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Dante ritrovato a Pavia

1. L’anno di Dante, il 2021, sarà ricordato non solo per le moltissime iniziative organizzate in Italia e nel mondo, ma soprattutto per alcune pubblicazioni destinate a durare, a partire dalle due edizioni della Commedia che vedranno presto la luce: quella a cura di Giorgio Inglese nell’àmbito dell’Edizione Nazionale della Società Dantesca Italiana e quella realizzata dall’équipe diretta da Paolo Trovato. Ma il 2021 è anche l’anno giusto per annunciare delle nuove scoperte. E tra quelle più importanti ci sono senz’altro le testimonianze della Commedia riemerse grazie alle ricerche di alcuni studiosi legati all’Università di Pavia.
Come spesso accade, non si tratta di scoperte occasionali o fortuite. Per trovare qualcosa di nuovo nelle biblioteche e in archivio c’è bisogno di molte ore di lavoro e di moltissima pazienza. Ed è così che Federico Saviotti e soprattutto Giuseppe Mascherpa, filologi romanzi pavesi, a partire dal 2014 hanno riportato alla luce dagli archivi e dalle biblioteche della Lombardia e del Piemonte orientale un cospicuo numero di frammenti di manoscritti medievali in volgare. Tra questi ritrovamenti ci sono alcune piccole novità di grande rilievo per la storia della letteratura italiana e romanza, a partire da due bifogli ritrovati all’Archivio di Stato di Bergamo, collocabili nel XIV secolo e provenienti dalla Toscana sud-orientale, che contengono un frammento del primo volgarizzamento italiano dell’Eneide di Ciampolo di Meo degli Ugurgieri. Nel 2016, alcuni sondaggi compiuti nel fondo antico della biblioteca del Seminario vescovile di Pavia hanno poi restituito un frammento di un manoscritto delle poesie dei trovatori copiato verosimilmente in Toscana intorno al 1300. In questo caso, la comune provenienza del frammento dallo stesso codice di due lacerti già noti, scoperti nel corso del Novecento a Milano e all’Aja, ha consentito di ricostruire in parte, virtualmente, il canzoniere perduto.

La scoperta arricchisce quindi la conoscenza della letteratura occitana potenzialmente accessibile ai poeti italiani fra Due e Trecento, Dante compreso. E ancora nel 2016, all’Archivio Storico di Vercelli, sono riemerse – anche grazie al contributo di Andrea Musazzo – alcune carte (copiate in Lombardia nel terzo quarto del Quattrocento) del romanzo cavalleresco Falconetto, altrimenti noto solo grazie a un incunabolo del 1483. Ultimo in ordine di tempo (e oggetto di uno studio di imminente pubblicazione) è il rinvenimento, nel novembre 2019, presso la Biblioteca Universitaria di Pavia, di un bifoglio contenente quattro liriche francesi altrimenti ignote e una porzione del testo latino del Credo, tutte con notazione musicale polifonica.
E poi, ovviamente, c’è Dante. Giuseppe Mascherpa ha infatti recuperato ben quattro frammenti della Commedia, tutti ancora inediti. Due all’Archivio storico di Lodi: il primo, proveniente da un codice di lusso, contiene i canti XVII e XVIII dell’Inferno ed è stato forse copiato in Toscana a cavallo tra il XIV e il XV secolo; l’altro – toscano, della seconda metà del Trecento, residuo di un codice affine ai cosiddetti ‘Danti del Cento’, cioè una delle più celebri tipologie di codici del poema – conserva solo il canto XXV del Paradiso. Un altro frammento, ancora toscano, ancora della seconda metà del XIV secolo, con ampi stralci dei canti IV, VI, IX, X, XIII e XVI del Purgatorio, è riemerso presso la biblioteca del Seminario vescovile di Pavia. E un altro ancora, con il canto XX dell’Inferno, trascritto in Italia settentrionale tra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento, è venuto fuori dall’Archivio Diocesano di Milano. A questi frammenti del poema va aggiunto un ampio lacerto del commento latino di Benvenuto da Imola alla Commedia (Purgatorio, XXIII-XXIV), della prima metà del XV sec., rinvenuto presso la biblioteca del Collegio Borromeo di Pavia.

