In primo piano · La scoperta

Sbarbaro e Capitini nel segno della nonviolenza

L’immagine di copertina è di Enrico Pulsoni

L’incrocio sistematico tra i carteggi e i fondi librari fornisce spesso delle chiavi di lettura tra gli autori coinvolti, spesso inedite. È quanto si verifica, a esempio, confrontando l’Archivio Capitini, depositato presso l’Archivio di Stato di Perugia, e il suo Fondo librario, conservato nella Biblioteca di San Matteo degli Armeni della medesima città, in relazione al poeta e scrittore Camillo Sbarbaro.

Rispondendo l’11 gennaio del 1965 a una missiva del filosofo della nonviolenza, Sbarbaro gli comunica di essere proprio lui l’autore di Trucioli (Firenze, Vallecchi editore, 1920), allegandogli una breve prosa, uscita poco prima nella rivista «Diogene» (6 dicembre 1964, p. 9), come prova della sua avversione alla violenza: «Caro Capitini, m’ha fatto molto piacere la sua lettera. Sì, sono io l’autore di Trucioli. Domani, 12 gennaio, approdo al settantasettesimo anno; l’augurio che mi faccio è di non sopravvivere. Ho imparato a conoscerla un po’ su Il Mondo, e quel poco è bastato perché sentissi per lei amicizia. [A Varazze feci le elementari e il ginnasio, Collegio Salesiano); ebbi molti compagni di scuola a cognome Baglietto.] Se può farle piacere, posso (non subito, perché non conservo libri, neppure i miei), mandarle “Poesie” “Fuochi fatui”, quest’ultimo: le mie ultime prose e prosette, alle quali ancora oggi qualcosa aggiungo. Come curiosità (ma anche documento della mia e di mia sorella) simpatia per la avversione alla violenza. le unisco un recente “fuoco fatuo”. Se lei ricapitasse in Liguria, sarei lieto di conoscerla di persona».

Nel secondo foglio della missiva figura il racconto, che verrà poco dopo ripubblicato nella plaquette Contagocce (Milano, All’Insegna della Baita Van Gogh, 1965):

Occupata a tener discosto il parapioggia gocciolante, neanche lei che lo aveva a fianco s’era accorta di quel tizio, apparentemente entrato come ogni altro a ripararsi dall’acquazzone; quando, seguitando a fischiettare, in un fulmineo voltafaccia colui aveva affrontato i due spilungoni che, addossati senza sospetto alla parete, con aria annoiata gli ciondolavano alle spalle; e scatenandosi li aveva impugnati, scrollati, sbattuti un contro l’altro e, prima che si riavessero, tra lo sbalordimento dei presenti che facevano largo, a calci li aveva spinti ammanettati verso l’uscita. Là s’era fermato: era fatto, a immollarsi non teneva; e, date le spalle alla preda ammutolita, aveva incrociato le braccia spavaldo. Sconvolta dalla scena svoltasi in un baleno e in silenzio, mia sorella che a tutta prima aveva a stento represso l’impulso di intromettersi – violenza certo legittima, si ripeteva per calmare il tumulto del cuore – s’aprì il passo e, impaziente di allontanarsi da dove non respirava più, scappò fuori, prese a correre a caso sotto l’acqua che rinforzava (Archivio di Stato di Perugia, Fondo Capitini – Corrispondenza, busta 1516).

Non si tratta dell’unico invio di testi da parte di Sbarbaro; il 25 novembre dello stesso anno gli spedisce «un libriccino che, uscendo solo oggi, mi ringiovanisce d’un anno». Si tratta del già menzionato Contagocce, non più reperibile nel Fondo Capitini.

L’invio certamente più interessante è però quello del 18 luglio 1966, consistente in «un libretto: mie lettere dal fronte (per la più parte) 1916/1918». Si tratta di Cartoline in franchigia, Firenze, Nuovedizioni Enrico Vallecchi, 1966. Il libro, segnato CAPITINI 851.9 SBA, presenta una dedica autografa al destinatario: «A Aldo Capitini CSbarbaro // 18. VII», e deve la sua importanza al fatto che trasmette, come da prassi di Sbarbaro, una serie di sue correzioni manoscritte, identiche a quelle dell’esemplare successivamente donato all’amico editore Vanni Scheiwiller (Centro Apice dell’Università degli Studi di Milano, segnatura: A.F.AP. 6.SBA001. 001), come testimonia la data della dedica a penna: «A Vanni / Sbarbaro 26.IX.’66», e di seguito a matita «sommessamente ricordandogli che, se ce la faccio, fra 3 mesi entro negli ottanta» (devo queste letture alla dottoressa Raffaella Gobbo del Centro Apice, che ringrazio cordialmente).

