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Dalla parte delle ragazze. Dialogo con Paola Maria Liotta

Partiamo dal titolo, anzi dal sottotitolo: Sonata per Suzanne. È lei, la giovane Leenhoff, la vera protagonista del libro. Prima insegnante di pianoforte, poi moglie di Édouard Manet, emerge da questa storia come una sorta di anti-musa, una donna sì ispiratrice del genio maschile ma al tempo votata a sé stessa, alla rivendicazione della sua arte. Quando ha scelto di parlare di lei?

Grazie di questa premessa, intanto, che ci porta dritto al cuore della mia creazione. Direi che è stata Suzanne a cercarmi, mentre ammiravo la grandezza di alcune straordinarie artiste di tutti i tempi, scartabellando fra cataloghi d’arte e altri volumi. Impossibile che le donne di Manet non facessero prima o poi il loro ingresso nell’assortita galleria di figure di quello scorcio di secolo. Con Manet, si tornava sempre a parlare di lei e di Léon. È stata Suzanne a incuriosirmi, proprio per tutto ciò che non ne sapevo. Una vera sfida rintracciarne la presenza nelle lettere di Édouard e nelle testimonianze dei contemporanei. Come donna, compagna e poi moglie di Édouard Manet, ha vissuto un’esistenza esaltante, al centro della vita artistica del tempo. Ha saputo attraversare le luci e le ombre della carriera di Manet preservando nel santuario della loro dimora le tensioni dell’artista e le qualità dell’uomo, sostenendolo nei momenti avversi, e ce ne furono, tenuto conto degli attacchi che lui subì da parte dei critici e del pubblico. Manet è stato il grande amore della sua vita. Una storia, la loro, che le sarà costata anche molte rinunce tanto sul versante personale quanto su quello artistico e, per così dire, pubblico. Una grande pianista, che ha deciso di dedicarsi alla famiglia ma che dispensava la magia della sua musica a pochi eletti, cioè agli abituali frequentatori del salotto di Casa Manet. Fra loro, scrittori, musicisti, grandi dame, artiste e artisti, politici, insomma, l’alta borghesia di quella Parigi che risorgeva dalla Guerra Franco-prussiana in un’atmosfera di vivace modernità e grandeur.

Da qualche anno la riscoperta di figure femminili obliate è al centro di un’operazione di ricerca che coinvolge varie discipline. Il suo romanzo, che unisce letteratura, musica e arte, si pone nel solco di questa tendenza. Quali ricerche, quali precedenti le sono stati utili?

Fa parte della mia formazione e del mio percorso di scrittura coltivare questo tipo di sguardo sia nel riscoprire le donne del passato, sia nel coltivare i miei interessi preminenti: la letteratura, il mondo classico, la natura, l’ecologia, l’archeologia, la musica, la pittura, l’arte in generale. Ma l’interesse, si sa, se non è corroborato da letture, ricerche, intuizioni vale ben poco. Si può partire da una lettura che rinfocola la curiosità, o da una notizia, un fatto, un’esperienza che possono stimolare la fantasia e indurre a ricercare, prima di tutto in me stessa, delle vie da percorrere. Lo definirei il fascino dell’alterità…

Le infinite vie del mondo narrato prefigurano o amplificano quelle della vita reale e allenano a sondare con sentimento e ragione anche le realtà più lontane da noi. La ricerca, per me, è uno stile di vita e un metodo di conoscenza infallibile, che si alimenta di sempre nuovi ‘perché’, spronandomi a conseguire mete di volta in volta diverse ed eccitanti.

Il tema del femminile è uno dei fuochi della sua produzione. Da Al mutar del vento (Il Convivio, 2020) sul mito di Arianna e Teseo a Nel grande regno di Thulas (Algra Editore, 2021), in cui ecologia e questioni di genere si fondono…

