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Per il miglior fabbro

A Mary de Rachewiltz

“It had been a most delightful Xmas, and I have you to thank for two of the pleasant surprises.”[1] Così scrive Ezra Pound, ancora prigioniero a Washington, il 28 dicembre 1956, rispondendo al suo traduttore a Tokyo. Le “Due sorprese piacevoli” consistevano nella prima versione giapponese delle sue Poesie scelte, curata da Ryozo Iwasaki (1908-1976), destinatario della missiva, e del poema in inglese, January in Kyoto di Junzaburo Nishiwaki (1894-1982), poeta, professore di letteratura inglese, collega del traduttore presso l’Università di Keio, Tokyo. Il libro includeva, insieme a diciannove poesie poundiane e un paio dei primi Cantos, la “Preface” di Nishiwaki, così come Iwasaki spiega in inglese nella sua lettera, ma Pound non poteva sapere che essa era una sorta di epistola intitolata in giapponese Yori takuminaru mono e, cioè Per il miglior fabbro.

La sua sorpresa non era infondata, visto il contatto a lungo interrotto con l’Estremo Oriente, contatto a cui teneva molto nel suo fare poetico, fin da quando, sotto effetto della chinoiserie e del japonism di fine Ottocento, compose, nel 1913, i suoi primi versi alla haiku (“hokku-like sentence”[2]) sulla metropolitana parigina:

The apparition of these faces in the crowd:
Petals, on a wet, black bough.

Fu allora che Pound cominciò a lavorare ai manoscritti postumi di Ernest Fenollosa (1853-1908) sui classici cinesi e sul teatro nō, mentre a Londra, grazie alla frequentazione di Yeats, ebbe modo di conoscere poeti e artisti giapponesi, tra cui il pittore Tamijuro Kume (1893-1923), alias Tami Koumé (è quel “Tami’s dream” in The Pisan Cantos, LXXVI, 203), che una volta, davanti a Pound, eseguì la danza angelica da tennyo [donna celeste] del nō, e che lo stesso Pound compianse quando morì a Yokohama[3] a causa del grande terremoto del 1 settembre 1923. Da quel momento il suo unico e costante corrispondente nipponico fu il poeta surrealista Katue Kitasono, ovvero Katsue Kitazono (1902-1978) che gli indirizzò la prima lettera nel 1936. Soprannominato “Kit Kat” e fatto conoscere anche da James Laughlin per il suo movimento poetico, VOU Club, fondato nel 1935, Kitasono non aveva più scritto a Pound dopo il 1953. In fondo, tra i due poeti, ci correva un abisso, per cui la loro corrispondenza, nonostante fosse durata anni, non aveva mai raggiunto quell’intimità che Pound aveva avuto con Tami. Leggendo le lettere di Kitasono, sarebbe difficile non accorgersi della sua scarsa conoscenza delle lingue e dei classici, soprattutto della sua incomprensione pressoché totale verso il teatro nō e i “valori poetici”[4] che Pound vi trovava, benché quest’ultimo gli aveva spiegato più volte della propria passione e di quel libro introduttivo uscito nel 1916, basato sulle note di Fenollosa.

Anche quando la figlia, Mary de Rachewiltz spedì a Tokyo una copia della versione italiana curata da lei, Introduzione Al Nô. Con Un Dramma in un Atto di Motokiyo: Kagekiyo, uscita nel 1958 presso All’Insegna del Pesce d’Oro, Kitasono la ringraziò a malapena, con una sola riga del poscritto nel 1966. Mentre Pound credeva fino alla fine che la sua versione delle Traxiniai potesse essere propriamente rappresentata solo da una scuola del nō.[5]

Nel leggere il poema di Nishiwaki, January in Kyoto, invece, Pound dovette provare una certa affinità, fin dai primi versi simili allo stile di Browning:

Janus, old man,
Your name is damp and grey and too prolonged
A ring to rattle in my verse;
You double-faced, diluted churl of churls, You corn-dull, poppy-wilted, beaver-brown,
You snow-eater, a parasite on roots and berries,
Iconoclast of gins and perries,
You’re really one of the pariah dogs
Yelping, thrash-worth, at the belated gods.
I know the deities would rather inflate
And flow in pipes than in metric odes, but now
You suddenly brought us shy myth,
When we, disguised as Zeus and Hermes, went
Looking for orchids that will hang oblong and dim
At cuckoo-crow at the hell lady’s door,
In the Hiei foot-hills by pebbly-purring streams.
[6]

