L’Italiano fuori d’Italia

Carlo Pulsoni intervista Dario Brancato

Dario Brancato è professore di Letteratura e di cultura italiana presso la Concordia University di Montreal.

Puoi darci qualche cenno del tuo percorso di studi nonché della tua attività professionale

Dopo essermi laureato a Messina e addottorato a Toronto, insegno alla Concordia University di Montreal dal 2005. Ho una formazione di storico della lingua, ma insegno anche corsi di letteratura e di cultura italiana. La realtà bilingue di Montreal è molto stimolante per quanto riguarda il mio lavoro e la mia università, pur essendo anglofona, accoglie studenti formatasi in entrambi i sistemi scolastici. Per di più, la presenza nei miei corsi di numerosi studenti internazionali (o di estrazione culturale diversa da quella delle due lingue ufficiali) arricchisce ulteriormente la mia esperienza di insegnante. I miei legami professionali con l’Italia sono ancora fortissimi, sia per la natura della mia ricerca (mi occupo della storia culturale del Cinquecento e quindi ho necessità di visitare le biblioteche e gli archivi italiani), sia per motivi didattici, dal momento che ogni anno insegno un corso (in inglese) di introduzione alla cultura italiana di oggi.

Cosa significa per te insegnare la letteratura e la cultura italiana stando all’estero?
Si tratta di un impegno che mi ha dato nuovi stimoli per riscoprire il mio legame con l’Italia. Insegnare un corso di cultura o di letteratura significa innanzitutto mettere in discussione tutto ciò che dai per scontato o per via delle tue idee o per quello che ti è stato insegnato a scuola e che non va bene per gli studenti canadesi.

Qual è la situazione dell’italiano nel tuo Ateneo e in genere in Canada, terra nella quale sono arrivati e continuano ad arrivare molti nostri connazionali?

Il corso di laurea in Italiano del mio ateneo è quello che, fra le quattro università di Montreal, ha il maggior numero di studenti undergraduate (laurea triennale). Storicamente, la Concordia University ha sempre avuto nella comunità italiana locale un interlocutore speciale e in passato, grazie anche alla svolta multiculturale del Canada negli anni ’80, la laurea in Italiano ha vissuto il suo periodo di gloria. Oggi, con la diminuzione dell’immigrazione di massa (anche se negli ultimi tempi il flusso di italiani si è ravvivato), il numero degli iscritti non è più quello degli anni passati, ma in compenso si è differenziato il tipo di studenti. Se prima l’italiano era la lingua degli immigrati, oggi è a pieno titolo una lingua di cultura: per questa ragione chi sceglie il corso di laurea in Italiano non è più solo il figlio o il nipote degli immigrati italiani in Canada, ma anche il figlio degli immigrati stranieri in Italia, una persona cioè che si è formata in parte in Italia pur non provenendo da famiglia italiana; o addirittura lo studente che si è innamorato della cultura italiana per varie ragioni, personali o accademiche. La situazione della mia città è simile a quella di Toronto, dove però non esiste la condizione di bilinguismo di Montreal.

Vi sono rapporti di collaborazione tra la tua cattedra e l’Istituto Italiano di Cultura?

L’Istituto Italiano di Cultura è un po’ il punto di raccordo fra le attività dei vari programmi di Italianistica presenti nelle università di Montreal. È quindi naturale che questa istituzione funga anche da riferimento per le iniziative che prevedano un impegno economico più oneroso. In genere l’Istituto si fa carico delle spese di viaggio per scrittori, studiosi o artisti italiani in visita a Montreal e organizza eventi per la promozione della lingua e della cultura italiana.

Quali sono, a tuo avviso, le motivazioni che spingono oggi uno studente canadese a studiare l’italiano?

Le motivazioni possono essere di ordine personale o accademico e sono dovute a svariati fattori: attaccamento alla cultura d’origine della famiglia, semplice curiosità, volontà di stabilirsi in Italia, ma anche interesse verso alcuni personaggi-chiave della cultura occidentale, come Dante, Machiavelli, Pirandello o Gramsci.