Lodi, Archivio Storico Civico, frammento della Commedia (If XVIII, vv. 1-14) con grande iniziale miniata
Lodi, Archivio Storico Civico, frammento della Commedia (If XVIII, vv. 1-14) con grande iniziale miniata.

Questi ritrovamenti non sono di per sé sorprendenti. La tradizione della Commedia è del tutto peculiare nel quadro della letteratura italiana dei primi secoli, specie per la sua ampiezza. I censimenti più completi contano approssimativamente 800 testimoni, tra i quali circa 600 contengono almeno una cantica. Il numero è ancora più alto aggiungendo tutti i frammenti, alcuni dei quali, come quelli appena descritti, sono emersi solo negli ultimi anni. E molti sono saltati fuori dalle carte di guardia dei manoscritti di altre opere. Bisogna però tenere presente che il tasso di dispersione dei testimoni è stato probabilmente molto alto, ed è ragionevole pensare che sia giunta fino a noi solo una piccola parte dei manoscritti della Commedia effettivamente realizzati. Ma non c’è solo la Commedia: nuovi testimoni delle Rime sono stati rivenuti da Giuseppe Marrani e Claudio Lagomarsini; uno del Convivio lo ha scoperto Cristina Dusio; recentemente Natale Vacalebre ha ritrovato in una copia della princeps della Commedia (1472) le tracce di un ignoto commento al poema. È quindi verosimile che ci saranno anche altre nuove scoperte dantesche.

2. Non è invece una scoperta quella annunciata il 21 marzo 2021 dal Corriere della Sera, da Avvenire, dal Giorno, dal Gazzettino e dalla Provincia Pavese e poi dall’edizione lombarda del Tg3: «A settecento anni dalla morte di Dante quattro canti del Paradiso su antiche pergamene riscoperte nella Biblioteca del Collegio Ghislieri di Pavia». Come si legge sul sito della Fondazione Ghislieri, nella sezione storica della Biblioteca del Collegio il direttore Alessandro Maranesi avrebbe ritrovato «le antiche pergamene di un codice dantesco», contenenti parti del II, III, X e XI canto del Paradiso: «La grafia di alcune parole, la scrittura minuscola gotica, l’ortografia incerta, la scarsissima punteggiatura certificano che risalga al Trecento; alcuni elementi, come certe forme arcaizzanti e la grafia riferibile allo scrittorio di Bologna per i testi letterari giuridici, fanno datare le pergamene non oltre la metà del Trecento». Si tratterebbe dunque «di uno dei più antichi frammenti manoscritti della Divina Commedia».
Ma la notizia non sembrerebbe per nulla eccezionale. Innanzitutto, perché è di fatto una “riscoperta”, come si precisa anche nel comunicato ufficiale: «È una grande storia ghisleriana che attraversa i secoli. C’è il Trecento, ovvero quando il codice dantesco è stato vergato; il Cinquecento, quando il codice viene celato nella copertina un raro incunabolo del Timeo di Platone custodito nella Biblioteca del Ghislieri; l’Ottocento, quando uno studente del Collegio si accorge del codice nascosto; e il Ventunesimo secolo, cioè oggi, quando proprio nel settecentesimo anno dalla morte di Dante l’antico codice della Divina Commedia viene riportato alla luce consentendo agli studiosi di gettare nuova luce sulla storia misteriosa di questo prezioso reperto attraverso i secoli». E infatti il frammento è noto da tempo: è citato nell’edizione della Commedia a cura di Giorgio Petrocchi, che è quella tuttora di riferimento (vol. I, Introduzione, p. 542: «Collegio Ghislieri. Membr., mm 330 x 220, di cc. 2, sec. XIV; contiene Par., II 25-III 102; X 10-XI 87»); è censito nel più aggiornato studio sui codici trecenteschi della Commedia (Boschi Rotiroti); compare nel sito della Società Dantesca Italiana, liberamente consultabile in rete. Nel 1967, sugli Studia Ghisleriana, era apparso persino un contributo specifico sul frammento (di G.A. Vergani). E non sarebbe una scoperta nemmeno se si riuscisse a dimostrare (ma uno studio vero e proprio non è ancora stato pubblicato) che le pergamene sono databili «non oltre la metà del Trecento», dato che i codici della Commedia che si possono collocare entro il 1355 (cioè entro quella che si chiama comunemente “antica vulgata”) sono in realtà molte decine e che i più antichi manoscritti del poema sono datati (cioè riportano una data precisa e non sono quindi “databili”, che è cosa molto diversa) al 1335-1336.