(Pound farà tradurre alla figlia Mary questo poema di settantadue versi, che uscirà nella collana di Vanni Scheiwiller “All’Insegna del Pesce d’Oro” nel 1959, e successivamente nel 1990):

Giano, vecio,
Il tuo nome fradicio grigio lungo assai
Risuona nei miei versi;
Slavato zotico bifronte
Scipito, vizzo, castano-castoro,
Mangianeve, di radiche e bacche parassita,
Iconoclasta di sidri e d’acquavite,
Invero sei un cane paria
Da bastonare, abbaiante agli dèi tardivi.
So che dèi enfi preferiscon fluire in canne
Più che in misurati versi,
Ma tu ci hai sorpresi con pavido mito,
Quando, in sembiante di Giove e d’Ermete
Cercammo orchidee pendule oblunghe e tenui
Al canto del cucù, al cancello di Proserpina
Presso i colli Hiei, lungo scroscianti ciottolosi rivi.
[7] )

Allegandolo alla sua lettera, Iwasaki, traduttore, critico letterario, esperto della poesia latina ed ex-allievo di Nishiwaki, doveva essere ben consapevole di quale effetto avrebbero potuto sortire sul poeta americano, ed effettivamente egli prosegue nella già menzionata lettera: “Junzaburo scrive in un inglese più vivo e vitale di qualsiasi altro io abbia sentito da qualche tempo. POI se scegli una tale compagnia, posso ben credere che tu abbia fatto un buon lavoro per Mauberley (…) Mi è piaciuto quel poema di Giano più di qualsiasi altra cosa abbia letto da qualche tempo.”[8] Di seguito, Pound comincia a correggere certe parole nel poema, scusandosi che in quel momento non aveva a disposizione nessun dizionario inglese ma “solo quelli greco e cinese” [9]. Alla fine, Nishiwaki lo fa pubblicare, come suggerito da Pound, sulla rivista australiana «Edge», appena fondata da Noel Stock, senza alcuna modifica.

Laureato in Economia nel 1917 con una tesi interamente scritta in latino, Nishiwaki scriveva da sempre in inglese non solo le poesie, alla stregua di Keats, ma anche gli articoli per i quali fu apprezzato dagli studiosi di letteratura inglese, prima di trascorrere tre anni in Inghilterra dal 1922. Mentre studiava a Oxford, Nishiwaki cambiò stile ed esordì nel 1924 sulla rivista «Chapbook», lo stesso numero 39 in cui apparve Doris’ Dream Songs di Eliot. Ma, dopo l’uscita della sua prima raccolta in inglese, Spectrum (The Cayme Press, Londra, 1925) e l’altro tentativo di pubblicare un libro con le sue poesie in francese, lasciò Oxford e tornò all’Università di Keio nel 1926, come professore di letteratura inglese e linguistica. Allora, come in Europa, erano “gli anni delle riviste”[10] anche a Tokyo, e Nishiwaki stesso fondò la prima rivista surrealistica giapponese, «Fukuikutaru kafu yo [O Fuochista profumato!]» nel 1927 e nell’anno successivo, «Ishō no taiyō [Il sole degli abiti]», cui si aggiungessero anche Kitasono e gli altri che avevano da poco creato la rivista «Bara, majutsu, gakusetsu [Rosa magia teoria]». Nella sua prima raccolta di saggi in giapponese, La poetica surrealista (1929), concepita originariamente come quella “sovrannaturalista”[11] tra il 1926 e il 1928, Nishiwaki percorre la storia delle teorie poetiche in Occidente, da quella platonica alla corrente contemporanea, sottolineando la qualità cognitiva sulla “realtà” nel far poesia. È nell’altro suo saggio Il mondo dei giovani letterati (1933) che appare il nome di Pound accanto ad altri poeti anglosassoni come Lewis, Joyce e Eliot, messi a confronto con quelli continentali come Tzara, Goll, Breton e Apollinaire, e con il suo estro gnostico, Nishiwaki ne fa la sintesi dettagliata in due libri, La letteratura europea (1933) e La letteratura inglese moderna (1934), nel quale traduce in giapponese alcuni versi poundiani di A Draft of XXX Cantos (1930). Intanto la prima versione giapponese del libro di Pound, How to read (1931), esce nel 1933 con la traduzione di Tsunetaro Kinoshita (1907-1986), accompagnata dalla prefazione di Nishiwaki. E l’altro poeta, critico letterario, Yukio Haruyama (1902-1994) dedica un capitolo a Pound nel suo libro introduttivo sui Nuovi movimenti della letteratura inglese del Novecento (1935). E in questo contesto, Iwasaki pubblica il suo primo articolo monografico, La poetica del signor Pound (1934), poi Ezra Loomis Pound (1950) e lancia la sua traduzione delle Poesie scelte nel 1956.

