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Le variazioni per Giulia Napoleone nella poesia di Roberto Rossi Precerutti

Roberto Rossi Precerutti e Giulia Napoleone
(Torino, Caffè Platti 2022)

“L’irto prezioso e ricco adornamento / nel chiuso suo, Giraut, tiene serrata / rara beltà, che ai più resta coperta”. Questa terzina, che chiude il sonetto in riscrittura del celebre contrasto di Raimbaut d’Aurenga e Giraut de Bornelh, può valere per intestazione araldica non solo di quest’ultimo libro di Roberto Rossi Precerutti (Voci per un’ingannevole pace, Torino, Neos Edizioni, 2024, 71 pp.) ma forse per l’intera sua produzione poetica. Negli anni, in un raffinato esercizio di ekphrasis che si è misurato con Borromini e Rothko, con Caravaggio e El Greco, Pontormo e Nicolas de Staël, il poeta torinese ha messo insieme un’opera cospicua che si segnala per forte originalità formale, così da divenire un caso non omologabile nel panorama della poesia italiana degli ultimi decenni. Nessuno infatti si è mostrato più a suo agio di lui negli autoimposti limiti della forma chiusa, nessuno sembra sostarvi con più naturalezza e libertà, quanto si ripete di raccolta in raccolta nella misura di sonetti e sestine provenzali di sicura esecuzione, senza che per questo il poème en prose di derivazione simbolista venga messo da parte. E va detto come tale stampo, tale sperimentata perfezione, sia lì ogni volta ad accogliere una musica invariabilmente atonale: tra le coordinate più nobili della tradizione poetica l’effetto è dunque modernissimo. Qualcosa di simile, se non vado lontano dal vero, credo si possa dire solo per i sonetti dell’ultimo Raboni – Quare tristis, 1998 – laddove però la forma, sempre osservata, viene piegata all’eloquenza civile memoriale, nelle modalità di un “parlato” che è tra le cifre del poeta milanese.

Il nuovo libro di Roberto Rossi Precerutti presenta al suo centro dieci variazioni per Giulia Napoleone, dedicataria dell’intero lavoro. Nel tempo grande – questo il titolo della sezione che fa seguito al bellissimo Requiem per Magda Albertengo di Monasterolo – non ne è però centro unicamente “geometrico”. Posta come “giardino della luce”, l’opera della grande artista romana si vuole come contravveleno alla “ingannevole pace” evocata dal titolo d’insieme. Quella pace cioè compresa come luogo di rassegnazione a un’ottundente finitudine che non va confusa con la présence, la finitude quanto cruciale, nel suo schiudere ad aperture impensabili, nella poetica di Yves Bonnefoy. Viceversa, è proprio l’equivoco che ci fa abitare “queste nebbie cimmerie con la stolta superbia di chi si illude di governare il Tempo” – così in una prosa in dedica a Musorgskij – a richiedere con urgenza quella luce, quei colori, quei “passi stellanti / della catena luminosa”. “No, non è perduta la dolce prora / nel massacro del giorno; / ci appare il mondo, è differente, intorno / al suo segreto scintilla ancora // la parola che di sé un luogo infiora / ritrovato per sempre […]”. E si tratta qui davvero di suggestioni che ben si accordano con la lunga ricerca tra segno e parole poetica di Giulia Napoleone, tanto da essere da lei raccolte in un importante libro manoscritto in copia unica dove, accanto alla trascrizione dei dieci sonetti dedicati, la gamma interminabile dei suoi azzurri muove fino ad incontrare un rosso senza condizioni, nella stazione conclusiva del lavoro.

Nel tempo grande
Nel tempo grande

Ed è un incontro con il cuore della materia e al tempo stesso con l’incanto della forma “nella fabbrica di tenera / pietra che il Borromini aveva trafitto / da un tempo insostenibile e moribondo // in una Roma piena di spettri: è scritto / fra margini di splendore ciò che tiene / avvinti all’ornata inanità del mondo”. C’è, come si può vedere, in questi versi molto Góngora, di cui Rossi Precerutti è notevole traduttore – Sonetti funebri, Torino, Neos Edizioni, 2023, 53 pp. – e forse anche Scipione, nelle colorazioni a un passo dal brunire. E va pur aggiunto come margini di splendore sia poi diventato un nuovo libro d’artista tra le mani di Giulia, nella ripresa di parte delle variazioni e per intero questa volta di un rosso quasi invariante, quale si è potuto ammirare nella recente splendida mostra a cura di Paolo Tinti presso la Biblioteca Poletti di Modena (In forma di libro. I libri di Giulia Napoleone, 15 settembre 2023 – 4 febbraio 2024).

Se dunque il cuore del libro sembra consistere in questo incontro felice e reciproco influsso, lo stesso libro si segnala tuttavia per un’importante trama di riflessioni, di preferenza affidate alle Piccole prose in ascolto di Musorgskij, dove in contrasto all’ingannevole pace di cui si diceva sentiamo vibrare la corda più scura e inquieta, mentre un perduto Risorto caravaggesco abbandona il sepolcro “con il passo furtivo del fuggiasco o del ladro”, contro ogni iconografia, “senza strepiti e bagliori, senza il tardivo garrire di un vessillo di vittoria contro la benedizione del vuoto.” Se da un lato allora il contrasto si dà per utopia di colore e di segno, dall’altro c’è la notte di Cioran che con tanta nera chiarezza vediamo delinearsi – ma è solo un esempio possibile – nella breve prosa che per intero riportiamo a conclusione di questa nota: “L’oltraggio della Crocifissione quasi non ci appartiene, perduti come siamo in poveri residui metafisici, o forse sopravvissuti a un’estetica dozzinale che ha spogliato un corpo piagato nello spasimo di un’agonia senza nome, il grido disperato al niente, in orpello di inventariabile, salvifica bellezza sulle scolorite quinte della storia”.

marcovitale58@gmail.com

 

 

L'autore

Marco Vitale
Marco Vitale
Marco Vitale (Napoli 1958) vive a Milano dove al lavoro in biblioteca unisce la traduzione letteraria e le collaborazioni editoriali. Tra le sue traduzioni le Lettere portoghesi, Bur 1995, Gaspard de la Nuit di Aloysius Bertrand, Bur 2001, Stanze della notte e del desiderio di Jean-Yves Masson, Jaca Book 2008, Miseria della Cabilia di Albert Camus, Nino Aragno Editore 2011. La sua poesia è raccolta nel volume Gli anni (Nino Aragno Editore 2018, premio Luciana Notari e premio Dino Campana 2019, premio internazionale Gradiva 2020) e comprende cinque volumi di versi.

È stato tradotto in tedesco da Maja Pflug (Ein Winter, Josef Weiss Editore, Mendrisio 2008) e in inglese da Barbara Carle (Emblems of Sleep, Gradiva, New York 2020). Collabora a “Cenobio”, a “Poesia”, a “Succedeoggi” e fa parte della redazione delle Edizioni di poesia Il Labirinto.

(foto di Dino Ignani)