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Carlo Pulsoni intervista Giuseppe Casetta

Nell’omelia della messa inaugurale del suo pontificato, Sua Santità Francesco ha invitato tutti al rispetto dell’ambiente, ribadendo la sua posizione nell’enciclica Laudato sii.  Si tratta pertanto di un impegno concreto da parte della Chiesa?

Certamente sì. Direi che l’impegno della Chiesa per l’ambiente è incominciato sin dalle prime formulazioni dogmatiche, quando ad es. nel primo articolo del Credo apostolico si afferma: Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra. Di tutte le cose visibili ed invisibili. Nell’ottica della fede cristiana l’ecosistema è “creato”, non parte dal caso o dalla necessità,  per cui l’uomo, che è pure creatura di Dio, ha una responsabilità particolare. È chiaro che nel corso dei secoli la sensibilità per l’ambiente non è sempre stata al centro dell’impegno ecclesiale.  L’attenzione agli aspetti del tema ecologico e all’impegno concreto dell’uomo si sono fatti sempre più strada a partire dagli anni sessanta/settanta del secolo scorso, in concomitanza con diverse sciagure ecologiche che continuano a perpetuarsi fino ad oggi e per questo motivo il pensiero della Chiesa, a cominciare dal Concilio, si è fatto sempre più sentire già nel pontificato di S. Giovanni Paolo II a partire dalla sua prima enciclica Redemptor Hominis del 1979 (cf. n. 8, 15, 16) e poi nella Sollicitudo Rei Socialis del 1987 (cf. n. 26, 29, 30, 34), nel Messaggio per la Giornata della Pace del 1990 è intitolato “Pace con Dio Creatore, pace con tutto il creato”.  Non dimentichiamo che è nell’enciclica Centesimus Annus del 1991 che Giovanni Paolo II introduce per la prima volta il termine “ecologia umana” (cf. n. 37). È ovvio che oggi l’impegno della Chiesa per l’ambiente ha una sua vera e propria enciclopedia teorico-pratica nella Laudato sii di papa Francesco e questo documento resterà sicuramente una pietra miliare per i prossimi decenni.

Il suo ordine da sempre si è distinto nella silvicoltura. Quanto è ancora possibile questo impegno in un mondo ormai secolarizzato?

La storia della nostra Congregazione vallombrosana è segnata fortemente dall’impegno dei monaci per la silvicoltura. Proprio quest’anno nel mese di ottobre abbiamo celebrato insieme ai carabinieri forestali il 150° anniversario degli arboreti di Vallombrosa con un Convegno al quale hanno partecipato studiosi provenienti da tutte le parti del  mondo,  studiosi che hanno riconosciuto unanimemente l’alto valore storico e scientifico dell’opera di alcuni nostri confratelli che sono entrati nella storia della botanica e della silvicoltura. Oggi noi monaci non possiamo pensare di continuare a quel livello la nostra collaborazione per la silvicoltura, ma indubbiamente possiamo intervenire – e lo stiamo facendo secondo le nostre competenze e responsabilità–  nei dibatti sempre più frequenti sul tema della sostenibilità ambientale. Del resto già nel XVIII secolo, nell’economia forestale si era parlato di gestione sostenibile, che si realizza, quando nel bosco vengono tagliati un numero di alberi pari a quanti ne ricresceranno nel ciclo naturale. Da questo punto di vista, resta prioritaria a mio avviso, l’informazione e l’educazione.

Come si può coniugare oggi la spiritualità con l’ecologia integrale?

Credo che risposta più completa a questa domanda, si possa dare riprendendo il capitolo 6 dell’enciclica Laudato sii, dove il papa parla di “Educazione e spiritualità ecologica”. L’educazione e la formazione restano sfide centrali: non si cambia se non ci sono motivazioni forti e non si cambia facilmente … Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione (n.202).

Tutto questo in tre percorsi che hanno bisogno di fedeltà nel tempo:

  1. puntare su un altro stile di vita: «Quando siamo capaci di superare l’individualismo, si può effettivamente produrre uno stile di vita alternativo e diventa possibile un cambiamento rilevante nella società» (208).
  2. Educare all’alleanza tra l’umanità e l’ambiente non si può sottovalutare l’importanza di percorsi di educazione ambientale capaci di incidere su gesti e abitudini quotidiane, dalla riduzione del consumo di acqua, alla raccolta differenziata dei rifiuti fino a «differenziare i rifiuti» e «spegnere le luci inutili» (211).
  3. Una continua conversione ecologica per arrivare ad una “libertà” da mentalità e prassi dettate dal «consumismo ossessivo», dalla «cultura dello scarto» e «dello spreco», dal «paradigma tecnocratico» e «tecno-economico», da «una visione della natura unicamente come oggetto di profitto e di interesse», dal «mito del progresso». Liberi da questi determinismi si diventa liberi di «scelte e soluzioni alternative», volte alla custodia e alla cura dell’ambiente e all’utilizzo equo e responsabile delle risorse, per un verso; all’inclusione dei non-produttivi e non-consumatori (i poveri e gli emarginati), per altro verso. Libertà innervata e illuminata dalle «virtù ecologiche»: sobrietà, semplicità, umiltà, solidarietà, gratuità, giustizia, amore. Virtù che dispongono a «passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere», plasmando nuove mentalità e stili di vita. Questo è il vero programma di una spiritualità ecologica cristianamente orientata!

Cosa si sente di dire dopo questa importante riconoscimento del “Premio internazionale di ecologia umana”?

A dire il vero mi sento abbastanza… confuso. Nella mia vita non ho mai conseguito “premi” importanti. Ricordo solo di averne ottenuti alcuni per la mia passione presepistica… ma si trattava di gare da “adulti adolescenti”.  Il premio che io ricevo, ha alle spalle tanti protagonisti che in questi anni hanno cercato di tenere alta l’attenzione ai temi ambientali legati alla spiritualità cristiana e monastica: penso alla nostra comunità di Vallombrosa, alla “Fondazione S. Giovanni Gualberto” con il suo “Osservatorio e ambiente”, ecc. Vorrei dedicare il premio ai fratelli e sorelle dell’Amazzonia, protagonista a 360° del Sinodo dei vescovi 2019”.

L’Amazzonia è una regione con una ricca biodiversità: è multi-etnica, pluri-culturale e pluri-religiosa, uno specchio di tutta l’umanità che, a difesa della vita, esige cambiamenti strutturali e personali di tutti gli esseri umani, degli Stati e della Chiesa.

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