Dunque, per Pound, la nuova corrispondenza giapponese sarebbe stata più che sorprendente, perché il suo Kit Kat lo aveva informato che la versione giapponese delle sue opere era ancora di là da venire: “E ci vorranno ancora alcuni anni perché tu venga tradotto. Sei difficile per molti lettori giapponesi. E molti letterati in Giappone sono piuttosto sentimentali forse come lo sono in Europa” [12]. Facendo parte della corrente modernista, Kitasono conosceva benissimo sia gli scritti del capofila Nishiwaki sia il lavoro di Iwasaki, ma continuava a rinviare la traduzione dei versi poundiani, pur facendosi spedire da Pound i libri e i nuovi Cantos. Non è pertanto senza ragione che nel 1959 Pound gli rivolge queste parole insolitamente aspre: “Ho il sospetto che tu abbia dimenticato il tuo inglese durante questi vent’anni. Al tempo stesso uno potrebbe riuscire a tenere corrispondenze più vivaci. Young [Michel] Reck deve conoscere abbastanza la lingua giapponese per aiutarlo. / Non ricordo che tu abbia menzionato Junzaburo, o Iwasaki” [13]. Qualcosa doveva essere passato nella sua conoscenza del Sol levante, eccessivamente abbellito durante la guerra, un po’ per il suo anticapitalismo, un po’ per i ricordi sempre più sbiaditi del suo amico scomparso Tami che gli aveva lasciato una grande tela del Sogno “fatta a pezzi a Venezia” [14]; qualcosa doveva essere mutato in lui, una volta ricevuto il libro di traduzione in giapponese insieme a quel poema di Giano, composto con l’evidente dimestichezza con la lingua, le poesie europee e l’ultima tendenza parodica, cui contribuiva pure Pound.

Ad agosto 1957, dopo un paio di lettere scambiate con Iwasaki, Pound indirizza al traduttore a Tokyo un’altra breve missiva, che crea un forte impatto tra i letterati giapponesi, dal momento che suggerisce di proporre il nome di Nishiwaki al premio Nobel. Ormai leggendario come “Odyssean-impresario” [15], una cosa simile mai era capitata nella cerchia di Kitasono. “Nessun premio letterario o quello della giuria può modificare il peso di una consonante o cambiare la lunghezza di una vocale, ma a lato pratico, se avete una sorta di Accademia giapponese o un simile ente autorevole, non ci potrebbe essere nulla di male a portare all’attenzione dell’Accademia svedese le opere di Junzaburo Nishiwaki; non ricordo che abbiano onorato Nippon. ” [16]

Infatti, nessuno scrittore giapponese era stato mai candidato a quel premio: solo dal 1958 in poi, si trovano nella lista dei candidati i nomi di Jun’inchiro Tanizaki e Junzaburo Nishiwaki, e dal 1961 quello di Yasunari Kawabata[17]. Ma, diversamente dagli altri due romanzieri, per le opere di Nishiwaki non c’era alcuna traduzione in lingue occidentali. Iwasaki chiede più volte a Pound di scrivere una lettera di raccomandazione, ma il poeta americano non poteva accontentarlo, dato che non era in grado di leggere il giapponese, e in merito a Nishiwaki, aveva soltanto “un’intuizione e solo uno dei suoi poemi in inglese” [18]; eppure per Pound, non c’era “alcun possibile dubbio sulla sua sensibilità e sulla gamma e qualità della sua cultura”[19]. Iwasaki avrebbe insistito affinché il poeta giapponese scrivesse direttamente a Pound. Nishiwaki accenna a una scena del genere nel suo saggio in giapponese del 1960, col titolo inglese, To Ezra Pound: “Una sera all’inizio di marzo, stavo bevendo (…) mentre cadeva una pioggia invernale. In un angolo c’era un vaso azzurro coi fiori gialli simili a quelli di colza. Di fatto era una specie di gelsomino, chiamata sokei, venuta da Cathay. Così mi ricordai di Lei. Accanto a me un giovane che beveva il succo mi disse ripetutamente di scriverLe una lettera, mai spedita”[20]. Intanto, una raccolta dei suoi primi poemi in inglese, Poems Barbarous (1930, edizione privata), sarebbe giunta nelle mani di Pound.