3. Gli anniversari sono un’occasione straordinaria. E lo è anche il centenario dantesco del 2021. È ragionevole, quindi, che gli studiosi vogliano fare notizia; ed è del tutto comprensibile che un annuncio come quello del presunto ritrovamento pavese possa risultare appetibile per i giornali e la televisione. Ma la vera notizia del 2021 è che sia prevista la pubblicazione di due edizioni della Commedia frutto di molti anni di lavoro e che di tanto in tanto vengano fuori dei nuovi frammenti dell’opera più letta e più copiata della letteratura italiana.

marco.grimaldi@uniroma1.it

Bibliografia

G. Mascherpa, F. Saviotti, “E membre vos co·us trobei a Pavia”: affioramenti trobadorici nella biblioteca del Seminario vescovile, in «Critica del testo», 20/2, 2017, pp. 9-70; Tuscan-Lombard Troubadour Chansonnier, by F. Saviotti, in Fragmentarium; G. Mascherpa, A. Perrotta, Rarità d’archivio: su alcuni frammenti manoscritti del Falconetto, in «Critica del testo», 19/2, 2016, pp. 77-98; C. Lagomarsini (ed.),‘Æneis’: volgarizzamento senese trecentesco di Ciampolo di Meo Ugurgieri, Pisa, Edizioni della Normale, 2018; M. Calloni, Un nuovo testimone del volgarizzamento dell’‘Eneide’ di Ciampolo di Meo degli Ugurgieri: edizione e studio linguistico, in «Medioevo romanzo», 43/1, 2019, pp. 166-189; C. Lagomarsini, G. Marrani, “Molti volendo dir che fosse amore”: nuovi recuperi, in “L’Alighieri”, LVII, n.s., 47, 2016, pp. 73-91; Cristina Dusio, Un nuovo manoscritto del “Convivio” (Roma, Bibl. dell’Accad. dei Lincei e Corsiniana, 44 B 5), in «Rivista di Studi Danteschi», XVI, (2016), 1, pp. 116-133; N. Vacalebre, Paradiso (e Purgatorio) riconquistati. Un incunabolo dantesco in America e il riscoperto autore delle sue chiose, in “Lettere italiane”, LXXII, 2020, pp. 232-55; M. Boschi Rotiroti, Codicologia trecentesca della “Commedia”. Entro e oltre l’antica vulgata, Viella, Roma, 2004; La “Commedia” secondo l’antica vulgata, a cura di Giorgio Petrocchi, Mondadori, Milano, 1966-1967; G.A. Vergani, Osservazioni su un MS. dantesco del XIV sec., «Studia Ghisleriana», 3, 1967, pp. 257-8.

L'autore

Marco Grimaldi
Marco Grimaldi
Marco Grimaldi (Napoli, 1979) si è laureato all’Università Federico II, è stato borsista dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici di Napoli, ha conseguito a Siena il titolo di dottore di ricerca in Filologia romanza e ha lavorato all’Université Paul-Valéry di Montpellier e all’Università degli Studi di Trento. È attualmente ricercatore e professore aggregato di Filologia della letteratura italiana alla Sapienza, Università di Roma. Ha diretto l’unità romana del progetto FIRB 2013 L’Italia dei trovatori: repertorio informatizzato delle poesie occitane relative alla storia d’Italia (secc. XII-XIV). Si occupa prevalentemente di poesia italiana e occitana medievale. Oltre a numerosi articoli su alcune delle principali riviste internazionali di filologia e letteratura italiana e romanza, ha pubblicato un libro sui trovatori (Allegoria in versi. Un’idea della poesia dei trovatori, Bologna, il Mulino, 2012), un commento alle Rime di Dante (Le Rime della ‘Vita nuova’ e altre Rime del tempo della ‘Vita nuova’, Roma, Salerno, 2015; Le Rime della maturità e dell’esilio, 2019) e un saggio divulgativo su Dante (Dante, nostro contemporaneo. Perché leggiamo ancora la ‘Commedia’, Roma, Castelvecchi, 2017). È membro del comitato scientifico della «Rivista di studi danteschi». Il suo blog è www.marcogrimaldi.com.