Nei tuoi corsi ci sono anche italiani di seconda generazione?

Ce ne sono ancora diversi, ma ormai la maggior parte degli studenti di origine italiana è di terza generazione e il legame con il paese d’origine è sempre più tenue. Sarà interessante però seguire gli sviluppi della nuova ondata di immigrazione che da qualche anno a questa parte ha fatto sì che sempre più italiani abbiano deciso di stabilirsi in Canada. Certamente la nuova immigrazione è diversa da quella degli anni ’50-’60 e gli italiani che oggi arrivano a Montreal hanno la tendenza a integrarsi il più velocemente possibile nella società del Quebec senza necessariamente ricorrere alle forme di aggregazione che erano più comuni in passato (associazioni culturali, ritrovi, sagre, ecc.); questo significa che l’interesse per la lingua e la cultura italiana potrebbe in teoria passare in secondo piano (anche per lo stesso effetto che si nota altrove per via della crisi degli studi umanistici), ma bisognerà aspettare lo sviluppo degli eventi.

Se sì, cosa cercano nello studio della lingua dei loro genitori?

Innanzitutto la possibilità di comunicare nella lingua dei loro genitori o nonni, ma anche un interesse verso uno studio della cultura italiana che non sia limitato alle conoscenze acquisite all’interno del nucleo familiare. Questo processo non è privo di traumi: tante volte infatti gli studenti fanno fatica ad accettare una rappresentazione dell’Italia diversa dall’immagine oleografica e stereotipata a loro consegnata dalla memoria dei loro genitori (o nonni) o da quanto della cultura italiana è filtrato e mediato da film, serie televisive e programmi.

Quali sono gli autori italiani più letti o più richiesti nel tuo corso?

Sicuramente Dante, autore che per eccellenza riesce ancora a riempire l’aula, nonostante la distanza che lo separa, linguisticamente e concettualmente, da noi. Gli studenti però sono anche attratti da altri scrittori, i quali riscuotono attenzione un po’ perché di moda, un po’ per il successo riscosso in sede internazionale. Mi riferisco a Fo, Eco e Pasolini, ma anche ad autori più recenti, quali Saviano.

Quanto e chi arriva invece tra gli autori contemporanei, anche in traduzione?

In genere, i vincitori dei premi letterari o gli scrittori più venduti in Italia, ma con qualche notevole eccezione (Camilleri fra tutti). Grazie anche al sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura negli ultimi anni siamo riusciti ad ospitare diversi scrittori contemporanei: Massimo Carlotto, Fabio Geda, Gianfranco Carofiglio, i cui romanzi sono disponibili sia in inglese che in francese. Devo anche segnalare l’iniziativa di alcuni teatri indipendenti di portare in scena gli allestimenti in francese di autori dialettali contemporanei: recentemente, infatti, sono state rappresentati qui a Montreal gli adattamenti di Bar di Spiro Scimone e di Fratellini di Francesco Silvestri.

Suggeriresti qualche nome di autore contemporaneo che ti augureresti fosse letto in Canada?

Da siciliano, e da persona che vive in una città la cui comunità italiana è composta in buon parte da siciliani, mi augurerei che si leggessero maggiormente i romanzi di Leonardo Sciascia, uno dei pochi autori che sia riuscito a raccontare la realtà isolana con garbo e profondità. Fra gli scrittori ancora viventi, mi piacerebbe che arrivasse qui un narratore ormai pienamente maturo, quale Enrico Brizzi. Un’ultima considerazione sulla poesia: sembra strano come in Canada non si apprezzino abbastanza i poeti contemporanei, non solo quelli viventi, come Patrizia Valduga, ma persino chi, come Quasimodo o Montale, ha ricevuto il Nobel nell’ultimo secolo.

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