A dicembre 1958, da Brunnenburg, Pound spedisce la sua ultima lettera a Iwasaki: “Mia figlia lavora ai poemi di Junzaburo, però con me, a casa sua”[21]. Per tale motivo Gennaio a Kyoto, l’ultimo libro di poesia giapponese al quale Pound collabora, esce nel 1959, con una poesia prefatoria della curatrice, il poema del titolo e altri sette tolti dalla raccolta in inglese di Nishiwaki:

 NARCISO A NAPOLI

Profilo d’oro dorati capelli
D’argento in diafano sognare. [22]

ODE AL VASO

Benché inghirlandato di fiorranci il capo
Riccio, d’oro, ondulato, seguo la trionfale morta
Processione di Temistocle, il lusso e la gloria siano
Nei miei orecchi umido, pesante, fondo, proficuo mare! [23]

POMERIGGIO D’ESTATE

Su tremolante specchio marino,
Occhio di timo l’orizzonte
Due serpi di Lorena ed io
Per qualcosa alle spalle ristiamo pavidi:
Donne qual murmure di pioppi sorridenti.
Poi ci sediamo all’ombra d’odorosi cespugli,
Iridi umide nel fitto tomento azzurro,
S’alzano striate di rosa, ali d’ambra, viola fiammanti.
Nel sonno cosmi troncati, obliqui, ravvolti, s’uniscono,
Buio stellare, malinconia d’Apollo in canne di corallo.
Vellutata aurora cangia d’antelucano a giglio;
Xi su una gota, Phi sull’altra scritto con polline d’oro bruno. [24]

Escludendo Gennaio e Barbarous in italiano, non erano disponibili altre traduzioni delle sue poesie fino all’ultimo decennio del Novecento e, al contrario dell’aspettativa di Pound, fu Yasunari Kawabata a divenire il primo giapponese premiato con il Nobel letterario nel 1968. Fin dal 1962, con la versione inglese del suo romanzo, Mille gru (Seidensticker, 1958), Kawabata aveva cominciato a impressionare i membri dell’Accademia svedese, a giudicare da quanto si legge nei documenti d’archivio, per il suo stile poetico, l’originalità, gli elementi estetici e la giapponesità[25]; “Anche perché se Kawabata vince, se ne appagherà il popolo giapponese” [26]. Ci si rende conto dell’importanza della traduzione, e inoltre Tanizaki, il primo romanziere candidato, viene ritenuto più occidentale, perciò meno attraente. Su Nishiwaki, gli svedesi ripetono che non c’è abbastanza materiale da esaminare, finché non arrivano a un giudizio definitivo nel 1963: “Seguendo i pareri del Professor Donald Keene, abbiamo deciso di non prendere più in considerazione le opere di Nishiwaki”[27]. Forse non avevano altro modo per valutare la letteratura moderna giapponese se non chiedendo consigli agli esperti statunitensi, allora Keene e Seidensticker, entrambi traduttori dei romanzi di Tanizaki e Kawabata? Non davano ascolto all’Accademia giapponese. E tutto ciò è rimasto segreto per cinquant’anni. Tanizaki intanto muore nel 1965. Il nome di Nishiwaki, invece, raccomandato ufficialmente da parte del Professor Naoshiro Tsuji (1899-1979), membro dell’Accademia giapponese e massimo esponente degli studi vedici in Giappone, appare di continuo nella lista dei candidati, inutilmente, fino al 1968.

