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“Arsenale”: un archivio da esplorare

L’immagine di copertina è di Enrico Pulsoni

In un imprecisato giorno del mese di gennaio 1989, ha luogo in una casa privata romana una cena tra amici con un invitato d’eccezione: tra i commensali ci sono la poetessa e slavista Annalisa Alleva, lo scrittore Gianfranco Palmery, direttore della rivista letteraria “Arsenale” (il numero Zero è datato ottobre-dicembre 1984), e sua moglie l’artista americana Nancy Watkins. L’ospite d’onore è Iosif Aleksandrovič Brodskij, vincitore un paio di anni prima del Premio Nobel per la letteratura (1987).

A Brodskij, che aveva lavorato negli anni Cinquanta come apprendista tornitore nella fabbrica “Arsenal” di Leningrado, il nome della rivista non poteva che suonare familiare. Inizia a sfogliarla e non conoscendo l’italiano si sofferma sui numerosi autori stranieri ivi presenti: Philip Larkin, Raymond Carver, Tess Gallagher, Ted Hughes, Yves Bonnefoy, Bernard Noël… Palmery gli chiede qualche suggerimento sui poeti da leggere e magari da pubblicare in Italia, e Brodskij inizia a redigere il proprio canone personale. Si tratta di una lista manoscritta di una ventina di autori di svariate nazioni – inglesi, irlandesi, statunitensi, olandesi, polacchi -, che testimonia l’attenzione con cui Brodskij segue, anche in veste di critico letterario, la poesia di tutto il mondo.

Gli autori menzionati sono: Anthony Hecht, Derek Walcott, Les Murray, Paul Muldoon, Seamus Heaney, Tony Harrison, Douglas Dunn, Mark Strand, Tom Paulin, Michael Hoffman, Alan Jenkins, Richard Wilbur, Derek Mahon, Gjertrud Schnackenberg, Weldon Kees, Elizabeth Bishop, Louis Bogar, Theodore Roethke, Erik Nordbrandt, Martinus Nijhoff, Adam Zagajewski, Wislava Szymborska (nel caso della letteratura polacca viene anche indicato il nome del critico e traduttore Ronald Strom). Tra di essi spiccano i nomi di Derek Walcott, Seamus Heaney e Wisława Szymborska, autori poco noti all’epoca in Italia – anche a livello editoriale (tra le poche eccezioni il talent scout Vanni Scheiwiller, «un editore inutile di libri e microlibri», come lui stesso amava definirsi) – e che nell’arco di pochi anni vinceranno a loro volta il Premio Nobel (nell’ordine 1992, 1995 e 1996).

Questo canone elargito con generosità da Brodskij non avrà seguito a stampa perché “Arsenale” aveva già cessato di uscire (l’ultimo numero doppio, 11-12, è del luglio-dicembre 1987), ma l’elenco è ora consultabile, insieme ad altro materiale di prim’ordine dell’Archivio della rivista e del suo direttore, presso il Centro manoscritti dell’Università di Pavia. Oltre agli scritti dello stesso Palmery, vi è una ricca collezione di manoscritti, spesso con varianti autografe, di poeti, quali Giorgio Caproni (chi scrive ha analizzato con Luca Zuliani la stesura del componimento Il nome ), Carlo Betocchi, Mario Luzi, Attilio Bertolucci, Maria Luisa Spaziani; senza contare le voci di molti giovani, oggi affermati poeti, come Alberto Toni, Eugenio De Signoribus, Domenico Vuoto, Marco Vitale, Patrizia Cavalli, Mario Baudino, Nino De Vita, Franco Buffoni, Francesco Dalessandro e così via. Per quanto riguarda i narratori, mi limito a citare Vincenzo Consolo e Laudomia Bonanni; mentre per i saggisti Ginevra Bompiani, Sergio Quinzio, Cesare Brandi e Giorgio Agamben. Cospicuo è anche il numero di carteggi con svariati intellettuali: uno dei più fitti è quello con il critico letterario Luigi Baldacci. Va infine rilevata la nutrita presenza di prime edizioni impreziosite da dediche autoriali di Caproni, Bertolucci, Carver, Spaziani, Bellezza e così via.

Il mio augurio è che questo Archivio, donato al prestigioso Centro Manoscritti da Nancy Watkins nel 2017, possa essere presto valorizzato grazie alle ricerche degli studiosi.