Da giovane amavo visitare in Europa i musei delle cere. Ricordo come, soprattutto a Parigi, nel Grévin, il percorso fosse lungo e spesso volutamente impressionante, per la rappresentazione di personaggi celebri, anche viventi, la cui copia in cera destava “maraviglia”, non solo per l’estrema somiglianza, ma pure per l’eccezionalità del modo in cui erano stati “ripresi”. Era conficcato lì, nei volti e nei corpi degli incerati, il più acceso iperrealismo con cui facevano le prove anche artisti del pennello e della sgorbia.
Digiuna di arte antica ma attenta al Settecento, in alcune delle sue ricche implicazioni, mi azzardo a presentare un catalogo sulle figure in cera del secolo anche da me studiato, che, oltre ad essere boccone prelibato per specialisti, lo è pure per i non addetti ai lavori, con solo limitate conoscenze. Frutto della collaborazione fra i Musei Civici d’Arte Antica diretti da Massimo Medica e il Museo di Palazzo Poggi / Sistema Museale d’Ateneo, di cui Roberto Balzani è il Presidente, il catalogo corrisponde al tour che era bene fare per visitare entrambe le istituzioni.
Si guardi anche solo il “vestito” del catalogo, felice sintesi nella quale si coniugano, in totale armonia, testo e paratesto. La prima impressione che si ha è infatti quella di maneggiare un libro ben fatto e accurato in ogni suo dettaglio: dalla scelta delle carte, all’impaginato, così come per la qualità e la selezione delle immagini. Non è solo un piacere per gli occhi e neppure solo per il tatto: parole e immagini interagiscono consentendo una forte fruibilità. Le scelte adottate per la foliazione e l’impaginato sono infatti volte alla cura estetica e, nel contempo, all’utilizzo pratico, come le pagine con funzione divisoria dei testi di più autori, a tinta unita di un felice color petrolio. Quanto alla disposizione del testo, alla sua mise en page, essa si coglie per consentire una facile lettura, grazie alla suddivisione in brevi capitoli, sapientemente illustrati dai diversi esperti di storia dell’arte chiamati a collaborare.
Entriamo ora in relazione con la città in cui è stata presentata la mostra, felice sinergia fra le istituzioni chiamate a collaborare, l’Università degli Studi e i Musei Civici d’Arte Antica di Bologna, e alla eccezionalità di chi si dedicava, nel Settecento, a questo particolare settore dell’arte, che si colloca fra le prerogative petroniane.
Come giustamente è stato rilevato con il riprodurre un suo testo in apertura del catalogo, i primi studi sul particolare aspetto della creatività della ceroplastica a Bologna, «una ricca zona dell’attività plastica», si devono ad Andrea Emiliani (1931 – 2019) già nel 1960, il cui sapere, sconfinato, non ha avuto ancora il giusto rilievo in una approfondita sua bibliografia. Ed è a Emiliani che il catalogo è stato dedicato con felice riscoperta e riproposta delle sue come sempre impegnative pagine.
Tutti gli studiosi chiamati a collaborare offrono studi nuovi e mai scontati.
Lucia Corrain fornisce una interessante disamina circa due straordinari ritratti di cera, quelli di «una coppia di anatomisti e ceroplasti che contribuirono […] a rendere la pratica della riproduzione anatomica in cera sempre più precisa e raffinata» (p. 37). Si tratta di Giovanni Manzolini e della moglie Anna Morandi. L’incredibile espressività delle loro opere stupisce l’osservatore, che può ammirarne la compresenza in una stessa opera d’arte, studiata e resa con metodo scientifico e rara perizia tecnica. Tale felice connubio si coglie appieno proprio nel busto di Giovanni Manzolini, che viene proposto nell’atto di compiere una dissezione, con la mano sinistra appoggiata su un cuore e la destra che impugna un bisturi. E se ci soffermiamo sull’autoritratto di Anna, non può sfuggire l’attenzione che l’artista ha riservato all’abbigliamento e ai gioielli indossati; lo sguardo è fiero e proiettato nel futuro; davanti a sé la donna ha appoggiato niente di meno che un cervello umano!