“Da sempre, la poesia precede la tendenza del tempo, cogliendo più acutamente una sensazione del secolo a venire”[28]. Queste sono le parole di Sakutaro Hagiwara (1886-1942), padre solitario della poesia moderna giapponese, l’unico poeta che Nishiwaki ammira come maestro. Seguendo i suoi passi, nonostante la differenza di stile, diventa lui stesso “uno dei più importanti innovatori della poesia giapponese”[29]. Già nella sua prima raccolta in giapponese, Ambarvalia (1933), Nishiwaki sperimenta una giustapposizione di due mondi: “il mondo antico” costituito da brevi poemetti che ricordano antichi versi in distici o frammentari, anziché haiku, seguiti dagli adattamenti di Catullo, Tibullo e Pervigilium Veneris; dall’altro, “il mondo moderno” con componimenti parodici, i cui riferimenti variano sempre dalla mitologia greca al Roman de la rose, al Merchant of Venice, alla pittura di Velasquez, ai Jounaux intimes, ad Also sprach Zarathustra. Così come il diritto e il rovescio di una moneta, la malinconia moderna risponde alla delizia antica. Dopo un lungo silenzio durante gli anni della guerra, Nishiwaki stupisce nuovamente per l’aria insolitamente orientale nel Nessun viaggiatore ritorna (1947), dove appare “l’uomo della visione” [30], quello primordiale e arcano, rispecchiato dalla metafisica taoista del xuan, “profondo”; a differenza del confucianesimo che in Estremo Oriente, non vale più dell’idealismo moralistico e funzionalista, la ricerca del xuan, paragonabile al gouffre baudelairiano,[31] gli avrebbe offerto un fondamento alla sua poetica di corrispondenza, sviluppatasi poi nella sua tesi di dottorato, Introduzione alla letteratura antica (1949) e in altri articoli successivi. E con la sua antenna sempre bidirezionale da Giano[32] — antichità e modernità, Occidente e Oriente, reale e surreale, natura e sovrannaturale, banalità e arcano, nulla e essere —, i canali diversissimi sfociano tutti nelle raccolte seguenti: La favola moderna (1953), La terza mitologia (1956: raccolta che comprende Per il miglior fabbro e la versione giapponese della seconda metà di Gennaio a Kyoto), Il tempo perduto (1960), Dea della fertilità (1962), Eterunitasu (1962: invito “alla stagione senza simboli” [33]), Il sonno della gemma (1963), Libro dei riti (1967), Canto ctonio (1969: una serie di duemila versi dedicati alla “musica del destino astrale”, alla “mestizia delle vite” [34]), La porta dei cervi (1970) e infine L’umanità (1979: raccolta con l’altra versione giapponese di quel poema di Giano). Sembra interminabile la sua produzione poetica, cosparsa di traduzioni e citazioni, appunto come i Cantos poundiani. Altrettanto innumerevoli i suoi articoli e saggi su Tao Yuanming, Shakespeare, Basho, Baudelaire, Eliot, Hagiwara e altri poeti, a partire dal libro monografico, William Langland (1933), sull’autore di The Vision of William concerning Piers the Plowman (1377?). Ma per la sua poetica gnoseologica che ha un’ampia estensione nel tempo e nello spazio, non ci potrebbe essere migliore precursore se non Ezra Pound. Così, per la seconda volta, gli riserva la stessa dedica di Eliot in The Waste Land, che Nishiwaki aveva tradotto in giapponese: dedica celebre, ripresa dalla Commedia, dove in origine si riferiva ad Arnaut Daniel, poeta adorato dallo stesso Pound.

PER IL MIGLIOR FABBRO

Tornato dall’inferno
Su una sconosciuta
Strada bianca per Ravenna
Col collo aperto
E la barbetta a punta
Si fece vedere
Camminare
Nel paesaggio di Corot, un contadino
Versò nel bicchiere azzurro
Il latte di capra
Per offrire
Un anno dopo
Si trovò ancora in Europa
Sulla soglia di Toledo, non più città infernale
[35]

