Interventi

Ezra Pound in Biblioteca Vaticana

Qualche anno fa mi è capitato di definire la Biblioteca Apostolica Vaticana come una sorta di paradiso in terra degli studiosi. Da quando con Leone XIII (1878-1903), la biblioteca fu aperta a un pubblico sempre più ampio di ricercatori, non credo che ci sia stata persona che non abbia provato gioia ma anche un senso di appagamento estetico nello svolgere le proprie ricerche nelle sue maestose sale.

Tra gli illustri frequentatori spiccano i nomi dei più grandi studiosi del mondo, ma a volte anche quelli di personaggi più noti sotto altre vesti. Mi riferisco in particolare al poeta americano Ezra Pound (1885-1972). In realtà la sua presenza in biblioteca si lega ai suoi interessi per la lirica in volgare, nati durante i corsi di Filologia romanza del biennio 1904-1905 presso l’Hamilton College di Clinton, sotto la guida del provenzalista americano William Pierce Shepard (1870-1948), da lui ricordato nella Prefazione del suo The Spirit of Romance («My thanks are due to Dr Wm. P. Shepard of Hamilton College, whose refined and sympathetic scholarship first led me to some knowledge of French, Italian, Spanish and Provencal»).

In questo periodo Pound matura una forte passione per la poesia di Guido Cavalcanti, che lo accompagnerà per tutta la vita (basti rimandare a Sonnets and Ballate of Guido Cavalcanti, London, Stephen Swift and Co., 1912, o Ezra Pound’s Cavalcanti Poems, Verona, Officina Bodoni, 1966).

Proponendosi di realizzare l’edizione critica del poeta fiorentino, a partire dagli anni Venti del Novecento, Pound visita svariate biblioteche – Capitolare di Verona, Laurenziana di Firenze e così via – che conservano manoscritti con rime cavalcantiane, e tra queste la Biblioteca Apostolica Vaticana. Qualificandosi come “autore” nel registro delle ammissioni, vi accede quattro volte, fra lunedì primo ottobre e giovedì 11 ottobre 1928, avendo modo di consultare una decina di codici dei fondi Vaticano latino, Chigiano e Barberiniano.

L’edizione, già parzialmente allestita, avrebbe dovuto uscire per la casa editrice inglese Aquila Press, dove era, ma nell’agosto del 1930 essa fallisce. Anni di lavoro sui manoscritti di Cavalcanti, e soprattutto l’impegno (anche economico) di Pound per riprodurli, correvano il rischio di essere vanificati. Il poeta cade nello sconforto: crea pertanto un volumetto – sempre ammesso che sia il caso di definirlo come tale – contenente solo i fascicoli con le quaranta riproduzioni fotografiche di ben trentadue codici, che dona alla Biblioteca Vaticana, accompagnandolo con una dedica manoscritta pregna di tristezza: «Triti manoscritti di Guido Cavalcanti. La mia edizione di Cavalcanti sospesa per fallimento dell’editore vorrei consegnare a la Biblioteca Vaticana almeno questa indicazione che l’edizione era iniziata. Ezra Pound 1931» (una seconda copia, oggi conservata nella Biblioteca della Scuola Normale Superiore di Pisa, Pound la invia a uno dei più importanti filologi dell’epoca, Michele Barbi, con una dedica analoga «Triti manoscritti di Guido Cavalcanti. La mia edizione di Cavalcanti sospesa per fallimento dell’editore vorrei mandare in omagio a Michele Barbi almeno questa indicazione che l’edizione era iniziata. Ezra Pound 1931»).

In realtà nel giro di qualche mese l’edizione tanto bramata (Guido Cavalcanti, Rime) vedrà la luce presso l’edizione Marsano di Genova, con un sottotitolo Edizione rappezzata fra le rovine, il cui significato è a tutt’oggi poco chiaro: secondo Maria Luisa Ardizzone (Guido Cavalcanti. L’altro Medioevo, Fiesole, Cadmo, 2006) Pound accenna al tentativo «di salvare Cavalcanti non solo dalle rovine della progettata edizione in lingua inglese, ma anche dalle rovine della tradizione», mentre per Richard Sieburth (Channeling Guido: Ezra Pound’s Cavalcanti Translations, in Guido Cavalcanti tra i suoi lettori, Fiesole, Cadmo, 2012) è un riferimento alla crisi economica del 1929, anche se non va trascurata, a mio avviso, l’ipotesi di un’allusione al verso finale del poemetto di T. S. Eliot The Waste Land («These fragments I have shored against my ruins»), rivisto, come è noto, dallo stesso Pound (Roberta Capelli – Carlo Pulsoni, «My thanks are due to Dr. W. P. Shepard». Note sull’apprendistato filologico di Ezra Pound, in «Giornale italiano di filologia», 67, 2015).

Anche di questa edizione si trova traccia nella Biblioteca Vaticana: in mancanza però di una dedica autografa del poeta, non è dato sapere se essa fu donata da Pound o acquistata dalla Biblioteca.

Fin qui i rapporti tra il Pound studioso e la Biblioteca Vaticana. Di altre sue occupazioni e conversazioni in questi augusti spazi ci dà conto proprio uno dei bibliotecari di questa Istituzione, ovvero Igino Giordani nelle sue Memorie d’un cristiano ingenuo: «Pound subì l’attrazione del fascismo. Perciò fu contro il suo Paese, gli Stati Uniti d’America, quando entrò in guerra. Io ero ignaro di ciò, ma fui sorpreso – e offeso – dei suoi accenni elogiativi al regime di Benito Mussolini, fatti sotto le volte della Biblioteca Vaticana, dove suonavano più profani. Perciò lasciai cadere la conversazione».

Il “paradiso in terra degli studiosi” si rivela pertanto prezioso testimone non solo dell’evoluzione di un lavoro scientifico, ma anche di eventi drammatici della nostra recente storia.

 

 

 

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