Mi limito a citare alcuni esempi:

p. 29: Per vendicarmi allora gli recito] A dispetto
Sostituisce «per vendicarmi» con «A dispetto»

p. 30: Come uscii da quel purgatorio? Una sera rincasando annunciai raggiante a mia sorella che il peggio era passato.
Depenna «a mia sorella»

Ibid.: ieri, epifania, ho fatto con mia sorella una passeggiata ai Forti, stupenda.
Cassa l’aggettivo “stupenda”.

p. 33: Dopo le ore di creazione
Inserisce un segno richiamo (“1”), che rimanda alla annotazione posta a fine pagina: «1 Creazione! Credevo di non aver mai usato una parola così presuntuosa»

p. 35: 1916-1918 Tempo dei primi Trucioli
Sotto il titolo della raccolta appone la seguente frase: «Questa lacuna di 3 anni è dovuta, come altre minori, a distruzione di corrispondenza fatta dai familiari, mentre Barile era in prigione, accusato di antifascismo».

p. 39: Qui mi hanno assegnato all’Ufficio e anche qui, forse per la mia apparente mitezza, omnium benevolentiam mihi concilio. I miei superiori diretti gareggiano a darmi di loro iniziativa permessi d’uscita, diurna e notturna. Ne approfitto largamente: lunghe soste beverecce a un caffeuccio vicino, gite a Sanremo, alla Mortola, a Apricale, a Dolceacqua.
Sostituisce «omnium benevolentiam mihi concilio” con «m’attiro la simpatia di tutti», e poco più avanti la preposizione “a” con “nel” (quest’ultima assente nella copia Scheiwiller).

p. 40: Il benessere è nell’arredamento, nell’aria: si è ricchi. I più parlano francese; per es. due filles, una delle quali “mi ama”: dice che sono un moine.
Depenna completamente la seconda frase.

In realtà a giudicare dall’apparato delle varianti presente nell’edizione de L’opera in versi e in prosa. Poesie, Trucioli, Fuochi fatui, Cartoline in franchigia, Versioni (a cura di G. Lagorio e V. Scheiwiller, Milano, Garzanti, 1985), le correzioni della copia inviata a Scheiwiller sono molto più numerose, anche se in alcuni rari casi l’esemplare di Capitini parrebbe conservare degli interventi “inediti”. Oltre a quello già segnalato a p. 39, registro:

p. 34: una delusione di più, è sempre qualcosa] pure
Sostituisce l’avverbio “sempre” con “pure”.

p. 100: ma per me miracolosamente fu come nulla fosse accaduto
Depenna il verbo “fu”.

Presenti inoltre alcune divergenze nell’interpunzione

p. 41: Mi par d’essere, nella semi ebrezza un personaggio di Cézanne.
Cassa la “,” dopo “essere”

p. 71: l’idea d’una rivistina nostra, ma, mi rendo conto
Rimuove la seconda “,” dopo “ma”.

Segnalo infine delle minime discrepanze nelle annotazioni dei due esemplari:

p. 19: nel margine destro, accanto alla citazione in versi («Come il vento di marzo ch’ora scrolla / il mandorlo fiorito e ora invade…»), la copia Scheiwiller trasmette «le biade (mature) di marzo!», mentre quella Capitini «le biade (mature!) in marzo».

p. 48: Dal tono arreso avresti capito chi era
Nella copia Scheiwiller sostituisce «avresti capito chi era» con «l’avreste riconosciuto», mentre in quella Capitini con «l’avresti riconosciuto».

Rimandando a un prossimo lavoro con Chiara Piola Caselli e Giuseppe Moscati l’edizione del carteggio e lo studio delle relazioni tra Capitini e Sbarbaro nel segno della nonviolenza, qui interessa aver segnalato l’esistenza dell’esemplare Capitini, finora sconosciuto, latore verosimilmente di una “penultima volontà d’autore”.