Nel giugno 1962, Nishiwaki torna a viaggiare per l’Italia, dopo quarant’anni dal suo soggiorno di studi in Europa. Invitato dall’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, tiene una conferenza e una lettura insieme con Leonardo Sinisgalli. Anche Giuseppe Ungaretti va a trovarlo in albergo a Roma: vuole sentire un suo haiku e Nishiwaki, imbarazzato, gli chiede dell’influenza mallarmeana[36]. Vede la fontana del Tritone, cui aveva dedicato una sua prima, lunga poesia in prosa, e visita altre città con una grande nostalgia proveniente dalle letture giovanili, soprattutto dal Rinascimento di Walter Pater, di cui si era appassionato in veste da aspirante pittore. Si meraviglia, fra l’altro, della lingua parlata dalle donne italiane, “come se sulla lingua facessero rotolare una gemma”[37]. Di questo viaggio rimangono alcuni quadri dipinti dallo stesso poeta e una raccolta, Il sonno della gemma, che chiude con un bagliore diamantino, che è il suo timbro:

Sull’eterno
Prato senza fine
Sogni
O ninfea
Non svegliarti
Al presente
Come l’infinito
Sonno della gemma. [38]

Nessuno immaginava che tale scintilla potesse realizzarsi in giapponese, lingua morbida e monotona, quando comincia Ambarvalia — titolo preso dal rito Romano di primavera —, dove si celebra la nascita di un nuovo dio:

IL TEMPO

Una mattina come (una gemma capovolta),
qualcuno alla porta sussurra con un altro.
È il giorno in cui è nato un dio. [39]

Se il risveglio degli dèi scandisce la storia della letteratura, in Giappone ciò è avvenuto due volte, sempre in tempi turbolenti, non privi di influenze straniere: dopo i Kojiki (712), primi libri di storia e di mitologia nipponica, scritti interamente in cinese; la fioritura del teatro nō, contemporaneo alla diffusione dello zen e alla reviviscenza della poesia cinese durante i periodi di guerra civile; il modernismo letterario giapponese su cui venivano innestate la letteratura, la filosofia e altre scienze umanistiche occidentali attraverso il rinnovamento generale e due guerre mondiali. Eventi carichi d’inventiva e di conseguenze imprevedibili, e non a caso osservate con attenzione da Pound. I copioni del nō, che introducevano i termini narrativi insieme a quelli cinesi nel lessico della poesia tradizionale giapponese, venivano tagliuzzati e divulgati in quanto canti popolari mentre i libri teorici di Zeami (1363?-1443?) erano stati tenuti segreti per duecentocinquant’anni per via dell’isolazionismo feudale dopo il Seicento, fino alla prima edizione stampata del 1909. Quanto alla poesia moderna giapponese, appena inaugurata da Hagiwara, raggiunge subito un’inaudita espansione intorno a Nishiwaki: faro della poesia in un Giappone postbellico, guida eccezionale anche per diversi letterati dal romanziere fantasioso Taruho Inagaki (1900-1977) all’eminente orientalista Toshihiko Izutsu (1914-1993). Eppure, Nishiwaki non ha mai assunto un ruolo da guida. Pur accennando nei suoi versi e saggi che anche la poesia scritta in giapponese poteva far parte della letteratura mondiale, lui stesso non si riteneva sempre capace di fare poesia nei suoi versi. Pensava invece, un po’ come un taoista, che “chi sa percepire la poesia, anche quando non la scrive, è più poeta” [40]. Ai suoi occhi, uno dei modelli più rilevanti sarebbe stato Ezra Pound. Così, nel suo articolo epistolare, “mai spedito”, Nishiwaki rese ancora omaggio al “miglior fabbro” del XX secolo:

“Essere un poeta significa sapere distinguere tra le grandi poesie e quelle che non lo sono. Lei è un poeta. (…)

“La poesia non fa progressi. Le forme mutano ma, da sempre, lo spirito poetico resta lo stesso. Che ne pensa? Baudelaire dice che il quadro senza poesia è una brutta pittura. I versi senza poesia non possono essere grandi. Neppure vera poesia. Ma quando uno che sa distinguere le grandi poesie scrive una poesia, anche se non fosse buona, vi si sente la grandezza. Le sue poesie, qualsiasi verso scriva, hanno qualcosa di straordinario come poesia. La sua maniera di far poesia è una poesia. ”[41]

azco@aa.alles.or.jp

[1] E. Pound, Lettera a R, Iwasaki del 28 dicembre 1956, in Ezra Pound and Japan, a cura di S. Kodama, 1987, Black Swan Books, Redding Ridge, p. 135

[2] E. Pound, Voticism, «Fortnightly Review», n. 96, 1 settembre 1914, p. 461-471.