Molti altri sono i ritratti proposti dalla mostra nelle due sedi espositive, inevitabilmente in maggioranza quelli di personalità appartenenti alle classi sociali più elevate: nobili, politici come il senatore Paolo Patrizio Zambeccari, prelati coma padre Ercole Isolani o monsignori, fra cui Francesco Zambeccari, noto per aver donato alla Libreria pubblica dei gesuiti di Santa Lucia il suo cospicuo patrimonio librario.
Accanto a essi, spiccano figure di santi, soggetti di genere e ritratti di donne del popolo. Tra questi, quello che inaugura la serie nel 1742, è opera dell’eccellente ceroplasta Filippo Scandellari.
Per capire quanto le figure in cera avessero presa nei contemporanei basti pensare che il ritratto in cera colorata di Anna Maria Calegari Zucchini, che muore quasi centenaria, diventa un modello di santità nell’età di Benedetto XIV: ci guarda e sembra viva, abbigliata con una povera veste, riposta nella sua teca elegante, che profuma di cera e di fiori.
«In effetti, spesso vittime del pregiudizio che le voleva in bilico tra arte e artigianato, queste sculture caratterizzate dall’uso della cera lucida e quasi oleosa per il viso e per le mani plasmate dagli artisti, percorrono una loro propria via del fare artistico, a cominciare dall’uso dei materiali organici». Così scrive Ilaria Bianchi la quale, nel suo stimolante contributo, che segue nel catalogo quello di Emiliani (pp. 19-35), studia queste delicatissime opere, dall’incredibile potenziale mimetico garantito dalla modellazione in cera associata ad altri materiali, segnalandone molte altre perdute, con il preciso intento di farle uscire dal «genere», datandole, indagandone lo stile e le vicende legate al collezionismo.
Altri affermati studiosi offrono spunti in varie direzioni, come è nelle pagine di Antonella Mampieri che dedica mirata e profonda attenzione ai plasticatori bolognesi del Settecento (pp. 49-61); il notevole apporto di Irene Graziani sui ritratti pittorici, e le teste di espressione in dialogo con le opere in mostra (pp. 63-73) di Mark Gregory D’Apuzzo (la testa di san Filippo Neri di Alessandro Algardi e le due ‘rare’ cere di Caspar Hardy sono tra le tante perle disseminate nelle sale del Museo Davia Bargellini; cfr. alle pp. 83-95).
Viene infine da evidenziare l’utilizzo della terracotta per simulare la cera, mistura che si rileva soprattutto nelle opere di un artista plasticatore e ceroplasta, Giovanni Battista Bolognini. La sua maestria in questa tecnica è eccezionale, soprattutto nel ritratto del poeta e anatomista Giuseppe Ippolito Pozzi, come rileva da par suo Massimo Medica (pp. 73-81).
Va inoltre segnalata la corposa e ricca bibliografia che evidenzia lo sforzo di fare di questa mostra una occasione di ricerca in un settore ancora poco praticato, apportando un contributo conoscitivo di notevole rilevanza.
Verità e illusione, Figure in cera del Settecento bolognese, catalogo della mostra, Bologna, Museo Davia Bargellini, 18 novembre 2022-9 marzo 2023, a cura di Mark Gregory D’Apuzzo e Massimo Medica, Milano, Silvana Editoriale, 2023, 189, p. Euro 28.
L'autore
- M. G. Tavoni, già professore ordinario di Bibliografia e Storia del libro, è studiosa con molti titoli al suo attivo. Oltre a studi che hanno privilegiato il Settecento ha intrapreso nuove ricerche su incunaboli e loro paratesto per poi approdare al Novecento, di cui analizza in particolare il libro d’artista nella sua dimensione storico-critica. Diverse sono le sue monografie e oltre 300 i suoi scritti come si evince dal suo sito www.mariagioiatavoni.it
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