E non solo, anche in Piano Concerto Schumann (Il Seme Bianco, 2018), nell’atto unico Briseide (Il Convivio, 2022) e nell’ultimo romanzo, Verde Twang (ElleDiLibro, 2023), porto in luce esperienze, temi, aspetti della vita che mi appassionano, dalla musica di Schumann e dalle donne che l’hanno resa famosa, a partire da Clara Wieck, incluso personaggio immaginario della pianista Fiamma Fogliani, ai personaggi di Verde Twang, romanzo dove archeologia ed ecologia si fondono, vi appaiono le Custodi della Foresta, che la difendono a sprezzo della loro stessa vita. Sempre in Verde Twang, quest’ultimo romanzo del 2023, nell’avvertenza finale ho tracciato un breve cammeo dell’ambientalista Johanna Stutchbury, uccisa qualche anno fa in Kenia. Amo parlare di ciò che amo, di ciò che sento e intride l’attualità alle sue radici. Sì, ecologia e questioni di genere sono fra i temi che prediligo. Basti pensare che l’indiscriminato sfruttamento del nostro pianeta uccide la Madre Terra e che tale violenza è l’esito evidente di una ferocia insita nella cultura patriarcale, che il materialismo del nostro tempo ha reso ancor più virale. Nel combattere la cultura sessista, la scrittura è un’arma potente: perché non esplorarne e usarne le potenzialità, in tal senso?

Leggendo il libro si ha l’impressione di assistere, dal punto di vista stilistico, a un’operazione di ‘immersione’, una sorta di mimesi nel linguaggio artistico di Leenhoff, naturalmente in accordo al contesto dell’epoca. Mi piacerebbe sapere da dove vengono le sue immagini, le sue parole.

Le mie immagini, le mie parole vengono dalla sorgente prima della mia ispirazione, che è la vita in tutte le sue sfaccettature, ma a monte ci sono le letture, le aspirazioni, i desideri, le competenze professionali, il profondo amore per i libri, il senso stesso che io conferisco nel quotidiano al mio impegno di donna, prima che di docente e di scrittrice, che mi hanno permesso potessi riportare in vita un personaggio quale Suzanne e darle corpo, spessore, voce. Le idealità dell’arte e quelle della vita nelle ragioni della mia scrittura procedono di pari passo e l’una alimenta, sorregge e scalda l’altra della sua luce infinita. Senza i quadri bellissimi di Manet, però, io non avrei potuto incrociare lo sguardo di Suzanne e lei non avrebbe potuto rivelarmi, in un soffio, la sua natura e i suoi segreti, incluso quello della sua musica. Essendo un’opera di invenzione, ho lasciato che le mie ricerche, supportate da una nutrita bibliografia, ne evocassero l’essenza. Così, Suzanne è arrivata in punta di piedi alle soglie della mia coscienza e mi ha svelato la sua anima.

A cosa sta lavorando, attualmente?

La mia scrivania, le scrivanie di casa, sono sempre assortite di testi, di ricerche, di fidate carte – e non sudate – perché, per me, la scrittura è un esercizio vitale e, così come la lettura, un nutrimento dello spirito. Non esiste argomento che non mi interessi, continuo a sondare tutte le mie corde. Potrei citare il terenziano Nihil humani mihi alienum puto, a sintetizzare le mie attuali piste di scrittura.

A tale proposito, c’è una poesia molto bella di Wislawa Szymborska, La gioia di scrivere, che   compendia al meglio il mio anelito di ricerca: «C’è dunque un mondo / di cui reggo le sorti indipendenti? / Un tempo che lego con catene di segni? / Un esistere a mio comando incessante? / La gioia di scrivere. / Il potere di perpetuare. / La vendetta d’una mano mortale».

Questa gioia vive dei suoi dubbi, della sua ansia di disvelamento, vive di armonie e contrasti, di scoperta e di desiderio e permea con sempre maggiore consapevolezza la dimensione dei miei scritti.

Vi ringrazio dell’attenzione e prometto ancora altri romanzi che di figure femminili narreranno, per esaltarne le passioni e i talenti. Alcuni li ho già conclusi e sono, naturalmente, in attesa di revisione. Sono una docente di materie letterarie e latino, dunque, privilegio sempre le attività che al mio vissuto scolastico si riferiscono. Poi, non appena riesco, torno alla famosa stanza tutta per me, e da lì mi protendo su altri orizzonti, a dipanare le mie storie e a parlare della forza delle mie donne. Di carta, e non.

 

L'autore

Costanza Pulsoni
Amante della lettura ed economista per professione. Nuotando alterna lo stile libero e la rana, ma non ama giocare a carte.