[3] Al tempo del grande terremoto del 1923, Kume stava per ripartire per l’Europa dal porto di Yokohama, non lontano dall’epicentro. Cfr. T. Imamura, “Tami’s Dream”: A Bridge between Pound, Hemingway and Japan, «Tokyo Woman’s Christian University Repository», n. 77, 1 gennaio 2016.

[4] E. Pound, Study of Noh Continues in West (10 dicembre 1939), in Ezra Pound and Japan, cit., p. 156.

[5] E. Pound, Lettera a K. Kitasono del 12 giugno 1959, in Ezra Pound and Japan, cit., p. 126; E. Pound, Lettera a R. Iwasaki del 11 aprile 1957, id., p. 139.

[6] J. Nishiwaki, January in Kyoto, in Ezra Pound and Japan, cit., p. 132.

[7] J. Nishiwaki, Gennaio a Kyoto, in Gennaio a Kyoto: con sette disegni, a cura di M. de Rachewiltz, 1990, Scheiwiller, Milano, p. 17.

[8] E. Pound, Lettera a R, Iwasaki del 28 dicembre 1956, in Ezra Pound and Japan, cit., p. 135: : “Junzaburo has a more vital english than any I have seen for some time. AND if you choose such good company I can well believe you have made a good job of the “Mauberley,” and trust if you also write in english or translate your own poems you will send copies both to Stock and myself. I have enjoyed that Janus poem more than anything I have come on for some time.”

[9] Id, p. 136.

[10] R. Calasso, Come ordinare una biblioteca, 2020, Adelphi, Milano, p. 63-103.

[11] J. Nishiwaki, Premessa alla seconda edizione della Poetica surrealista (1930), in Teihon Nishiwaki Junzaburo zenshu [Opere complete definitive] V, 1994, Chikuma shobo, Tokyo, p. 678-679.

[12] K. Kitasono, Lettera a E. Pound del 28 maggio 1941, in Ezra Pound and Japan, cit., p. 114: “It’s a matter of great regret that your works have not been translated in Japanese, and still it will need some more years for your being traslated. You are difficult to most of the Japanese readers, and most of literary men in Japan are rather sentimental as they may be the same in Europe.”

[13] E. Pound, Lettera a K. Kitasono del 12 giugno 1959, in Ezra Pound and Japan, cit., p. 127: “I suspect you have forgotten your english during the past 20 years. At the same time one might manage more lively exchange of correspondence. Young Reck must know enough japanese to help at it. / I don’t think you have ever mentioned Junzaburo, or Iwasaki.”

[14] M. de Rachewiltz, Ezra Pound, Father and Teacher: Discretions, 2005, New Directions, New York, p. 22: “… his big canvas in Venice torn in pieces during the war”.

[15] F. Read, Introduction, in Pound/Joyce The Letters of Ezra Pound to James Joyce, 1970, New Directions, New York, p. 4.

[16] E. Pound, Lettera a R. Iwasaki del 21 agosto 1957, in Ezra Pound and Japan, cit., p. 141: “No literary prize or jury award can alter the weight of a consonant or change the length of a vowel, but on the practical side, if you have some sort of Japanese Academy or authoritative body, it could do no harm to bring Junzaburo Nishiwaki’s work to the attention of the Swedish Academy; I do not recall their having yet honoured Nippon.”

[17] H. Ooki, Scrittori giapponesi e il premio Nobel — Sui documenti di selezioni presso Accademia svedese (1958-1969), «Kyoto gobun», 28, 28 novembre 2020 (Department of Japanese Literature, Bukkyo University [Universita del buddismo]), p. 237-252.

[18] E. Pound, Lettera a R. Iwasaki del 6 settembre 1957, in Ezra Pound and Japan, cit., p. 142: “Also, not being able to read Japanese, I have only a hunch and one of his poems in English to go on.”

[19] E. Pound, Lettera a R. Iwasaki del 11 ottobre 1957, in Ezra Pound and Japan, cit., p. 143: “From what I have seen [of] Dr. Junzaburo Nishiwaki’s work in English there is no possible doubt of his sensibility and the range and quality of his culture.”

