblicazione anche la traduzione italiana del romanzo Bones in London di E. Wallace (1921).