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Inclusione senza depauperamento: un monito dalla linguistica

Perché parlare di un libro scritto in inglese ad un Festival della Lingua Italiana (Biblioteca delle Oblate, Firenze, 1 Aprile 2023)? Perché l’autore, italiano, italofono, linguista della lingua italiana, nonché organizzatore del Festival, ha scelto di scrivere in inglese per pubblicare con una casa editrice accademica internazionale, la Peter Lang, che proprio con questo libro inaugura un nuovo format, chiamato Vectors, che si rivolge a un pubblico colto interdisciplinare intra e extra accademico nonché internazionale. Si può dire infatti che la prima operazione “inclusiva” di questo libro consiste nel parlare della lingua italiana (come metonimia delle lingue tutte) ad un pubblico non necessariamente italiano. Arcangeli lo fa con un linguaggio e uno stile che sono tecnici e specialistici ma con i necessari chiarimenti per i non addetti ai lavori. Si tratta quindi di una divulgazione colta (fatta da un colto per i colti) che non semplifica ma rende accessibile ai lettori curiosi che non hanno consuetudine con la disciplina in questione, la linguistica in questo caso. Altra caratteristica comune al formato è infatti l’apparato paratestuale “compatto”, un indice breve, cioè con pochi capitoli (4 nello specifico), note a pie’ di pagina minime (nessuna in questo caso) per agevolare la lettura e una bibliografia di riferimento per chi voglia approfondire. L’estensione complessiva è tale che questo libro, prototipo dei Vectors, si possa tranquillamente leggere nello spazio di un fine settimana, di colto intrattenimento, e si possa facilmente portare con sé, un tascabile.

Ma veniamo al tema che è, come molte cose che fa Arcangeli, di tendenza, ultracontemporaneo (per usare una categoria che si usa negli studi letterari), attualissimo (negli ultimi 5 anni se ne parla sempre più) e anche militante. La militanza è una delle caratteristiche richieste agli autori di questo format, che scrivano su temi che possano provocare una discussione, che costituiscano in quanto libri, pamphlet, una provocazione su un argomento su cui l’opinione pubblica è divisa, confusa. Dunque linguistica militante. Titolo e sottotitolo costituiscono in sé un ossimoro: Grammatica senza genere. Come promuovere l’inclusione senza distruggere le lingue. Il titolo sarebbe potuto essere in forma interrogativa ma la posizione dell’autore non è dubitativa, né equivoca, è netta e il lettore se ne accorge leggendo. Inoltre il sottotitolo chiarisce il messaggio che è politico (in senso largo) e linguistico (in senso stretto). L’autore, il libro, la casa editrice sono a favore dell’inclusione ma contrari alla distruzione, demolizione, impoverimento delle lingue. L’ultima parola, lingua, LANGUAGES, è al plurale non solo perché è un libro di un autore italiano che si rivolge a un pubblico non italofobo ma anche e soprattutto perché parla di tutte le lingue. È un manifesto linguistico che da un lato accoglie le esigenze della società odierna e in evoluzione, dall’altra ascolta le preoccupazioni dell’Accademia della Crusca e in generale degli storici della lingua mettendo alcuni necessari argini alle arbitrarie e talvolta scriteriate frequenti derive. Insomma impone una regola per la forma pur essendo a favore del contenuto che si vuole veicolare. Sono discussioni che coinvolgono tutte le lingue che hanno maschile e femminile e che, posso testimoniare, anche gli editori si preoccupano di non tralasciare. Nella comunicazione scritta via email e social network la Peter Lang si rivolge con tutti i possibili accorgimenti di inclusione linguistica ma nelle pubblicazioni, a meno che non si affrontino nello specifico questioni di genere, le regole tradizionali del maschile e femminile sono utilizzate.

Passiamo ora ai contenuti, in questo senso la lingua inglese è di aiuto, indice si dice Table of contents. Il primo capitolo è sulla dittatura del politicamente corretto, come a dire che l’opinione pubblica detta (o cerca di farlo) le regole della lingua, dell’uso della lingua: chi non si adegua al genderless code, allo schwa, agli asterischi etc. risulta politicamente (o meglio eticamente) scorretto, ricevendo pressioni anche a livello istituzionale (Arcangeli ricorda i primi speech codes nelle Università americane, 1988 Michigan). Ed è qui che il linguista fa valere la propria erudizione e autorevolezza. In particolare lo fa con il suo piglio deciso e garbato insieme nel capitolo finale (il IV) dove propone soluzioni a problemi e richieste in favore dell’inclusione in varie lingue, una sorta di vademecum. Taglio storico-diacronico da storia della lingua ha il capitolo II dedicato alla eguaglianza e diseguaglianza di genere dal maschile sovraesteso (l’uso e la regola di mettere al maschile i plurali che comprendono semanticamente insiemi di uomini e donne) al contemporaneo femminismo (per cui si declina al femminile appena possibile o anche quando non lo sarebbe). In tal senso la posizione dei moderati ma attenti è di rivolgersi sempre prima al femminile e poi al maschile ad un pubblico di lettrici e lettori o nell’oralità a un uditorio di ascoltatrici e ascoltatori quando fino ad oggi, ieri, l’altro ieri, pochi anni fa il maschile includeva il femminile. Il terzo capitolo è più tecnico e fornisce esempi e dati con un titolo militante e provocatorio: Nel nome del neutro (e perciò a favore? Si domanda il lettore): Lo schwa e altri simboli grafici transgender. Transgender è un termine forte, legato a questioni sociali di grande attualità (avrebbe potuto scegliere UNISEX, nato e usato nel settore della moda negli anni Ottanta). Lo schwa originariamente doveva essere nel titolo del libro ma abbiamo preferito un taglio più cosmopolita, inclusivo, visto che lo schwa è prettamente italiano. La lettura (senza note, si è già detto) è agevolata da un ricco corredo di tabelle, grafici.

Lascio al lettore scoprire se: è dunque un libro a favore dell’inclusione linguistica? In che modo l’italiano può mettersi alla guida di questa piccola rivoluzione translinguistica? È un libro di storia della lingua? Linguistica storica? Socio-linguistica? A conti fatti sarebbe stato bene anche nella nascitura collana Peter Lang diretta dallo stesso Arcangeli intitolata: Storia linguistica e storia sociale. Social History of the italian language.

 

 

 

 

L'autore

Ilaria de Seta
Ilaria de Seta
Ilaria de Seta si è formata all’Università di Napoli Federico II, ha perfezionato gli studi all’University College Cork e insegnato all’Université de Liège. Attualmente vive a Bruxelles, è Research Associate alla Katholieke Universteit Leuven e Freelance Editor presso la casa editrice Peter Lang. Ha dedicato numerosi studi alla rappresentazione dello spazio nella narrativa otto-novecenetesca e alla parabola intellettuale di Giuseppe Antonio Borgese. Ultimamente si sta concentrando sull'opera di Federigo Tozzi e sulla rappresentazione di medici e pazienti nella letteratura europea moderna e contemporanea.