[20] J. Nishiwaki, To Ezra Pound, «Shigaku [Poetica]», giugno 1960, in Teihon Nishiwaki Junzaburo zenshu IV, 1994, Chikuma shobo, Tokyo, p. 306.

[21] E. Pound, Lettera a R. Iwasaki del 6 dicembre 1958, in Ezra Pound and Japan, cit., p. 146: “My daughter works on Junzaburo’s poems, but with me on the premises”

[22] J. Nishiwaki, Narciso a Napoli, in Gennaio a Kyoto, cit., p. 25.

[23] J. Nishiwaki, Ode al vaso, id., p. 43.

[24] J. Nishiwaki, Pomeriggio d’estate, id., p. 47.

[25] H. Ooki, Scrittori giapponesi e il premio Nobel, cit., p. 242.

[26] Id., 247.

[27] Id., p. 243.

[28] S. Hagiwara, Premessa alla prima edizione del gatto azzurro (1923), in La sintesi del gatto azzurro – poesie di Sakutaro Hagiwara, a cura di A. Azuma – C. Patregnani, 2022, RIVISTA literary project, p. 7.

[29] Notizia bio-bibliografica, in J. Nishiwaki, Gennaio a Kyoto, cit., p. 49.

[30] 幻影の人 in giapponese: J. Nishiwaki, Tabibito kaerazu [Nessun viaggiatore ritorna], in Teihon Nishiwaki Junzaburo zenshu I, 1994, Chikuma shibo, Tokyo, p. 209-211.

[31] J. Nishiwaki, Baudelaire e io, in Shigaku [Poetica], 1969, Chikuma shobo, Tokyo, p. 268.

[32] J. Nishiwaki, Poetica, id., p. 189: “La mia poesia, come il vecchio dio Giano, ha due facce. Guarda allo stesso tempo in direzioni opposte: natura-sovrannaturale, reale-surreale. Cosa succede in conseguenza? Piacerà al meno il mio cervello.”

[33] J. Nishiwaki, Eterunitasu, in Teihon Nishiwaki Junzaburo zenshu II, 1994, Chikuma shobo, Tokyo, p. 287.

[34] J. Nishiwaki, Jo-ka [Canto ctonio], in Teihon Nishiwaki Junzaburo zenshu II, cit., p. 553-554.

[35] J. Nishiwaki, Per il miglior fabbro, in Daisan no shinwa [La terza mitologia], ristampa, 1994, Kobunsha, Tokyo, p. 76-77.

[36] J. Nishiwaki, Le mie vacanze romane (1962), in Nohara wo yuku [Andando al prato], 1972, Mainichi Shinbunsha, Tokyo, p. 196-198.

[37] Id., p. 199.

[38] J. Nishiwaki, Hoseki no nemuri [Il sonno della gemma], in Teihon Nishiwaki Junzaburo zenshu II, cit., p. 362-363.

[39] J. Nishiwaki, Tenki [Il tempo], in Ambarvalia, ristampa, 1994, Kobunsha, Tokyo, p. 7.

[40] J. Nishiwaki, Il significato della poesia moderna, in Shato no meisin [La superstizione della torre pendente] (1957), ristampa, 1996, Kobunsha, Tokyo, p. 93.

[41] J. Nishiwaki, To Ezra Pound, cit., p. 306-307.

L'autore

Atsuko Azuma
È traduttrice giapponese. Ha tradotto in giapponese Ettore Sottsass, "Scritto di notte" (2010, Adelphi: 2012, Kajima Institute Publishing, Tokyo) , Roberto Calasso, "Le nozze di Cadmo e Armonia" (1985, Adelphi: 2015, Kawade Shobo Shinsha, Tokyo) e “L’innominabile attuale” (2017, Adelphi: in uscita); è coautrice della traduzione in italiano di Higuchi Ichiyō, "Nigorie" (1895: Acque Torbide, 2015, Jouvence) , di Mori Ōgai, "Kanoyōni" (1912: Come se, 2015, Jouvence) e del poeta Hagiwara Sakutaro, “Aoneko” (1923-1934: La sintesi del gatto azzurro, 2022, RIVISTA).